Cina “superstar” in Africa

(di Andrea Pinto) La Cina con la sua politica estera sta riuscendo nella lungimirante strategia di conquistare non solo i governi africani, ma anche molti abitanti del continente nero. A confermarlo un sondaggio di marzo scorso dell’istituto di ricerca d’opinione statunitense Pew Research Center, che ha esaminato la postura globale della Cina, intervistando oltre trentamila cittadini africani.

Il sondaggio ha rivelato una divisione del mondo in Occidente politico e Sud globale. Sedici dei ventiquattro Paesi partecipanti al sondaggio sono economie altamente sviluppate che possono essere classificate come appartenenti all’Occidente. In questi Paesi, le opinioni negative sulla Cina sono ai massimi storici. In Giappone, Australia, Svezia e Stati Uniti, più di quattro quinti degli intervistati hanno espresso un’opinione “sfavorevole” sulla superpotenza asiatica.

Al contrario, la Repubblica Popolare cinese gode di molto credito in otto Paesi emergenti presi in esame dai sondaggisti: Asia, America Latina e soprattutto Africa. Nei tre Paesi africani, Kenya, Sudafrica e Nigeria, la Cina è apprezzata fino all’80% degli intervistati, i quali ritengono la politica estera della Cina attenta agli interessi dei loro paesi. In questi quattro Paesi la maggioranza ritiene che il leader cinese Xi Jinping faccia la cosa giusta nel suo approccio alla politica globale. I cittadini di Kenya, Sudafrica e Nigeria considerano di livello mondiale ciò che la Cina sta costruendo in termini di tecnologia, supporto all’esercito, all’università e al miglioramento generale del tenore di vita. L’entusiasmo è dato dagli ingenti investimenti cinesi in Africa che riscuotono l’82% di apprezzamento da parte non solo dei governi ma soprattutto da parte della popolazione, generando così un consenso difficile da intaccare con le nuove nascenti politiche che i paesi occidentali vorrebbero mettere in atto.

Alla conquista dell’Africa

Dall’inizio del secolo la Cina è passata da attore marginale a principale investitore e partner commerciale per molti paesi, dall’Angola all’Etiopia. Gran parte delle infrastrutture sorte in tutto il continente sono state costruite da società cinesi.

Nel recente passato la Russia ha attuato una politica diversa inviando i mercenari della Wagner in Mali e nella Repubblica Centrafricana per sostenere dittature locali in cambio di privilegi nell’estrazione delle miniere d’oro e diamanti. Di fondo c’è però anche l’interesse russo ad accrescere la propria influenza regionale per destabilizzare l’Occidente aprendo e chiudento i rubinetti dei flussi migratori.

Gli Stati Uniti stanno sempre più guardando all’Africa dopo decenni di disinteresse. Joe Biden, di recente, anche a seguito delle conclamate mire espansionistiche cinesi e russe, ha deciso di concentrare ogni sforzo diplomatico per riportare la lancetta dell’influenza regionale dalla parte americana.  

A lanciare l’allarme alla diplomazia americana è stata la reticenza degli stati africani (26 su 54) a votare con l’Occidente nel condannare l’invasione russa dell’Ucraina. Washington ha organizzato, quindi, un vertice USA-Africa a dicembre prossimo e ha revocato la decisione dell’amministrazione Trump di ritirare le truppe statunitensi dalla Somalia e dal Sahel.

Flebili sono i tentativi dell’Unione europea nel voler approcciare una politica di avvicinamento alla questione africana al netto dell’iniziativa italiana di promuovere il Piano Mattei per l’Africa.

Le immense risorse africane

Entro il 2050, una persona su quattro sulla Terra sarà africana, un terzo dei minerali necessari per la transizione verso l’energia sostenibile si trovano sotto il suolo africano. Gli africani, e non solo le loro élite, dovranno cercare di trarre vantaggio dal potenziale guadagno di queste immense risorse implementando i processi di trasformazione delle materie prime nel continente stesso a favore della creazione di molti posti di lavoro e migliorare così la qualità della vita dei suoi cittadini.

Nella foresta pluviale del bacino del Congo, gli stati dell’Africa centrale ospitano il secondo polmone più grande del mondo. Le capitali africane controllano un quarto dei voti delle Nazioni Unite. Un nigeriano è a capo dell’Organizzazione mondiale del commercio e un etiope è a capo dell’Organizzazione mondiale della sanità.

L’unica cosa certa in Africa sono le sue straordinarie risorse naturali che comprendono petrolio, oro, uranio, diamanti, terre rare e coltan, materiali molto utili per costruire prodotti ad alta tecnologia e per favorire la transizione energetica. Il coltan si nasconde nel nostro cellulare, nel nostro computer, ma anche nei materiali chirurgici, nelle cellule fotovoltaiche, nelle telecamere, negli air bag e nelle fibre ottiche. Tre quarti delle miniere mondiali d’oro si torvano in questo continente. Più della metà di manganese, cromite e cobalto vengono estratti in Africa così come un terzo dei fosfati ed uranio radioattivo, oltre alle grandi riserve di idrocarburi esistenti e a quelle ancora da esplorare.

In Africa le risorse naturali sono enormi e potrebbero costituire da sole una grande ricchezza per le nazioni africane con immensi benefici per tanti cittadini che lavorano duramente nelle miniere. In Congo uomini, donne e bambini lavorano senza sosta per estrarre dalle viscere della terra il coltan e il cobalto, necessari per costruire le batterie delle nostre auto elettriche.

L’80% di tali risorse estratte vengono poi esportate in altri continenti per ulteriori lavorazioni, disperdendo così nuove opportunità per favorire il lavoro domestico.

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