(di Andrea Pinto) Il 4 aprile 2023 segna una data storica, la Finlandia è ufficialmente membro della Nato, andando così ad aumentare i confini dell’Alleanza (altri 1340 Km) a ridosso della Russia. Anche se Nato e paesi occidentali celebrano la giornata alimentando le speranze di ingresso di Svezia ed Ucraina, in molti credono che questa mossa sullo scacchiere internazionale aumenti di molto la tensione già esistente con Mosca. Tensione che potrebbe favorire l’escalation, coinvolgendo direttamente gli stessi stati dell’Alleanza in Europa, decretando, di fatto, l’inizio della III Guerra Mondiale. Non dimentichiamo che la Russia è comunque una superpotenza nucleare, seconda solo agli Stati Uniti d’America.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, all’agenzia di stampa statale russa, Ria Novosti ha così commentato la notizia: “l’ingresso della Finlandia nella Nato sconfina nella sicurezza della Russia, aggravando la situazione. Osserveremo attentamente ciò che accadrà in Finlandia, come la Nato sfrutterà il territorio finlandese in termini di posizionamento di armi e sistemi infrastrutturali che saranno vicini ai nostri confini e potenzialmente ci minacceranno. Saranno prese misure sulla base di questo”.
“L’era del non allineamento militare nella nostra storia è finita. Oggi inizia una nuova era”, è stato il commento a caldo del presidente finlandese Sauli Niinisto. “Presto anche la Svezia diventerà un membro a pieno titolo dell’alleanza”, ha promesso il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha così ironizzato: “Oggi dovremmo ringraziare il signor Putin”.La reazione dell’Ucraina. “La Nato e l’Ucraina hanno bisogno l’una dell’altra“, è stato l’appello del ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, invitato a partecipare alla riunione tra i ministri alleati a Bruxelles. “Apprezziamo il sostegno dell’alleanza, ma non c’è migliore soluzione strategica per la sicurezza della regione euroatlantica dell’adesione dell’Ucraina alla Nato“.
La presenza di Kuleba alla riunione Nato ha provocato la reazione dell’Ungheria. “L’invito del ministro degli Esteri ucraino alla riunione dei ministri degli Esteri della Nato è una violazione dell’unità della Nato. L’Ungheria sosterrà gli sforzi di integrazione dell’Ucraina solo se si ripristineranno i diritti degli ungheresi in Transcarpazia”, ha tuonato il ministro ungherese Peter Szijjarto.
Si registra fermento a livello diplomatico per riportare la crisi nei canali della pacifica trattativa. Domani una missione congiunta Bruxelles-Parigi si recherà in Cina. Prima del vertice a tre e del faccia a faccia con il presidente Xi, von der Leyen incontrerà il capo del Consiglio di Stato cinese e rappresentanti della Camera di commercio Ue-Cina. Oltre a parlare di scambi commerciali, verrà trattato il piano di pace cinese di 12 punti, l’unico di fatto oggi esistente. L’Europa sta così cercando di non raffreddare i rapporti ed il dialogo con Xi Jinping, l’unico in grado di poter effettivamente incidere sulla politica di Vladimir Putin per via dei legami commerciali che si stanno sempre più infittendo tra i due paesi in funzione antioccidentale.
Ma a quanto pare il dado ormai è tratto. Finlandia oggi, Svezia e forse anche Ucraina domani faranno parte della Nato creando una nuova cortina altamente instabile nel bel mezzo dell’Europa. Conseguenza diretta sono gli annunciati riarmi da parte dei maggiori paesi dell’Ue.La Francia ha annunciato che nei prossimi sette anni investirà 413 miliardi di euro nella difesa. Il budget annuale passerà dai 32 miliardi del 2017 a 69 miliardi, fino al 2030. La deterrenza nucleare sarà uno dei centri di costo chiave di questo aumento di bilancio, con la costruzione di una portaerei a propulsione nucleare di nuova generazione. Il governo Macron vuole investire anche in mezzi di difesa informatica, spaziale e sottomarina.
La Polonia aumenterà il budget della Difesa al 4%, mentre la Germania destinerà da subito al bilancio militare 100 miliardi di euro.
Come la Francia, anche il resto dell’Europa è alle prese con la corsa agli armamenti. In Italia si pensa di portare il bilancio della Difesa al 2% del Pil per rispondere all’appello del 2014, lanciato dalla Nato a tutti gli alleati.
L’Italia non vuole quindi rimanere indietro. L’obiettivo minimo è quello di aumentare dall’1,5 per cento almeno al 2 per cento del Pil il budget da destinare al comparto Difesa, perchè, a fronte di alcune eccellenze nei sistemi d’arma delle singole Forze Armate, non siamo in grado di affrontare un conflitto ad alta intensità come quello in Ucraina. Il problema emerso è che le scorte nazionali di munizioni ed armamenti è ridotto al lumicino per via di decenni di apparente distensione, dopo la Guerra Fredda. Abbiamo investito nell’eccellenza trascurando il delicato settore del reclutamento, a fronte di un aumento inaccettabile dell’età media del nostro personale militare, che si aggira a 46 anni entro il 2024. Le legge Di Paola (L. 244/2012) di portare l’esercito a 144mila unità entro il 2024, per esigenze di bilancio dell’epoca, non è più attuale e sostenibile.
In un quadro non più adeguato si spera che il Parlamento agisca da subito con una visione comune e non politica perchè la Sicurezza e la Difesa Nazionale non deve avere colori politici. L’obiettico è quindi il 2% del Pil promesso nel 2014 alla Nato, anche se molti analisti pensano che non sia più sufficiente ed attuale. Le spese militari dovrebbero aumentare almeno al 2,5 per cento del Pil per riuscire a raggiungere un sistema di difesa accettabile e resiliente.
L’Italia per la Difesa oggi spende poco più dell’1,5 del suo Pil, per un controvalore di circa 18 Mld di euro all’anno. Altri fondi vengono stanziati dal Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero dell’Economia e Finanze per programmi di nuovi sistemi d’arma e missioni all’estero, portando così il budget complessivo a circa 25 Mld di euro l’anno.