di Francesco Matera
Se qualcuno pensava a delle trattative avviate con Mosca per far terminare la guerra in Ucraina, purtroppo, le evidenze dimostrano il contrario. Secondo un’analisi di Bloomberg, Mosca, nel corso del 2024, avrebbe intenzione di aumentare la spesa militare portandola al 6 per cento del suo Pil. Il budget destinato alla Difesa schizzerebbe così da 67 miliardi di dollari annui a 112 miliardi.
Considerando che per un dollaro occorrono al cambio odierno ben 96 rubli, i finanziamenti destinati alla Difesa assumono un valore enorme poichè gran parte delle materie prime e della manodopera provengono dall’interno della Russia dove il tenore della vita è ancora relativamente basso.
Come indicatore prendiamo come esempio lo stipendio medio a Mosca: si aggira a circa 800 euro al mese (senza alcuna differenza sostanziale tra operai, minatori ed ingegneri). Non sono tanti, ma comunque sempre più della media nazionale: secondo i numeri forniti dall’ufficio statistiche di Mosca, infatti, lo stipendio medio in Russia si aggira oggi sui 450 euro al mese. E se sembrano pochi bisogna pensare che fino a pochi anni fa erano la metà, 290 euro nel 2010.
Il Fondo Monetario Internazionale ha, di recente, certificato la resistenza dell’economia della Russia alle sanzioni occidentali. Anche il World Economic Outlook di luglio scorso ha rivisto al rialzo le stime sul pil russo del 2023, la crescita dovrebbe essere dell’1,5% invece dello 0,7% previsto ad aprile, in aumento dello 0,8%. Le previsioni del Fmi per il 2024 restano invece invariate, al +1,3%. L’aumento costante del Pil russo è dovuto probabilmente ai ricavi dell’esportazione di petrolio e gas che, secondo l’analisi di Bloomberg, sono addirittura aumentati nonostante le sanzioni.
Per sostenere lo sfrozo bellico un terzo dell’economia russa, secondo l’intelligence occidentale, è stata convertita alle esigenze militari. Importante è stata, pertanto, l’attuazione dell’economia di guerra che ha trasformato la produzione delle fabbriche da civile a militare lavorando sette giorni su sette con relativi turni notturni.
Il risultato è, di fatto, sotto gli occhi di tutti perchè da oltre venti mesi l’esercito compie ogni giorno e ogni notte incessanti bombardamenti in Ucraina.
Per quanto riguarda la componentisctica di pregio come i microchip Mosca riesce comunque ad approvvigionarsi in Asia ma anche in Occidente tramite paesi terzi, una volta nell’orbita dell’ex Unione Sovietica. Per razzi e proiettili d’artiglieria è stato attivato, di recente, un accordo con la Nord Corea che ha i depositi pieni delle preziose munizioni che, anche se datate, possono comunque favorire la strategia del Cremlino nella costanza dei bombardamenti in Ucraina.
Gianluca Di Feo su Repubblica ha rivelato anche la nuova strategia di Putin: tutti gli sforzi dovranno essere concentrati sulle armi sperimentate nel corso del conflitto. Niente più sprechi di ingegneri e rubli per inventare novità. Meglio concentrarsi nella produzione dei missili cruise KH-55, risalenti ai primi anni Ottanta, aggiornandone gli apparati di navigazione per sfuggire alla contraerea ucraina.
Continua, pertanto, la costruzione dei collaudati tank T90 e le versioni recenti dei T72 sovietici: nel 2021 ne venivano consegnati 100 l’anno, adesso si è passati a 200 e si punta ad andare oltre. Pure la revisione degli armamenti accatastati nei depositi è diventata prioritaria come i carri T62 e T55 che hanno vissuto l’invasione della Cecoslovacchia e quella dell’Afghanistan. Ce ne sono migliaia già disponibili per un intervento di aggiornamento. È stata, infatti, inventata dal nulla una filiera per resuscitarli, riparando motori, trasmissioni e cannoni. In più si aggiungono visori per il puntamento, protezioni reattive e radio criptate. Due impianti siberiani se ne occupano a tempo pieno.
La Progress Arsenyev, scrive Repubblica, ha raddoppiato gli elicotteri Kamov Alligator. Nel campo dei droni killer i russi producono centinaia di Shahed iraniani e i temibili Lancet. La produzione dei droni sarebbe stata organizzata nei magazzini di Ikea, abbandonati a seguito delle sanzioni.
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