Disposta la confisca di quote societarie e beni per un valore di oltre 10 milioni di euro nei confronti di un soggetto legato alla criminalità organizzata catanese
La Polizia di Stato e la Guardia di Finanza di Padova, attraverso il personale della Divisione Anticrimine della Questura e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza ha dato esecuzione a un decreto di confisca, emesso dalla Sezione Distrettuale delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Venezia, su proposta del Questore di Padova, a seguito di accertamenti patrimoniali a carico di un soggetto legato a un clan catanese di “Cosa Nostra”, al cui esito è emersa una disponibilità di beni, a lui indirettamente riconducibili, dal valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati ovvero ritenuti frutto del reimpiego di provviste illecite.
Il provvedimento in esame, allo stato non definitivo, ha consentito di confiscare le quote di 17 società di capitali, 13 immobili e 3 terreni, siti nelle province di Belluno, Milano, Venezia e Vicenza, nonché 3 autovetture, per un valore complessivo quantificato in 10 milioni e 700 mila euro. I beni sottoposti a vincolo sono stati affidati all’amministratore giudiziario nominato dal citato Tribunale.
Le indagini patrimoniali, eseguite dalla Divisione di Polizia Anticrimine della Questura di Padova e dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Este, hanno riguardato un soggetto gravato da diversi precedenti, tra cui spiccano una condanna emessa dalla Corte di Appello di Catania (divenuta irrevocabile nel dicembre 2022) in ordine, tra l’altro, al reato di associazione di tipo mafioso, e un’ulteriore, recente condanna del Tribunale di Rovigo, confermata in Corte di Appello (ancorché con sentenza non passata in giudicato), per i reati di associazione per delinquere e truffa.
Il proposto – già sottoposto a una misura di prevenzione patrimoniale definitiva, emessa dall’Autorità giudiziaria di Catania – è stato ritenuto socialmente pericoloso dai giudici lagunari sulla scorta delle previsioni del c.d. “Codice antimafia” e la suddetta pericolosità si è manifestata, da ultimo, nella provincia di Padova, ove si sarebbe radicata la base organizzativa di un complesso sistema piramidale di imprese, dirette da quest’ultimo, strumentalmente utilizzate per perpetrare truffe nel nord Italia.
È stata ravvisata, altresì, la sussistenza del requisito oggettivo della palese sproporzione tra gli esigui redditi dichiarati nell’ultimo quinquennio e il valore del patrimonio riconducibile al proposto (accumulato tra il 2018 e il 2022, in un periodo, quindi, successivo agli accadimenti relativi alla precedente pronuncia giurisdizionale), ritenuto anche frutto del reimpiego di profitti illeciti, di cui non è stata adeguatamente giustificata la legittima provenienza.
Gli accertamenti svolti, quindi, hanno permesso di dimostrare che parte dei beni erano detenuti, tra l’altro, per il tramite di 17 società di comodo (oggetto di odierna confisca di prevenzione), tre delle quali, con sede nella provincia di Padova, già destinatarie, nel maggio 2022, di informazioni interdittive antimafia emesse dal Prefetto del predetto capoluogo.
Tali società sarebbero state impiegate come veicolo per commettere una serie di truffe a danno di ignari fornitori che, rassicurati da artificiosi dati di bilancio e da insospettabili prestanome, avevano ceduto merci, per diversi milioni euro, senza vedersi riconosciuto il prezzo di vendita.
Il centro nevralgico di tali condotte truffaldine si trovava nel padovano, nonostante fosse stata formalmente stabilita la sede legale delle società anche in altre province (tra cui Brescia, Catania, Milano, Monza, Roma, Siracusa, Torino, Udine e Venezia), al fine di rendere più difficoltosa la ricostruzione dell’attività criminale.
Pertanto, grazie alla valorizzazione di tutti gli elementi acquisti dagli inquirenti, è stato possibile ricondurre i beni al destinatario della misura di prevenzione della confisca, eseguita dalle Fiamme Gialle e dalla Polizia di Stato.
L’operazione congiunta della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato rientra in una più ampia strategia di aggressione delle ricchezze di origine illecita, perseguita utilizzando gli incisivi strumenti offerti dalla normativa antimafia, e assume anche un rilevante valore “sociale”, consentendo di restituire alla collettività patrimoni accumulati nel tempo dalla criminalità.