(di Francesco Matera) Attacco terroristico al ponte di Kerch che collega la Russia alla Crimea, uno snodo fondamentale per il transito logistico a favore delle truppe impegnate sul fronte. Mosca è sicura sul mandante: Kiev. A confermarlo anche una fonte ucraina anonima al New York Times. «I servizi speciali ucraini hanno ordinato, architettato e realizzato l’attacco al ponte», ha dichiarato il presidente russo, che ha definito l’esplosione «un atto terroristico mirato a distruggere le infrastrutture civili critiche della Federazione». «C’è un solo Stato terrorista qui e il mondo intero sa quale è», ha risposto Mikhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino.
Putin ha convocato per oggi una riunione del Consiglio di sicurezza di Mosca. Gli investigatori russi sostengono che a scatenare le fiamme sul ponte di Kerch sia stata l’esplosione di un camion, che ha poi incendiato alcuni serbatoi di carburante trasportati da un treno merci che stava transitando in quel momento. Sull’ipotesi del camion esploso, un esperto interpellato dalla Bbc afferma che sia più plausibile un’esplosione sotto il ponte, magari provocata con un drone marittimo.
La Casa Bianca non ha ancora fatto conoscere la sua posizione al riguardo, contrariamente a quanto aveva fatto con la vicenda dell’attentato alla Dugina (figlia dell’ideologo russo Dugin) dove aveva pubblicamente bacchettato l’amministrazione Zelensky, lanciando così un segnale di discontinuità con il passato. Continuare o non continuare a rifornire di soldi ed armi le truppe di Zelensky? L’Ucraina, in risposta continua a chiedere missili a lungo raggio Atacros proprio per colpire la Crimea, allo scopo di raggiungere le basi da cui i russi lanciano gli attacchi con i droni iraniani sul suo territorio. Opportunità o meno, quindi, di consegnare i missili a lunga gittata richiesti da Kiev? Dilemmi che potrebbero trovare subito una risposta politica e diplomatica prima che vengano accesi i booster dei missili nucleari tanto sbandierati minacciosamente da Putin, ormai quasi messo all’angolo anche in patria.
Il Times ha scritto: «L’esplosione ha rappresentato una botta simbolica per Putin». Il portavoce della Casa Bianca, Kirby ha commentato sul ponte: «Non abbiamo nulla da aggiungere alle informazioni già note. Quello che posso dirvi è che Putin ha iniziato questa guerra e lui potrebbe finirla oggi, semplicemente spostando le sue truppe fuori dal Paese. Il presidente ha parlato di trovare un modo per porre fine al conflitto, cosa che tutti noi vogliamo fare. Ciò che deve accadere è che le due parti siano in grado di sedersi, negoziare e trovare una via d’uscita pacificamente e diplomaticamente. Finora, Putin non ha mostrato alcuna indicazione, zero, nessuna, che sia disposto a farlo. Anzi, richiamando centinaia di migliaia di riservisti, annettendo politicamente, o almeno tentando, quattro aree dell’Ucraina, dimostra che vuole raddoppiare, vuole continuare a portare avanti la guerra. Che poi è il motivo per cui, francamente, noi siamo in contatto quasi quotidiano con gli ucraini e continueremo a fornire loro assistenza per la sicurezza. Il presidente ha appena approvato altri 600 milioni di dollari di Himars, obici, altre munizioni e veicoli tattici. Vedrete che continueremo a farlo».
Tutti segnali che potrebbero favorire una svolta facendo sedere i contendenti ad un tavolo delle trattative “garantito” da Usa e Cina. Accetterà Putin di ritornare allo “status quo” prima del 24 febbraio 2022? Come giustificherà gli oltre 62mila miltari uccisi sul fronte all’opinione pubblica russa?
Il problema è infatti, quello di trovare una exit strategy dignitosa per Putin, nonostante gli orrori perpetrati in questi lunghissimi otto mesi di guerra. Se Usa e Cina si imporranno, la tregua sarà dietro l’angolo.