Obiettivo del Governo è quello di portare la procedura di infrazione del debito, oltre le elezioni europee previste a maggio 2019. Oggi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Ministro dell’Economia e Finanze Giovanni Tria sono dal presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker con il compito di lasciare aperta la porta con Bruxelles. La speranza è quella di tenere calmo l’eurogruppo che, timoroso dell’onda sovranista europea, potrebbe chiedere tempi rapidi all’Italia per una manovra correttiva, ovvero l’inizio della procedura di infrazione con il versamento di 3,5 miliardi di euro come deposito.
La volontà italiana di continuare a dialogare con Bruxelles ha, comunque, tenuto i mercati calmi per ora che però attendono con ansia la probabilità di un’ventuale intesa. Certo è che il governo gialloverde potrebbe apportare qualche modifica ma non è assolutamente pronto a cambiare i numeri della manovra: 2,4% di rapporto deficit- Pil, 0,8% in più di debito e stima di crescita all’l,5%.
Riscrivere la manovra significa far saltare gli equilibri di governo perché Di Maio non vuole tagliare il reddito di cittadinanza e Salvini non vuole rinunciare alla cancellazione della legge Fornero. Una politica, tuttavia, che non gradisce la gran parte dell’elettorato della Lega (partite iva e settore produttivo) che non vede di buon occhio il reddito di cittadinanza e teme di dover pagare le sanzioni di Bruxelles e il conseguente isolamento in Europa. Quindi questa sera in una cena di lavoro nel Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte porterò al seguito un dossier di 40 pagine. Il presidente della commissione, Jean-Claude Juncker, dovrebbe essere affiancato dal suo vice, Valdis Dombrovskis, e dal commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici. La richiesta che Conte avanzerà a Juncker è che in ogni caso vengano concessi all’Italia sei mesi di tempo. Ed è proprio giocando su questa dilatazione dei tempi che la sanzione da 3,5 miliardi e mezzo potrebbe scattare, sempre che scatti, verso la fine dell’anno prossimo. A quel punto, scrive il Corriere della Sera, la composizione di Parlamento e Commissione sarà stata cambiata dal voto di maggio, anche se i sondaggi dicono che l’ala populista resterà comunque minoranza. Ma il premier insisterà su un altro argomento. Sottolineerà che la legge di Bilancio presentata in Parlamento stanzia 15 miliardi di euro per gli investimenti nei prossimi tre anni, che si sommano ai 6 miliardi della Finanziaria dell’anno scorso, non ancora utilizzati. Illustrerà un piano per sbloccare le infrastrutture, con un nuovo pacchetto di semplificazioni che potrebbe entrare come emendamento proprio nella legge di Bilancio in discussione in Parlamento. Non solo. Perché ribadirà l’impegno a far scendere il debito pubblico al 126% del Pii nei prossimi tre anni, grazie alle privatizzazioni. Il ministro dell’Economia Tria vorrebbe giocare anche la carta del deficit reale più basso di quello scritto nei documenti ufficiali. Per capire: se il reddito di cittadinanza e la quota 100 per le pensioni dovessero partire a maggio il loro costo nel 2019 sarebbe più contenuto e questo abbasserebbe il rapporto deficit/Pii rispetto al 2,4% indicato nella manovra.