Coronavirus, il paradosso: “Possiamo uscire dall’epidemia….evitando le strette di mano?”

(di John Blackeye) Facciamo una premessa: il problema che abbiamo in Italia al momento é che persone contagiate dal virus ma che non sanno di esserlo, stanno girando liberamente sul territorio nazionale. Non si vuole sparare sulla Croce Rossa e in questi momenti occorre indirizzarsi verso la coesione nazionale che, per ragioni di appartenenza politica, in Italia non è mai stata coltivata. Si vuole però cercare almeno di dare la sveglia ad un Esecutivo che pare totalmente impreparato a prendere decisioni (drastiche) adeguate alla situazione contingente.
Forse non è il caso di aspettare disposizioni dalle Istituzioni europee anche perché se gli amici si vedono nel momento del bisogno, Bruxelles sulla questione dell’epidemia in Italia mi sembra uno spettatore al teatro della Scala di Milano che, in questo periodo, è chiuso.
Se osserviamo la situazione geografica planetaria possiamo constatare che in Cina sono riusciti a gestire il contagio in un’area geografica comprendente sessanta milioni di abitanti. Sappiamo che lo hanno fatto con la forza, cioè introducendo drastiche misure di contenimento dei movimenti delle persone e salvaguardando queste misure con l’uso dei militari. In Sud Corea ci sono il doppio dei contagiati ma meno della metà dei deceduti che in Italia. In Germania, Francia ed in altre nazioni europee i contagiati rimangono circoscritti ad un numero esiguo che può rimanere facilmente sotto controllo.

Perché in Italia il virus prolifera contagiando ogni giorno centinaia di persone e mandandone al creatore una percentuale che è maggiore di quella inizialmente individuata con il tasso di mortalità della malattia?
Una risposta potrebbe essere questa: il Governo non sta prendendo misure adeguate dal punto di vista sanitario.
Le misure adeguate potrebbero riguardare una drastica ed immediata chiusura delle zone rosse, magari con l’ausilio delle forze armate italiane e delle forze dell’ordine, con buona pace di imprenditori e grandi industriali del Nord che vedono nell’economia l’unico problema da correlare con l’epidemia.
È vero anche che in Italia, bloccare una intera zona infetta può provocare l’intervento della Magistratura con denunce per “sequestro di persona” nei confronti di chi ha decretato tale misura – visti i precedenti in altri settori – ma se non usciamo fuori da questi limiti che le istituzioni si autoimpongono, il virus continuerà a prendere le vie del Centro e del Sud Italia, mettendo in ginocchio una intera nazione.

Ad esempio, si potrebbe cominciare a pensare ai prossimi scenari. Cioè, le migliaia di posti letto messi a disposizione dalle strutture sanitarie e disponibili in caso di incremento dei contagi non hanno un corrispettivo numero di posti di terapia intensiva e sono questi i particolari su cui occorrerebbe lavorare. Si è capito, infatti, che se il virus ti prende “alla leggera” ne esci fuori ma se il virus ti prende in modo serio, hai bisogno di essere messo in terapia intensiva e supportato con la respirazione artificiale. Domanda: i posti di terapia intensiva che si possono garantire in Italia sono compatibili con gli eventuali possibili scenari che si prospettano in un immediato futuro? Numeri alla mano in tutt’Italia dovrebbero essere circa 5mila i posti di terapia intensiva.  In uno scenario catastrofico tutti i posti potrebbero essere destinati all’emergenza coronavirus, lasciando altri casi sanitari da terapia intensiva allo sbando.

Pare che in Francia siano state nazionalizzate le ditte che producono mascherine. In Italia non siamo stati capaci a farlo, forse sempre per paura di vedere intervenire la Magistratura. Ma in casi come questi, non potevamo fare lo stesso in Italia? Cosa si sta aspettando per incrementare la produzione e la distribuzione di questi dispositivi a tutta la popolazione?
Ci si potrebbe fare un’altra domanda. Oltre che prevedere incentivi economici, è possibile iniziare a ipotizzare interventi sull’industria nazionale affinché questa si concentri sulla produzione di dispositivi medici utili al trattamento della terapia intensiva?

Pare, invece, che il Governo continui a vivere alla giornata. Ma vivere alla giornata significa contare il numero dei contagi e quello dei morti.

Forse è arrivato il momento di giocare d’anticipo

 

Qualcuno tra gli Alti vertici dello Stato si è chiesto se non sia il caso di bloccare intere Regioni per tre settimane, tenendo tutto chiuso: Uffici, treni, aerei e mezzi di locomozione? Infatti, se da un alto tale drastica iniziativa procurerebbe un danno economico limitato e paragonabile a quello che riusciamo a sopportare nel mese di agosto, quando è tutto fermo, da un altro lato otterrebbe il triplice vantaggio di  bloccare la diffusione del virus, superare il periodo di incubazione,  individuando  i soggetti già infettati e  impedire, quindi, che questi passino il virus ai sani.

Qualcuno direbbe: “Elementare Watson” ma il sospetto è che gli Organi di Governo stiano ancora guardando a Bruxelles in attesa di “disposizioni” che, probabilmente, non arriveranno mai.

Coronavirus, il paradosso: “Possiamo uscire dall’epidemia….evitando le strette di mano?”

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