(di Massimiliano D’Elia) “Temiamo proteste sociali“, questa è la preoccupazione che si aggira tra i funzionari del Viminale che, secondo quanto scrive la Repubblica, affermano: “È una situazione molto delicata che seguiamo con estrema attenzione nei suoi profili di ordine pubblico ma da disinnescare innanzitutto con interventi sociali. È evidente che in una emergenza del genere le regioni del Mezzogiorno sono ad alto rischio”.
Lo stesso timore era stato espresso al Governo, settimane fa, anche dal Copasir (Comitato Parlamentare Sicurezza Repubblica), presieduto dal leghista, on. Raffaele Volpi. Una preoccupazione sussurrata al Comitato direttamente dai nostri Servizi. In merito ai nostri Servizi di informazione e sicurezza, l’on. Volpi due giorni fa tramite un comunicato stampa, aveva denunciato che le preziose informazioni d’intelligence, essenziali per i decisori politici, non riescono ad arrivare “subito” al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, specialmente in questo periodo di emergenza nazionale. Al riguardo ieri, l’on. Raffaele Volpi, ha fatto sapere, imbeccato dai nostri servizi, che ci sarebbe ai danni dell’Italia e della maggior parte dei paesi europei una massiccia attività di “infodemia” (fake news), da parte di enti statuali esterni. La vicenda sarà analizzata attentamente dal Comitato. Sulla materia è noto che i russi sono molto abili in questa pratica.
Un altro problema non meno destabilizzante è il “tam tam” che sta iniziando sui social, sulla carenza di denaro a disposizione delle famiglie e l’impossibilità di acquistare gli alimenti. Una denuncia, partita in maniera spontanea, isolata, ma che potrebbe generare un inopportuno allarme sociale, in questo momento già di per se critico ed emergenziale.
Un report riservato dell’AISI (intelligence per la sicurezza interna della Repubblica), arrivato a Palazzo Chigi, segnala un potenziale pericolo di rivolte e ribellioni, spontanee o organizzate, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia dove l’economia sommersa e la capillare presenza della criminalità organizzata sono due dei principali fattori di rischio.
“Se mia figlia non potrà più mangiare un pezzo di pane andremo ad assaltare i supermercati”. Così, con un videomessaggio postato su facebook, diventato subito virale, un padre, con la sua piccola figlia al fianco che mangia un panino alla nutella, ha minacciato di scendere in strada perché i soldi per fare la spesa stanno finendo. L’accorato appello è stato indirizzato direttamente al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte perchè arrivino quanto prima i fondi per coprire la cassa integrazione. “Non aspetteremo, aprile maggio…”
Il problema, secondo gli analisti, è al sud, dove il mercato nero impiega una buona fetta della popolazione (circa 4 milioni di persone) e il rischio che ci possa essere un’escalation del fenomeno è tutt’altro che scongiurato.
L’altro giorno un’altra dimostrazione che ha attirato l’attenzione dei Comitati per la Sicurezza e l’Ordine Pubblico: “Basta stare a casa, non abbiamo soldi per pagare, dobbiamo mangiare”, un gruppo di persone così ha inveito alle casse di Lidl, con i carrelli pieni di spesa.
A Bari l’assessore Francesca Bottaloci è andata a portare degli alimenti ad una famiglia che aveva postato un video mentre gridava dal balcone di casa: “ Non abbiamo più soldi, non abbiamo più niente. Venite a vedere”.
Giovedì scorso vi è stato il tentativo di saccheggiare un supermercato di Palermo, partito da un gruppo Facebook, “Rivoluzione Nazionale“. Lo stesso gruppo ha lanciato un altro appello: “Chi per il giorno 3 aprile è pronto alla guerra lo scriva qui sotto e facciamo gruppo. Per farci sentire dobbiamo razziare i supermercati come fanno in Siria e in Spagna. La protesta vera è proprio questa, così capiscono a cosa siamo arrivati”.
In campo è dovuto scendere direttamente il sindaco di Palermo che non ha escluso il rischio che la mafia possa guidare la rivolta.
Rischio rifiuti infetti
Per non farci mancare nulla, un altro allarme rende le notti insonni a tantissimi sindaci: “Allarme dei rifiuti infetti che, secondo i virologi, nell’indifferenziata propagano il contagio. Parliamo dei rifiuti provenienti dalle abitazioni dove vi sono persone infette e che vengono trattate a domicilio.
Al riguardo l’ISS (Istituto Superiore della Salute) e l’ISPRA (Istituto Nazionale per la Protezione e la Ricerca Ambientale), in due documenti ufficiali si pronunciano sulla gestione dei rifiuti di malati infetti trattati a domicilio, secondo i dettami del Dpr 254/2003 per la produzione di rifiuti. Il domicilio del malato , si legge nelle indicazioni dei due istituti, deve essere trattato come uno studio medico. In concreto significa che operatori specializzati dovrebbe ritirare periodicamente i rifiuti sanitari contenuti all’interno di appositi sacchetti e contenitori da smaltire successivamente in impianti dedicati.
Si tratta del protocollo seguito rigorosamente negli ospedali, ma che in questi giorni di epidemia non viene adottato nei riguardi dei malati positivi al tampone ricoverati nel proprio domicilio. Una lacuna gravissima, da non sottovalutare.
https://www.facebook.com/AlessandroMorelliUfficiale/videos/1114226982272497/UzpfSTEwMDAxNTMxNjM5MTc5Mjo4MzA5Njc5ODQwOTA0MDc/