(di Massimiliano D’Elia) Le nazioni, in condizioni normali, prosperano nella convinzione che le loro istituzioni sono in grado di gestire le calamità, arrestarne l’impatto e ripristinare la stabilità.
Quando la pandemia dovuta al Covid-19 finirà le istituzioni di molti paesi andranno in crisi perché avranno realizzato di aver fallito la propria missione.
La realtà è che il mondo non sarà più lo stesso dopo il coronavirus. Il coronavirus ha colpito in maniera indiscriminata tutti gli Stati del globo senza alcuna distinzione.
La diffusione del Covid-19 è così esponenziale, i casi raddoppiano ogni cinque giorni, che le forniture mediche si sono dimostrate insufficienti come anche le unità di terapia intensiva (anche nei paesi occidentali che vantano sistemi sanitari di eccellenza). La metodologia utilizzata per eseguire i test si è rivelata (in tutti i casi) inadeguata per identificare con esattezza l’estensione della diffusione dell’infezione. Un vaccino, purtroppo, potrebbe essere pronto solo tra 12-18 mesi.
All’orizzonte un’altra emergenza già si intravede, quella economica i cui effetti potrebbero essere pari ad uno tzunami. Per questo motivo già da ora occorre lavorare al periodo post virus. I leader mondiali ed europei in particolare stanno, invece, affrontando la crisi ancora in un contesto prettamente nazionale. Gli effetti, essendo trasversali, non conosceranno confini e potrebbero generare “disordine” politico ed economico per intere generazioni. Occorre avere, fin da ora, una precisa visione su un programma globale e strutturale.
Occorrerà sostenere la resilienza globale alle malattie infettive. I trionfi della scienza medica come il vaccino contro la poliomielite, la vittoria contro il vaiolo e la diagnosi medica attraverso l’intelligenza artificiale, ci hanno cullato in un pericoloso compiacimento, sembrava che fossimo diventatati invincibili.
Il Covid-19 ci ha svegliati dal torpore facendoci realizzare che dobbiamo sviluppare nuove tecniche e tecnologie per il controllo e la prevenzione delle infezioni gravi e la produzione “rapida” dei vaccini.
Le città, le regioni e gli Stati dovranno costantemente confrontarsi per essere in grado di proteggere i propri cittadini anche dalle infezioni gravi. La politica in questi casi deve abbandonare i propri colori. Tutti insieme, per concentrare sforzi e risorse alla fase pre-emergenza per garantire l’addestramento, la logistica e la pianificazione alle forze da mettere in campo, forze già individuate e non scelte di volta in volta.
In piena emergenza occorre pensare ad una struttura di crisi nazionale con poteri straordinari (svincolata dall’influenza della politica) dove si esercita davvero l’unicità di comando. L’organizzazione di crisi deve partire da lontano e deve lavorare a stretto contatto con una comunità scientifica di livello, preparata a gestire catastrofi con caratteristiche pendemiche. Troppi sono stati i professori che si sono avvicendati in tv, spiegando le proprie tesi basate sulle conoscenze, appunto conoscenze. Il Covid-19 è sconosciuto.
L’economia. Anche se i leader mondiali hanno imparato molto dagli errori commessi nella crisi economica del 2008 sembra che non siano preparati ad affrontare l’attuale crisi economica, più complessa e dalle caratteristiche uniche in campo accademico. Non si era mai fermato il commercio mondiale. La contrazione dovuta alla diffusione su scala globale del coronavirus, le necessarie misure di sanità pubblica come l’allontanamento sociale e la chiusura di scuole e imprese hanno generato una crisi mai conosciuta prima nella storia dell’uomo. Gli effetti potrebbero essere pari solo a quelli in Europa dopo la II Guerra Mondiale. Per questo motivo i capi di Stato e di Governo devono convergere verso un Piano Globale di Soccorso per una ricostruzione economica credibile e duratura, in difetto sarebbe in grave pericolo il già fragile equilibrio mondiale.