Su l’Eurispes.it, l’articolo edito dall’Osservatorio sulla Sicurezza, guidato dal generale Pasquale Preziosa e i due vipresidenti, Giovanni Russo e Roberto De Vita. Molto interessanti gli spunti offerti per comprendere un fenomeno attuale e che potrebbe minare, dal più profondo ed in maniera endemica, la Sicurezza dello Stesso Stato.
Secondo Adam Smith la ricchezza serve, prima di tutto, per aumentare i livelli di sicurezza delle singole nazioni. Quando il livello di ricchezza di una nazione diminuisce, i livelli di rischio per la Sicurezza Nazionale aumentano.
Di fronte ad un crollo verticale del Pil e ad una recessione profonda, è certo che l’unico strumento di contenimento è rappresentato dalla mano pubblica attraverso il moltiplicatore keynesiano degli investimenti – qualsiasi incremento nella componente autonoma dei consumi o negli investimenti genera un incremento nel reddito nazionale cinque volte superiore all’iniziale incremento.
Tuttavia, accanto alla mano pubblica opera una “mano invisibile”, non quella smithiana, ma quella della corruzione, che non moltiplica la ricchezza ma la prosciuga impoverendo, ancora di più, i cittadini e lo Stato.
La corruzione nella Pubblica amministrazione rappresenta la causa primaria della degenerazione del comportamento etico di un Paese e dell’inefficiente uso delle risorse finanziarie pubbliche.
Le infiltrazioni mafiose nella burocrazia statale e, più in generale, nel sistema degli appalti pubblici dei lavori è ancora un problema nazionale per il nostro Paese, nonostante il grande lavoro giudiziario fatto e in corso.
Il fenomeno della corruzione e quello della criminalità organizzata spesso trovano il punto di saldatura nella esecuzione degli appalti pubblici di lavori.
Occorre realizzare un’attenta analisi delle procedure in uso da parte della PA: l’individuazione di possibili rimedi appare indispensabile per «assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione» (Cost. art.97).
La tematica è vasta e i profili su cui intervenire sono molteplici.
Qui di seguito si propone una prima serie di riflessioni. I punti essenziali dell’appalto pubblico di lavori, a legislazione vigente, possono essere così riassunti:
– la progettazione;
– il bando di gara di appalto della PA;
– l’offerta dei proponenti;
– i requisiti degli offerenti e i metodi di verifica della migliore offerta;
– esecuzione dei lavori e loro rispondenza alla regola dell’arte;
– varianti in corso d’opera;
– riserve dell’appaltatore;
– qualità finale dell’opera;
– tempi di realizzazione.
I principali problemi riscontrati in sede di gara o nell’esecuzione degli appalti pubblici possono essere così sintetizzati:
– progettazione di qualità scadente;
– le varianti in corso d’opera, nella maggioranza dei casi, portano ad una costante e abnorme lievitazione dei costi, spesso sorretta da motivazioni pretestuose o traballanti se non addirittura congegnate;
– il pagamento degli stati di avanzamento lavori (SAL), i quali non sempre corrispondono all’effettivo progresso del lavoro;
– le riserve dell’appaltatore che rendono spesso difficoltoso il rapporto con il committente;
– il criterio di aggiudicazione prevalente, in base all’offerta economicamente più vantaggiosa, presuppone un alto livello tecnico della commissione aggiudicatrice che le amministrazioni non sempre sono in grado di garantire;
– il vincitore della gara ha diritto a un anticipo del 10% prima di iniziare i lavori; acquisisce altri finanziamenti dalla PA in corso d’opera in base agli stati di avanzamento; acquisisce ulteriori finanziamenti per varianti in corso d’opera. Solo il 10% del costo dell’opera costituisce saldo a garanzia per lo Stato.
Le varianti in corso d’opera costituiscono gli anelli deboli del sistema, in quanto impongono modifiche progettuali i cui costi possono sbilanciare di molto la tenuta economica e finanziaria dell’opera nella sua interezza e, spesso, nascondono il sovrapprezzo della corruzione.
Attraverso queste varianti, i costi totali delle infrastrutture possono lievitare a dismisura e gli esempi di opere pubbliche dai costi lievitati di molto nel tempo sono purtroppo numerosi.
Iniziare un’opera pubblica i cui costi – a causa delle varianti in corso d’opera – sono solo indicativi e, quasi sempre, determinati per difetto, vuol dire minare, negli aspetti di economicità ed efficacia, qualsiasi forma di pianificazione dello Stato, con riflessi molto negativi sulla Sicurezza Nazionale.
Il pagamento del saldo dell’opera all’esito del collaudo pari al 10% non sembra costituire una garanzia sufficiente per il buon esito dell’appalto, perché marginale rispetto agli importi percepiti dall’impresa per le varianti in corso d’opera.
L’appalto pubblico di lavori, a legislazione vigente, non garantisce, quindi, i requisiti previsti dalle norme sul corretto procedimento amministrativo almeno negli aspetti di economicità e di efficacia (gli altri elementi sono imparzialità, pubblicità e trasparenza).
Per la PA è urgente, in considerazione della recessione in atto e del necessario rilancio economico del Paese, identificare nuove regole efficaci per la pianificazione infrastrutturale, per ridare vigore all’economia e sburocratizzare il sistema degli appalti pubblici di lavori.
I princìpi di economicità e di efficacia possono essere attuati solo se le nuove regole saranno semplici, lineari e valide.
A premessa delle nuove regole deve esserci la puntualità della PA nel saldo del prezzo delle opere, quando accettate. L’attuale lentezza della PA nel pagare i debiti – circa 30 miliardi di euro – verso i privati è deleteria per l’economia del Paese e per le imprese.
L’amministrazione che ha interesse nel realizzare un’opera pubblica darà evidenza pubblica delle esigenze e accoglierà le offerte del mercato.
Si dovrebbe prediligere lo strumento della finanza di progetto, ove possibile, perché questa fattispecie responsabilizza l’appaltatore per la più celere conclusione dell’opera.
Inoltre, si dovrebbe rivolgere particolare attenzione alla verifica dei requisiti imprenditoriali (curricula adeguati e sani) ed economico-finanziari degli operatori economici.
Le opere dovranno seguire le regole dell’arte e le tempistiche di consegna – salvo cause di forza maggiore –, pena la decadenza del contratto.
Queste semplici regole consentirebbero di avviare un percorso diretto a ridare identità e ruolo alla PA che assumerebbe la vera funzione di controparte contrattuale delle imprese.
Ma, soprattutto, si andrebbe a dare dignità e valore a quelle imprese che hanno alle spalle una loro storia di capacità, solidità, moralità.
Il risvolto più importante riguarderà, invece, la Sicurezza Nazionale, che potrà giovarsi di un più efficiente uso delle risorse finanziarie da destinare ad efficaci sistemi di controllo preventivo e verifica ex-post, mitigando, al ribasso, i livelli di rischio sia per la corruzione sia per le infiltrazioni della criminalità organizzata.
La PA si sgraverebbe di buona parte degli oneri burocratici di esecuzione dell’appalto pubblico di lavori, limitandosi a stabilire solamente i punti cardine dei requisiti richiesti all’opera come, ad esempio, la rispondenza materiale e temporale del manufatto a quanto stabilito.
Ogni responsabilità e onere dell’esecuzione dell’opera ricadrebbe solo ed esclusivamente sull’impresa a cui, pertanto, sono richiesti requisiti storici di capacità, solidità e moralità.
Ciò darebbe vita ad un nuovo rapporto fiduciario pubblico-privato per il rilancio infrastrutturale del Paese, con l’obiettivo di far sì che quello che darà la mano pubblica non venga rubato dalla mano invisibile della corruzione e della criminalità organizzata.