(di Massimiliano D’Elia) Ieri una vera baraonda politica. Sull’onda modello “tzunami” della mozione dei pentastellati “no Tav”, si è generata la tempesta perfetta. In Senato, proprio sul Tav si è certificato che non esiste più una maggioranza “credibile” e soprattutto utile per poter legiferare. Salvini alla luce del risultato dell’Aula ha subito alzato gli scudi e “rotto” con l’alleato di Governo. Di fatto ieri è stata aperta l’ennesima e prematura crisi di governo che da decenni contraddistingue la nostra instabile politica a danno dell’intero Paese, considerato all’estero sempre meno affidabile. Non a caso lo spread è iniziato a risalire toccando quota 233 punti base.
Un incontro al vetriolo quello avvenuto nel pomeriggio a Palazzo Chigi tra Matteo Salvini e il premier Giuseppe Conte. Lo si capisce dalle allusioni che provenivano in serata, dal palco di Pescara durante il comizio di Salvini. Ma lo si comprende meglio dalle comunicazioni ufficiali del presidente Conte dall’aula della stampa di Montecitorio, in tarda serata dopo il comizio di Salvini. Accusa Salvini di voler rompere con il governo del cambiamento per capitalizzare i voti dei sondaggi ed invita il leader del Carroccio ad intervenire in Aula per spiegare agli italiani le motivazioni della crisi di governo appena innescata. Poi Conte tira giù dritto e invita Salvini a fare il Senatore e Leader della Lega e non a voler fare tutto, dettando tempi e modalità della crisi. Insomma lo bacchetta a dovere.
Sembrava una staffetta. Dopo il comizio di Salvini ha parlato Giuseppe Conte e a seguire Luigi Di Maio in collegamento con lo speciale del TG1. DI Maio si è detto pronto ad andare alle elezioni, prima però occorre votare la legge sul taglio dei parlamentari di 345 unità. Una legge che per il suo iter necessita di almeno 6 mesi di tempo. E’ una legge che cambia i riferimenti della Carta Costituzionale. Poco probabile che verrà votata, con buona pace dei pentastellati.
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La posizione del Quirinale
Sergio Mattarella non si allontana da Roma poiché dopo un passaggio alle Camere toccherà a lui muovere i passi, quelli istituzionali. Voci di corridoio parlano di possibili consultazioni tra il 24 e il 26 agosto. Mattarella rimane molto attento ai mercati e ai conti pubblici con l’auspicio che i prossimi passaggi si svolgano secondo la grammatica istituzionale. Ieri in mattinata un colloquio con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che gli aveva espresso la sua intenzione di cercare di ricucire gli strappi e di verificare comunque in Parlamento la solidità o meno della sua maggioranza. Nel pomeriggio Mattarella ha ricevuto il presidente della Camera, Roberto Fico, su richiesta di quest’ultimo. Un incontro giudicato fisiologico visto il clima, ma durante il quale si è anche esaminato il calendario dei lavori parlamentari in caso di crisi. Le Camere infatti sono convocate in via ordinaria per i primi di settembre e servono alcuni giorni, tempi strettamente tecnici, per riaprire il Parlamento e procedere al voto di fiducia al Governo giallo verde. Un passaggio parlamentare, chiesto a gran voce dal palco di Pescara in serata anche da Matteo Salvini.
Al Colle spiegano che il Presidente, come gia’ lo scorso anno, non ha schemi prestabiliti, segue la Costituzione, la prassi costituzionale e si adatta alle situazioni man mano che si presentano. Dunque se Conte non ottenesse la fiducia, dopo il voto il Presidente indirebbe le consultazioni e in caso non ci fosse una maggioranza possibile, come è probabile, si potrebbero sciogliere le Camere. I tempi prevedibili sono il 20 agosto per la convocazione delle Camere, partendo dal Senato per poi passare alla Camera se necessario, e il 25-26 agosto per l’eventuale data di scioglimento. Da quella data dovrebbero passare almeno 60 giorni per indire le eventuali elezioni e questo porterebbe alla fine di ottobre.
Questo “timing” impatterebbe sui tempi della manovra economica, che va presentata entro il 15 ottobre a Bruxelles.
La manovra dovrebbe essere presentata dal governo uscente. Se, invece, Conte non venisse sfiduciato – magari con una astensione delle attuali forze di opposizione – si avrebbe il caso, non nuovo nella prima Repubblica, di governo della non sfiducia. In questo caso non si ricorrerebbe più alle auspicate elezioni. Un gran “caos”, insomma, uno scenario che comprometterebbe sempre più la situazione economica italiana a crescita zero.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha diverse opzioni, laddove Conte venisse sfiduciato: un governo tecnico, ovvero un governo elettorale, con un occhio sulla manovra e sulla necessità di evitare l’aumento dell’iva.
Intervista Luigi Di Maio a Tg1
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Comizio Matteo Salvini a Pescara
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