(di Paolo Zabeo – Coordinatore Ufficio studi CGIA) Ogni qual volta il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) affronta il tema dei debiti commerciali della Pubblica Amministrazione (PA), presenta dati parziali e medie improbabili.
Quest’oggi ha affermato che nel 2019 la PA ha pagato i propri fornitori dopo 48 giorni, con un solo giorno di ritardo rispetto alle scadenze contrattuali, mettendo assieme i pagamenti della sanità (che per legge devono essere onorati entro 60 giorni) e quelli di tutti gli altri settori (che, invece, vanno saldati entro 30 giorni).
Se si vanno a vedere i dati puntuali delle principali comparti della PA si scopre che le Amministrazioni centrali nel 2019 hanno pagato dopo 60 giorni (30 giorni di ritardo rispetto alle disposizioni di legge), le Regioni e province dopo 33 (3 giorni dopo le scadenze previste per legge) e gli enti locali dopo 50 (20 giorni di ritardo dopo le disposizioni previste dalla normativa). La sanità, pur liquidando i fornitori dopo 50 giorni dall’emissione della fattura, lo ha fatto con 10 giorni di anticipo. Ed è proprio il risultato di questo settore che, in massima parte, ha contribuito ad abbassare la media generale che, ovviamente, è un dato non omogeneo, quindi per nulla significativo.
Peccato che il MEF non riesca ancora adesso a dirci a quanto ammonta il debito complessivo della nostra PA nei confronti delle imprese, che secondo l’Eurostat, invece, sarebbe di quasi 50 miliardi di euro (al netto della componente in conto capitale). E non ci dica nemmeno quante sono le PA monitorate dalla Piattaforma Crediti Commerciali (PCC) gestita proprio dai tecnici del ministero dell’Economia.
Perché è noto a tutti che solo una parte delle Amministrazioni pubbliche è iscritta al PCC, e quindi è monitorata dal MEF, mentre una larga parte della PA non lo è. Quest’ultima, non transitando nella piattaforma, condiziona il risultato di questo monitoraggio, consentendoci di dire che i dati presentati quest’oggi ancora una volta sono parziali e poco rappresentativi.