L’Italia ha giocato un ruolo cruciale per il rilancio dell’Europa della Difesa e svolge una parte altrettanto importante nella cooperazione Nato-Ue attraverso, il cosiddetto “hub meridionale” dell’Alleanza inaugurato a Napoli. La sfida, adesso, è rappresentata dalle opportunità offerte all’industria dal Fondo europeo per la difesa e dall’aumento delle spese militari per avvicinarsi alla soglia del 2% del prodotto interno lordo.
E’ quanto emerge dal convegno promosso dalla delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato (Apce) e dall’Istituto affari internazionali (Iai) nella sala capitolare al Chiostro del convento di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Evento più che mai attuale e che si è svolto in contemporanea con la riunione dei ministri degli Esteri della Nato a Bruxelles. Sulla difesa comune europea, dopo la firma della Cooperazione strutturata permanente (Pesco), “ci sono passi in avanti importanti. Si tratta di diversi tavoli di lavoro perchè, oltre alla Pesco, ci sono progetti industriali e progetti che riguardano anche capacità operative.
Il parere degli esperti del mondo politico, militare ed industriale
Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti. “L’attenzione, per quanto riguarda la cooperazione sulla difesa, adesso, è rivolta al Consiglio europeo di dicembre con i capi di governo: “In quella sede – ha spiegato Pinotti – verrà formalizzata la decisione e, credo, rilanciata per il futuro”. Nel suo intervento al convegno, il ministro ha chiamato in causa il generale Claudio Graziano, capo di stato maggiore della Difesa, recentemente nominato a presidente Comitato militare dell’Unione Europea. “Il fatto che il generale Graziano sia stato scelto con ampissimo consenso, non usuale in una votazione di questo tipo, in Europa è molto significativo. Credo che questo diventerà un punto di riferimento fondamentale”.
Il Capo di Stato Maggiore della Difesa Gen. Claudio Graziano, da parte sua, ha sottolineato che è necessario “superare gli egoismi nazionali” per creare una “capacità di comando e controllo europeo” che possa operare, per quanto possibile, “in sinergia con la Nato”.
In questo contesto, il progetto di “hub per il Mediterraneo” rappresenta un “elemento pratico di grande importanza” per riunire le iniziative europee e della Nato “sotto un unico ombrello”, guadagnando in termini “economici e di efficacia”, ha detto il generale. “Stiamo assistendo a una difficoltà sia interna che esterna di impiego della Nato in determinate aree”, ha detto ancora il capo di stato maggiore della Difesa, ricordando come ad esempio la missione in Iraq sia guidata da una “coalizione di volenterosi” e non dall’Alleanza atlantica.
In questo contesto essenziale, ha aggiunto Graziano, “il capacity building” inteso come “preparazione delle forze operative” per stabilizzare paesi in crisi come Tunisia e Libia.
Ma il processo di generazione delle forze Nato “richiede tempi di pianificazione e di sviluppo prolungati”, mentre il meccanismo europeo in grado di muoversi “con maggiore rapidità”, ha aggiunto Graziano. Un altro tema posto dal capo di stato maggiore della Difesa – ma non solo – l’uscita della Regno Unito dall’Ue. La Brexit, “apre nuovi interrogativi” per esempio per quanto riguarda la guida della missione europea in Bosnia (Althea) sotto guida Nato.
“Questo porterà a lunghe negoziazioni, ma non è così assodato che il Regno Unito sarà fuori dalle operazioni europee e che non ci sarà accordo”, ha concluso.
Generale di Squadra Aerea Carlo Magrassi, segretario generale della Difesa:”l’Italia deve “fare sistema” di fronte alla sfide e alle opportunità del progetto di difesa comune europea e dell’avvicinamento fra Alleanza atlantica e Unione europea, altrimenti rischia di diventare “terra di conquista” di paesi stranieri.
La frammentazione non ci aiuta. Il libro bianco della Difesa è il tentativo di deframmentare e creare efficienza, un documento che manterrà la sua attualità per lungo tempo”, ha detto.
“Leonardo ha bisogno di un grande progetto federativo, ma è il paese che deve avviarlo. Non è vero che non abbiamo risorse. Bisogna cambiare mentalità. Dobbiamo assumere un atteggiamento sul modello della Commissione europea, che investe 1 e ha come ritorno 10”, ha detto Magrassi.
“Dobbiamo dare alle nostre industrie oggi progetti importanti, altrimenti gli altri paesi ci vedranno come terra di conquista”, ha detto ancora il segretario generale
Il segretario generale del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Elisabetta Belloni, ha evidenziato che l’Italia ha lavorato molto per favorire una “svolta della Nato verso sud” e per adottare un approccio “pragmatico” al tema della difesa comune europea. Sono stati fatti “alcuni passi in avanti”, ha detto Belloni, rispetto alle nuove sfide non convenzionali e asimmetriche che provengono soprattutto dal Mediterraneo. Tuttavia, ha aggiunto il segretario generale, permangono ancora resistenze su questo tema.
“L’Ue deve guardare più a sud lungo la direttrice Mediterraneo-Africa: qui che si gioca il suo futuro e la sua sicurezza”, ha detto Belloni, sottolineando come il vertice tra Unione africana e Unione europea tenuto ad Abidjan, in Costa d’Avorio, abbia “messo bene in luce la posta in gioco.
Secondo Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, la distinzione di ruoli tra industria e Forze armate è stata a svantaggio di queste ultime. “Siamo tutti convinti di aver speso bene le risorse in questi anni? Di aver fatto le scelte giuste. Se fossero state fatte alcune scelte strategiche noi a quest’ora avremmo messo in sicurezza l’Europa”, ha detto Bono, invitando a riflettere sul “futuro”: “La difesa comune – ha sottolineato – comporterà per l’Europa delle scelte da fare”, in primis se essere una potenza globale, interventista o una potenza con funzioni da deterrente. Secondo l’ad di Fincantieri, infatti, serve affrontare questo tema: “Non ne discutiamo e poi ce la prendiamo con il paese che non capisce. La legge navale – l’esempio che fa Bono – l’abbiamo fatta passare con il consenso di tutti i partiti politici perchè abbiamo spiegato che serviva al paese”. L’amministratore delegato di Fincantieri ha rimarcato, quindi, la necessità di un salto di qualità culturale. Non senza sottolineare come “l’Italia abbia abdicato ad avere un’industria della difesa autonoma”.
Proprio rispetto al paese, Bono si è interrogato su quale ruolo avrà. Dopo aver spiegato come “nel mondo i programmi più importanti sono solo quelli navali, programmi di miliardi e miliardi di euro, e non dei 4 miliardi della legge navale, ma al tempo stesso nel mondo c’è il boom delle navi crociera (navi da carico invece sono ferme)”, insiste anche su prospettive e priorità industriali: “L’industria fa prodotti. Noi vogliamo risorse per poterli fare perchè la sperimentazione va fatta sui prodotti.
Giovanni Soccodato, responsabile strategie, fusioni e acquisizioni di Leonardo, ha accolto con favore il fatto che “finalmente” è stato avviato un percorso di Cooperazione strutturata permanente a livello europeo (Pesco), ma il vero problema riguarda le tempistiche: l’evoluzione tecnologico-industriale è talmente rapida che il percorso di consolidamento europeo rischia di non essere adeguato. “Dobbiamo creare in Europa una capacità industriale in grado di confrontarsi alla pari e di vincere sui mercati internazionali”, ha detto Soccodato, aprendo anche alla possibilità di presentare candidature congiunte con i partner statunitensi “sulla base di un rapporto equilibrato e bilanciato”. L’Italia, da parte sua, deve svolgere un ruolo forte “come paese e come industria” a livello europeo, e in questo ambito può aiutare la recente nomina del capo di Stato maggiore della Difesa, Claudio Graziano, a presidente del Comitato militare dell’Ue. “Dobbiamo rafforzarci qui in casa nostra per portare le nostre competenze in Europa”, ha aggiunto il dirigente di Leonardo.
Da questo punto di vista è importante “mettere in campo risorse adeguate” a partire dal settore, spesso dimenticato, della ricerca e sviluppo, ha detto Guido Crosetto, presidente della Federazione Aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad). Sulla difesa comune europea il discorso è in evoluzione, “il dialogo e’ aperto ma ogni giorno assistiamo a uno scontro tra nazioni perchè alcune, Francia e Germania, hanno un obiettivo preciso mentre le altre arrancano. Il nostro tentativo e’ quello di ritagliare uno spazio all’industria italiana, di riuscire a delineare una presenza significativa del nostro paese”.
Crosetto, quindi, ha aggiunto: “Si tratta di una battaglia molto difficile. Ce la facciamo – ha rimarcato – solo se tutti insieme ci coordiniamo come sistema paese, facendo alleanze col resto dei paesi d’Europa per non venire spazzati via”. Sul fronte della cooperazione Nato-Ue, infine, il numero uno dell’Aiad l’ha definita “necessaria”: “Nessuno può pensare che con la crescita dell’Europa si smantelli la Nato.
Ci deve essere, invece, una crescita contestuale e un’integrazione. Non penso, infatti – ha concluso – che nè all’Italia nè all’Ue convenga intraprendere un percorso di distacco.
Andrea Manciulli, presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare Nato. Rispondendo ad una domanda sulla necessità di una stretta cooperazione tra Alleanza atlantica e Unione Europea, Manciulli ha osservato: “Il tempo ci costringerà a farla. Prima di essere costretti da contingenze, poi, è sempre meglio agire sulla base di una nostra precisa volontà”.
Il deputato ha aggiunto: “d’altronde è evidente che nessun paese europeo, per conto suo, possa fronteggiare le sfide che abbiamo di fronte. Come è altrettanto evidente un altro tema e cioè il rilancio dello spirito dell’Occidente”.
Per Nicola Latorre, presidente della commissione Difesa di palazzo Madama, il ruolo dell’Italia è innanzitutto “quello di saper coniugare l’interesse nazionale con la dimensione sovranazionale” entro cui si colloca il progetto di cooperazione Nato-Ue. “Questa è la grande sfida in un momento in cui il multilateralismo è esposto a una difficile prosecuzione”.
Latorre non ne fa un problema di risorse, un fronte che non vede l’Italia molto competitiva rispetto ad altri paesi Ue. Sulla cooperazione Nato-Ue, invece, il presidente della commissione Difesa del Senato ha affermato: “Ci sono tutte le condizioni perché questo rapporto possa svilupparsi con il supporto reciproco di entrambi i protagonisti. E’ un processo che si è avviato e che, naturalmente, implica una più concreta e determinata iniziativa verso la costruzione di un sistema europeo di difesa”.
Prima di aggiungere: “Le prime mosse, con la strategia globale e con la definizione dell’accordo Pesco, che sarà confermato l’11 dicembre dal Consiglio europeo, sono importanti passi in avanti a cui bisogna aggiungere una più netta e chiara definizione di una comune strategia.
Alli, presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato: “il progetto del sistema di difesa integrato comune a livello europeo è “la via maestra per arrivare all’Europa politica”. “La condivisione delle spese richiede da parte dei paesi europei, non solo Nato, di spendere di più ma anche di spendere meglio. L’idea di difesa comune europea può dare un contributo.
Fu una grande intuizione, purtroppo non realizzata, di Alcide De Gasperi, e può essere la via maestra per arrivare all’Europa politica. Siamo ancora lontani da questo, ma siamo avviati sulla strada giusta”, ha detto ancora Alli. “L’Ue attesa da sfide interne importanti, come l’unione politica e la sfida migratoria, ma anche sul fronte esterno nel confronto con i grandi blocchi: la Cina, l’India, il radicale mutamento della politica estera degli Usa. In un contesto così complesso il tema della sicurezza assume un’importanza primaria anche nella percezione dei cittadini”, ha spiegato Alli.
Difesa e sicurezza sono due capitoli decisivi della nostra agenda, “beni comuni primari”. E da questa consapevolezza dovrebbero scaturire risorse e politiche conseguenti. Bisogna rompere il cortocircuito che tiene separato il piano della sicurezza, e quindi della pace, e quello delle spese militari che restano un argomento difficile da sostenere, tanto più in campagna elettorale.
E tuttavia questa è la prima scommessa da fare”.
Questo, invece, è quanto ha detto Francesco Saverio Garofani, presidente della commissione Difesa della Camera. Garofani ha rimarcato anche la necessità di ricalibrare il rapporto “tra industria della difesa e Forze armate”: “Questo rapporto – evidenzia il deputato Pd – è stato squilibrato, più funzionale a ciò che serviva alla prima rispetto a quanto occorreva alle seconde. Bisogna riequilibrare tale rapporto, considerando che l’industria di settore italiana è importante per il fatturato e per gli investimenti in ricerca ma questo è solo una parte del ragionamento”. Il numero uno della commissione Difesa a Montecitorio, nel corso della sua analisi, sottolinea pure come la questione della difesa europea sia diventata “spesso un mantra, anche nella discussione politica, non privo di ambiguità. Talvolta si affronta questa tema come una via di fuga, un’alternativa all’assunzione di responsabilità, un tentativo di delegare ad altri ciò che non possiamo fare. Credo – afferma – che non siamo riusciti, nonostante il periodo che stiamo vivendo, a far comprendere all’opinione pubblica che produrre sicurezza sia una priorità”.
Per Fabrizio Cicchitto, presidente della commissione Esteri della Camera, il retroterra su cui hanno fatto affidamento sia la Nato che l’Unione europea è “il ruolo di mediazione e stabilizzazione del mondo svolto dagli Stati uniti, che è in crisi oggi. E questo potrebbe, uso il periodo ipotetico, determinare un ruolo dell’Europa”. Cicchitto, quindi, nella sua analisi ha fatto un quadro delle realtà esterne, a partire dalla Cina col suo “imperialismo economico ma anche politico”, passando per la Russia e l’Iran e si sofferma sugli errori degli Stati uniti da Bush junior a Obama, rispettivamente in Iraq e Siria. Errori di sistema che, secondo il deputato di Alternativa Popolare, non avevano fatto venir meno “la dimensione multipolare degli Stati Uniti. Oggi, con Trump la crisi riguarda anche questa dimensione. Trump sta facendo con Israele un gioco politico tragico, mettendo in discussione un punto d’equilibrio “Gerusalemme stessa”. Per il presidente della commissione Esteri della Camera, quindi, “in una situazione di profonda crisi di comportamento americana, oggi l’Europa punta a coprire in parte questi squilibri, con una dimensione che dovrebbe riguardare la difesa”. Il nodo, secondo Cicchitto, però, è se davvero la Nato, sia rispetto all’Europa del nord e sia rispetto al Mediterraneo, sarà in grado di ristabilire i fili, i collegamenti dell’establishment americano, “non stiamo ragionando in termini di aggiustamenti”. Ecco perchè per il presidente della commissione Esteri, afferma che e’ necessario andare al fondo di tali questioni, “i rapporti tra Nato e Unione europea si devono misurare con il quadro geopolitico di oggi.
fonte: Nova