Con l’attesissima sentenza pubblicata lo scorso 29 novembre, avente ad oggetto la causa promossa da VCAST Limited (Vcast) contro Reti Televisive Italiane s.p.a. (“RTI” – società del Gruppo Mediaset), la Corte di Giustizia Ue (Causa C-265/16), ha chiarito che la videoregistrazione in cloud non può considerarsi lecita se effettuata tramite l’intervento “attivo” di terzi. Come già chiarito dal parere dell’Avvocato Generale (già commentato qui), con il termine «cloud computing», ci si riferisce all’accesso, attraverso una rete di telecomunicazione (Internet), on demand, a risorse informatiche condivise dove l’utente non acquista né noleggia attrezzature informatiche concrete, ma utilizza, sotto forma di servizi, le risorse dell’infrastruttura appartenente ad un terzo. Nel caso specifico, Vcast fornisce un servizio di registrazione online di emissioni televisive, liberamente accessibili per via terrestre nel territorio italiano, mediante il quale l’utente sceglie un’emissione nel sito Internet della Vcast, nel quale compare l’intera programmazione dei canali televisivi inclusi nel detto servizio. Successivamente, il sistema gestito dalla Vcast capta il segnale televisivo mediante le proprie antenne e registra la fascia oraria di emissione selezionata nello spazio di memorizzazione su cloud indicato dall’utente.
Con la sentenza in commento, la Corte ribadisce che il principio della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione provenienti da un altro Stato membro –previsto dall’art. 3 della Direttiva e-commerce 2000/31) non è applicabile ad un procedimento, come quello in questione, riguardante il diritto d’autore e le sue eccezioni (punto 24). La sentenza conferma altresì che il regime delle eccezioni e limitazioni ai diritti autorali previsto dall’art. 5 della Direttiva 2001/29 (InfoSoc) va interpretato in modo restrittivo: “le disposizioni di una direttiva che derogano a un principio generale sancito dalla direttiva medesima devono essere interpretate restrittivamente” (punto 32) e che, conseguentemente, la c.d. eccezione di copia privata (art. 5, paragrafo 2, lettera b, Direttiva ult. cit.), “non dev’essere interpretata nel senso che essa imponga al titolare del diritto d’autore di tollerare, oltre a tale limitazione espressamente prevista, violazioni dei suoi diritti che la realizzazione di copie private può comportare” (punto 34). Ebbene, nel caso specifico, afferma la Corte, la Vcast non si limita a organizzare la riproduzione ma, in aggiunta, attraverso un intervento “attivo”, fornisce, ai fini della loro riproduzione, un accesso alle emissioni di determinati canali televisivi che possono essere registrate da remoto: quindi tale servizio “possiede una doppia funzionalità, consistente nel garantire al contempo la riproduzione e la messa a disposizione delle opere e del materiale che costituiscono oggetto del medesimo” (punto 38).
Su tali premesse, l’obbligo di interpretare restrittivamente l’eccezione di copia privata implica che il titolare dei diritti esclusivi sulle opere non sia privato del proprio diritto di vietare o di autorizzare l’accesso alle opere medesime di cui le persone fisiche intendano realizzare copie private. E ciò proprio in considerazione del fatto che, per costante orientamento della Corte, il diritto di comunicazione al pubblico delle opere deve essere inteso in senso lato, come comprendente qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione (come chiarito dal considerando 23 della Direttiva InfoSoc). Inoltre, “ogni trasmissione o ritrasmissione di un’opera che utilizzi uno specifico mezzo tecnico deve essere, in linea di principio, autorizzata individualmente dall’autore dell’opera di cui trattasi” (punto 43). Allo stesso tempo, nel caso di specie, la comunicazione delle emissioni di RTI da parte della Vcast è diretta ad un pubblico “nuovo” rispetto a quello inizialmente preso in considerazione dal titolare dei diritti: tutti i clienti effettivi o potenziali della Vcast, i quali peraltro vi accedono attraverso Internet e quindi, appunto, attraverso strumentazioni tecniche diverse rispetto a quelle di trasmissione iniziale. Ricorrono pertanto tutte le condizioni in presenza delle quali la costante giurisprudenza della Corte riconosce al titolare dei diritti esclusivi il potere di vietare a terzi l’uso delle proprie opere. La Corte conclude quindi affermando che “osta a una normativa nazionale che consente a un’impresa commerciale di fornire ai privati un servizio di videoregistrazione da remoto su cloud di copie private relative a opere protette dal diritto d’autore, attraverso un sistema informatico, mediante un intervento attivo nella registrazione di tali copie da parte di detta impresa, in difetto del consenso del titolare del diritto.