Doccia fredda: Trump vuole per gli Alleati Nato il 3% del Pil nella Difesa

di Emanuela Ricci

Il mondo fino al 4 novembre sembra essere bloccato. Non si intravede una via d’uscita nella crisi in Medio Oriente, non si placano i venti di guerra che provengono dal centro dell’Europa mentre l’Iran vuole riprendere il dialogo sul nucleare. Per sbloccare alcuni tasselli, determinanti per una stabilità “controllata”, si attende l’esito delle elezioni presidenziali americane. Ciò, poichè il prossimo presidente degli Stati Uniti potrebbe cambiare in un senso o nell’altro il verso degli equilibri a livello globale. Se da un lato la rappresentante dei democratici Kamala Harris continuerà sulla scia dell’Amministrazione Biden con qualche correttivo in materia di immigrazione e sostegno alle famiglie, dall’altro l’imprevedibile repubblicano Donald Trump ogni giorno dà qualche indicazione, anche in senso provocatorio, di quello che sarà il suo orientamento per il futuro del paese, specialmente in politica estera.

Sulle pagine di Repubblica di oggi, l’inviato dagli Usa racconta l’ultima uscita del tycoon, durante un discorso in piena campagna elettorale, dinanzi all’associazione dei soldati della Guardia Nazionale. Secondo l’aspirante presidente Usa i membri della Nato dovrebbero aumentare le spese per la Difesa almeno fino al 3% del Pil mentre nell’interscambio commerciale con il Vecchio Continente non disdegna l’idea di imporre dazi tra il 10% e il 20% su tutti i prodotti importati negli Usa.

Trump ha detto a chiare lettere: “per anni i membri della Nato hanno speso molto meno del 2%, lasciando le forze americane sotto stress. Siamo stati noi a fare la differenza e a pagare, per colmare le carenze e aiutare a scoraggiare le minacce“.

In materia di dazi ha già annunciato quelli contro la Cina che dovrebbero aggirarsi intorno al 50% mentre contro gli altri saranno tra il 10% e il 20%. Sulle spese per la Difesa i paesi Nato avevano deciso, al vertice di Cardiff del 2014 di raggiungere il 2% del Pil entro il 2024 (La Russia non aveva ancora invaso l’Ucraina ma aveva appeno preso la Crimea). Molti paesi, Italia compresa non sono ancora riusciti a dedicare i fondi necessari per raggiungere l’obiettivo accordato, per le note problematiche che hanno colpito l’UE come la pandemia da Covid-19 e la conseguente spirale inflattiva che ha colpito l’economia.

Il 17 giugno scorso il report sulla Spesa per la difesa dei Paesi Nato (2014-2024) ha certificato che solo 23 su 32 Paesi hanno superato la soglia minima  rispetto agli 11 del 2023. L’Italia insieme con altri 7 paesi è ferma al 1,49%. L’Islanda non compare nel computo perchè nel suo bilancio non stanzia fondi per la Difesa.

A margine del recente vertice Nato di Washington, la premier Giorgia Meloni ha ribadito che l’Italia “terrà fede ai suoi impegni di spendere il 2% del Pil per la difesa, con i tempi e le possibilità del Paese“. Soffermando l’attenzione “sull’l’impegno complessivo del Paese nell’Alleanza, dove risultiamo tra i maggiori contributori di personale in quasi tutte le missioni e le operazioni di pace, per via del know how italiano, molto richiesto”.
Nella stessa sede il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha detto che, per rispettare l’impegno con la Nato del 2% in tempi brevi, chiederà alla nuova Commissione Ue di interpretare, come fattore rilevante gli investimenti per la difesa e quindi di escluderli dal Patto di Stabilità. Richiesta già avanzata, tra l’altro, anche alla Commissione uscente. In difetto, Crosetto ha già annunciato che l’Italia potrà raggiungere il 2% del Pil nel 2028.

Certo è che Trump da solo non può decidere per tutti. Occorre l’unanimità di tutti i paesi membri per prendere una decisione di tale levatura. Trump potrebbe, però, fare leva minacciando l’uscita degli Stati Uniti dall’Alleanza. Una Nato senza gli Stati Uniti sarebbe destinata al fallimento. Quel fallimento, quella morte cerebrale ventilata dal presidente Macron e supportata dalla retorica putiniana.

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