Dossier nucleare iraniano: “da maneggiare con cura”

Nonostante Donald Trump abbia promesso di non avviare nuove guerre, ha ribadito con fermezza che gli Stati Uniti non permetteranno mai all’Iran di diventare una potenza nucleare. Le trattative sull’accordo sul nucleare iraniano, il JCPOA, sembravano ormai morte, compromesse dalle violazioni di Teheran e dalla decisione di Trump di ritirarsi dall’accordo nel 2018. Tuttavia, con il ritorno di Trump alla Casa Bianca e i cambiamenti geopolitici in Medio Oriente, si registra una nuova apertura verso una possibile ripresa delle negoziazioni.

Rafael Grossi, direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), ha sottolineato a Davos l’importanza del dialogo diplomatico come unica via per affrontare il problema del nucleare iraniano, piuttosto che ricorrere a soluzioni militari. Trump, da parte sua, sembra intenzionato a negoziare un “miglior accordo” rispetto al JCPOA, sostenendo una strategia di “pace attraverso la forza”. Il nuovo presidente americano ha dichiarato che preferirebbe una soluzione diplomatica, lasciando l’azione militare come ultima opzione.

L’Iran, intanto, si trova in una posizione di estrema debolezza. Le recenti perdite dei suoi alleati strategici nella regione, come Hamas e Hezbollah, indeboliti dagli attacchi israeliani, e la crisi economica interna potrebbero spingere il regime a cercare un accordo. I paesi europei del P3 (Francia, Regno Unito e Germania) sostengono l’idea di una “negoziazione muscolare” per affrontare le ambizioni nucleari iraniane. Emmanuel Macron ha definito l’Iran il “principale pericolo strategico e di sicurezza” nella regione, sottolineando la necessità di evitare il punto di rottura delle trattative.

Tuttavia, il programma nucleare iraniano non è mai stato così avanzato. L’arricchimento dell’uranio e la produzione di centrifughe moderne hanno accelerato, e gli esperti ritengono che l’Iran sia ormai vicino alla capacità di costruire una bomba nucleare. La cooperazione con l’AIEA è praticamente cessata, lasciando gli osservatori internazionali all’oscuro sui progressi militari del programma nucleare.

Un altro elemento di preoccupazione è l’alleanza strategica tra Russia e Iran. Teheran ha fornito armi a Mosca per la guerra in Ucraina, inclusi droni e missili, e si teme che la Russia abbia ricambiato offrendo competenze sul nucleare e sulla tecnologia balistica. La firma di un accordo strategico venticinquennale tra i due Paesi accentua le inquietudini.

Nel frattempo, il regime iraniano si irrigidisce. Dopo l’apertura del fronte libanese da parte di Hezbollah e il coinvolgimento degli Houthi nello scontro con Israele, la tensione nella regione è aumentata. Gli estremisti vicini alla guida suprema Ali Khamenei spingono per avanzare rapidamente verso la bomba nucleare, considerata una garanzia di sopravvivenza per la Repubblica Islamica e un’arma cruciale contro Israele. Tuttavia, alcune fazioni moderate, vicine al presidente Masoud Pezeshkian, sarebbero disposte a negoziare.

La possibilità di nuove trattative, però, è vista con scetticismo. In passato, l’Iran ha utilizzato il dialogo come mezzo per guadagnare tempo mentre continuava a sviluppare il suo programma nucleare. Se la diplomazia fallisse, l’opzione militare resterebbe sul tavolo, con gli Stati Uniti pronti a sostenere un eventuale attacco israeliano alle infrastrutture nucleari iraniane. L’abbattimento del sistema di difesa antiaerea iraniano da parte di Israele ha creato una finestra di opportunità per possibili operazioni militari.

A Tel Aviv e a Washington, si considera che un cambio di regime a Teheran sia l’unica via per garantire una pace duratura. Tuttavia, nonostante le fragilità interne del regime iraniano e il crescente divario tra il governo e la popolazione, un suo crollo imminente appare improbabile. La domanda cruciale è se questa nuova fase di negoziazioni porterà a una svolta o si rivelerà un ulteriore fallimento nella lunga e complessa storia delle relazioni tra Iran e Occidente.

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