Il governatore della Bce Mario Draghi ha fatto visita al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Era a Roma per alcune attività istituzionali e ha voluto incontrare il Capo dello Stato per lanciare alcuni moniti, “Attenti alla manovra. Non sottovalutate lo spread e le Borse“. Il timore del governatore è dovuto al prossimo termine dell’immissione di liquidità tramite il “Quantitative Easing”, che terminerà, appunto, il 31 dicembre.
Mancheranno circa 80 miliardi al mese, la Banca centrale europea ora può acquistare titoli per soli 15 miliardi. Il programma continuerà a tenere calmi i prezzi grazie al reinvestimento dei titoli già acquistati, ma è un effetto trascurabile rispetto ad una possibile ondata di vendite. Insomma, ormai gli strumenti a disposizione di Draghi sono terminati, dal primo gennaio l’Italia sarà senza un sostegno esterno adeguato.
In caso di difficoltà l’Italia avrebbe come unico salvagente l’Omt, lo strumento di sostegno finanziario che costringerebbe Roma ad un programma concordato con la Commissione europea e il Fondo salva-Stati, ovvero il commissariamento del Paese.
Preoccupazioni sono state sollevate, al riguardo, proprio da Mattarella al vicepremier Salvini, quando è salito al colle per la firma del decreto sicurezza. Secondo fonti parlamentari, il leader della Lega avrebbe assicurato il Presidente della Repubblica e negato, tuttavia, qualunque intenzione di causare fuoriuscite dall’euro, attribuendo semmai ad altri l’intenzione di alimentare la spesa facile.
Di fronte al nervosismo dei mercati il governo ha dovuto annunciare, nel triennio, un rapporto deficit/pil discendente, 2,4%, 2,1% e 1,8% e non il 2,4% per tre anni. Poca roba poiché comunque si rischia la bocciatura di Bruxelles. E poi non è finita la turbolenza per l’Italia che dovrà temere anche il probabile declassamento da parte delle agenzie di rating.
Il Bel Paese è nel mirino di Moody’s e Standard and Poor’s. L’Italia è ancora due «livelli» sopra il giudizio “junk” (spazzatura) e, per nostra fortuna, finché il giudizio dell’ultima delle quattro grandi agenzie, la canadese Dbrs sarà ancora «investement» il Paese non corre il rischio di essere tagliata fuori da tutto il sistema di finanziamento di Francoforte, come noto, fondamentale per l’operatività delle banche.
Ma il singolo downgrading delle due agenzie più grandi costituirebbe un dato che potrebbe creare danni incalcolabili, amplificando la sfiducia sui mercati.