Mario Draghi ha annunciato ieri a Riga , durante una riunione del consiglio direttivo che il “bazooka” sta per terminare l’immissione di liquidità, riferendosi alla procedura del quantitative easing. Questa notizia ha ulteriormente innervosito i mercati già stressati dalle incognite sui dazi. Per bilanciare la cattiva notizia ha comunque detto che lascerà invariati i tassi di interesse per un ulteriore anno.
Anche il numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann, ha definito “plausibili” le aspettative sull’azzeramento degli acquisti del Qe entro il 2018, aggiungendo che sarà “un primo passo nel lungo cammino verso una normalizzazione della politica monetaria”. Weidamann ha anche sottolineato: “Ci si aspetta che l’inflazione torni gradualmente verso livelli compatibili per una graduale stabilità dei prezzi”.
A questo punto ci saranno riflessi inaspettati anche per il nostro paese. L’Italia dovrà fronteggiare gli investitori internazionali che faranno pesare ulteriormente il debito pubblico del nostro paese sulla bilancia delle aste, durante le quali vengono collocati i titoli di stato. Dovrà vedersela pure con l’avvio del rialzo dei tassi di interesse, anche se dovrebbero rimanere comunque bassi a lungo perché l’inflazione stenta ad arrivare vicina ma pur sempre sotto il 2%. Anche l’inizio dei rialzi dei tassi dei mutui saranno ritoccati in funzione di un Euribor che non sarà affatto così mitigato come lo è stato in questi anni.
Molti si chiedono a cosa sia servito davvero il Quantitative Easing voluto da Mario Draghi. E’ stato in realtà una sorta di ombrello esterno che ha ridotto le differenze tra i tassi d’interesse tra i titoli italiani e quelli tedeschi, che ha fatto crescere, anche se di poco, l’inflazione, cosa che, in teoria, aumenta la propensione al consumo e diminuisce il peso del debito pubblico, che ha ripulito, in parte, i bilanci delle banche di casa nostra, che erano piene zeppe di buoni del tesoro italiani e che ha reso impossibile ogni attacco speculativo sui Paesi più in difficoltà.
L’obiettivo finale del Quantitative Easing doveva essere quello di dare sufficiente ossigeno per una seria revisione della spesa pubblica italiana e per avviare quelle misure necessarie a porre in essere un rilancio significativo della produttività delle nostre imprese e della nostra crescita economica. Il vero banco di prova sarà, quindi, la prossima legge di bilancio, la prima del governo gialloverde. Legge di bilancio che senza l’ombrello della Bce, sarà difficile da far quadrare alla luce delle promesse elettorali.
Il Paese si aspetta la controriforma delle pensioni, una drastica riduzione della pressione fiscale, una misura generale di sostegno al reddito, asili nido gratis, assunzioni nella pubblica amministrazione, il tutto da fare in deficit. I pericolo, tuttavia, è che il differenziale nel tasso d’interesse tra i titoli di Stato italiani e tedeschi tornerà a salire al suo ritmo naturale che rifinanziare il nostro debito costerà sempre di più, soprattutto se verrà usato per misure che non stimolano la crescita economica. L’altro spettro è il probabile “downgrade” delle agenzie di rating che declasserebbero i nostri titoli di stato in “spazzatura”.