Primo viaggio all’estero, il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi oggi in Libia. Non è una scelta dettata dal caso ma dalle necessità di far sapere che l’Italia è presente. Un modo per rimettere ordine e ristabilire le gerarchie nel Paese nordafricano, da sempre in sintonia, sebbene a fasi alterne, con l’Italia. L’occasione appare favorevole dopo l’insediamento del nuovo e unico governo di unità nazionale guidato da Abdul Hamid Dbeibah, sostenuto dall’Onu. La Libia è un crocevia molto importante per la stabilità del Mediterraneo allargato ed essenziale per la gestione dei flussi migratori, per non parlare degli interessi economici che vedono centinaia di nostre aziende impegnate in diverse attività che vanno dall’edilizia commerciale, ai siti critici e alle grandi opere. Da capofila agli interessi italiani vi è l’Eni che in Libia è presente in Tripolitania nei campi di al Wafa ed el Feel al confine con l’Algeria e in quelli offshore. In Libia Eni ha un ruolo decisamente centrale, ben più di quello della concorrente francese Total. La società italiana, in tandem con la società nazionale Noc, rappresenta il 70% della produzione nazionale libica. Nel 2019, prima della guerra civile e della pandemia la produzione di Eni in Libia si era attesta a 270-280 mila barili al giorno, mentre nel 2017 si era toccato il record di 384 mila barili al giorno. Il gasdotto Greenstream raccoglie, invece, il gas naturale proveniente dai due giacimenti di Bahr Essalam e Wafa per farlo arrivare in Sicilia a Gela.
Draghi porterà quindi il sostegno dell’Italia al governo di unità nazionale che dovrebbe terminare il suo mandato il 24 dicembre, giorno delle elezioni presidenziali. I prossimi mesi saranno determinanti per il governo di Tripoli perchè dovrà intraprendere difficilissimi negoziati con i mercenari assoldati dai paesi stranieri per convincerli a ritirarsi pacificamente. Una condizione necessaria per poter ritornare sulla scena internazionale con un governo democraticamente eletto e libero dalle influenze di paesi terzi come Turchia e Russia. Si auspica, pertanto, per la Libia una svolta decisa e orientata alla legalità per il riconoscimento statuale da parte della Comunità Internazionale. Lo ha ribadito al Parlamento sue settimane fa anche Mario Draghi : “Occorre essere molto vigili che l’accordo sul cessate il fuoco venga rispettato con l’evacuazione di coloro che hanno alimentato questa guerra, i mercenari e gli eserciti di altri Paesi, tra questi la Turchia“.
Aenas e Enav hanno preceduto la visita di Draghi
L’inviato del corsera a Tripoli ha riferito degli incontri già avuti della delegazione del Consorzio Aeneas, formato da cinque aziende private e guidato dal suo fondatore, Elio Franci, oltreché di quella dell’agenzia pubblica italiana per il servizio aereo Enav, diretta dall’amministratore delegato Paolo Simioni. “Non poteva andare meglio. Abbiamo rimesso in moto contratti già pronti, definito i pagamenti e organizzato i lavori che riprenderanno subito. Qui sono consapevoli dell’importanza che i nostri Paesi hanno uno per l’altro. Ma soprattutto c’è tanta voglia di fare, dopo la crisi causata dalla guerra“, hanno dichiarato entrambi dopo aver incontrato il ministro dei Trasporti libico, Muhammad al Shahoubi.
Il solo Consorzio Aeneas vale contratti che ammontano a circa 80 milioni di euro per la messa in operatività dell’aeroporto internazionale di Tripoli. La somma verrà divisa tra le società che lo compongono: Escape, Axitea, Twoseven, Lyon Consulting, Orfeo Mazzitelli. “Noi siamo pronti, abbiamo il motore ben oliato, anche perché nel 2018 avevamo già iniziato a lavorare. Poi però i bombardamenti delle truppe del generale Khalifa Haftar ci costrinsero ad evacuare. Ora la zona è tranquilla. Abbiamo 150 tra tecnici e ingegneri italiani, oltre a 300 libici, già organizzati. Entro tre settimane le autorità di Tripoli ci daranno la luce verde per accedere al sito, che deve essere bonificato dagli esplosivi. Anche gli esperti italiani verificheranno. Quindi, entro dieci mesi di lavori intensi, saremo pronti a consegnare l’aeroporto funzionante, chiavi in mano», assicura il fondatore del Consorzio al Corriere.
Anche l’Enav non è nuova in Libia. Sin dalle prime settimane dopo la rivoluzione del 2011, i suoi tecnici si occuparono di ripristinare le linee aeree. Da allora i suoi contratti si aggirano sui 14 milioni di euro, indirizzati specialmente nella ricostruzione della torre di controllo dell’aeroporto di Mitiga, al momento l’unico funzionante a Tripoli, che a sua volta era stata danneggiata durante l’assedio delle forze di Haftar nel 2019. Una parte del lavoro sarà l’addestramento dei controllori di volo alle attrezzature tecniche fornite dall’Italia. “Per noi il rapporto con la Libia è strategico. La chiusura del suo spazio aereo ci danneggia, per il fatto che limita anche i sorvoli delle tratte internazionali su quello italiano, con la conseguente drastica riduzione sugli introiti dalle tasse per i diritti di passaggio“, evidenzia l’Ad di Enav, Simioni. Una delle conseguenze positive di questi lavori è la possibilità di riprendere i voli diretti tra la Libia e l’Europa. Riprendere con regolarità i voli da e per la Libia favorirà centinaia di piccole e medie aziende italiane, pronte a ritornare e lavorare in un paese dove la guerra aveva impedito loro di portare a termine i contratti già stipulati.