E’ ancora deterrente l’ombrello nucleare americano?

di Massimiliano D’Elia

La de-escalation nucleare che aveva seguito la fine della Guerra Fredda è ormai un ricordo, come recentemente ha evidenziato il Pentagono nei rapporti di sicurezza. Il confronto oggi è diventato multipolare, molto più complesso e pericoloso rispetto al passato bipolare dominato solo da Stati Uniti e ex Unione Sovietica.

Gli Stati Uniti oggi affrontano sfide crescenti nel contrastare queste nuove minacce, in un contesto in cui le risorse sono limitate e la politica interna tende sempre più verso l’isolazionismo. Washington deve, pertanto, rassicurare i propri alleati che l’ombrello nucleare americano è ancora efficace e credibile. Al contempo è costretta a espandere il proprio arsenale nucleare nei posti più disparati del pianeta.

Arsenale nucleare – Sipri – 2022

Le prove dei nuovi pericoli sono ovunque. La Cina sta costruendo centinaia di nuovi silos missilistici nei suoi deserti settentrionali e si prevede che il suo arsenale nucleare potrebbe espandersi fino a 1.000 testate entro il 2035, trasformandola nella terza superpotenza nucleare. Vladimir Putin continua a minacciare l’Europa con nuovi missili e a vantarsi della possibilità di usare armi nucleari tattiche e strategiche. Anche l’Iran è pericolosamente vicina alla costruzione di una bomba nucleare, avendo recentemente fatto progressi nella “weaponisation”, il processo di trasformazione dell’uranio arricchito in testate (60% a dicembre 2023). La Corea del Nord continua a rafforzare il proprio programma nucleare, con missili in grado di raggiungere il continente americano.

Nel frattempo, la cooperazione militare tra Cina, Iran, Russia e Corea del Nord sta crescendo, con il rischio che possano condividere tecnologia missilistica avanzata (report d’intelligence avvertono che la Russia stia già lavorando in tal senso con l’Iran).

Una domanda sorge spontanea. Gli Stati Uniti avranno abbastanza testate per dissuadere contemporaneamente Cina, Russia e Corea del Nord?

L’idea di difese missilistiche avanzate, come quelle proposte da Donald Trump con un sistema simile all'”Iron Dome” israeliano, non è considerata sufficiente a proteggere gli Stati Uniti da attacchi con missili a lungo raggio. Si stanno studiando sistemi complessi misti integrati con satelliti, radar e velivoli di 5^ e 6^ generazione.

Gli alleati degli Stati Uniti potrebbero trovarsi nella condizione di dover compiere scelte difficili. Con il crescente isolazionismo negli Stati Uniti, molti si chiedono se la promessa di difesa americana sia ancora credibile. In Corea del Sud, ad esempio, il 70% della popolazione ritiene che il paese debba dotarsi di un proprio arsenale nucleare. Un ragionamento simile potrebbe diffondersi in Giappone. In Europa, cresce il dibattito sull’adeguatezza degli arsenali nucleari britannici e francesi a fronteggiare la minaccia russa, nel caso in cui l’America distolga i suoi interessi dalle “faccende” del Vecchio Continente. Semmai l’Iran riuscisse ad avere un’arma nucleare anche l’Arabia Saudita potrebbe seguire l’esempio, alimentando così una pericolosa corsa agli armamenti anche in Medio Oriente.

Nel frattempo gli sforzi per il controllo degli armamenti sono in una fase di stallo. La Russia ha sospeso la sua partecipazione al trattato New START, che scadrà nel 2026 e la Cina ha interrotto i colloqui sulla riduzione del rischio nucleare. La Corea del Nord rifiuta di negoziare e l’Iran rimane imprevedibile non favorendo i controlli degli ispettori dell’AIEA.

Gli Stati Uniti dovrebbero, pertanto, essere pronti a espandere e diversificare il proprio arsenale nucleare, una volta scaduto il trattato New START. Il Pentagono ha già iniziato questa transizione, adottando nuove armi, come missili da crociera nucleari lanciati dal mare e studiando come aumentare rapidamente il numero di testate pronte al lancio.

Mentre l’amministrazione Biden ha cercato di rassicurare gli alleati inviando bombardieri e sottomarini con capacità nucleare in Europa e Asia, consultando più intensamente i partner, esistono correnti politiche in America che mettono in dubbio la necessità di tali sforzi. La deterrenza estesa è diventata una prerogativa essenziale per salvaguardare la deterrenza nucleare degli Stati Uniti nel mondo. Proteggere gli alleati a migliaia di chilometri di distanza, paradossalmente, rende l’America e il mondo più sicuri. In un mondo sempre più pericoloso e instabile, sarebbe avventato permettere che l’ombrello nucleare americano si indebolisca.

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