Il terrore degli anni ’90 della scellerata guerra di Bosnia, era il generale che guidava le forze serbo-bosniache durante la guerra di Bosnia. Dopo 20 anni di distanza, Ratko Mladic è diventato oramai anziano e malaticcio con problemi di salute che grida contro i giudici per provare a rinviare il più possibile una condanna per genocidio da parte del Tribunale penale internazionale dell’Onu per i crimini in Ex Jugoslavia.
Il macellaio della Bosnia, questo il soprannome con cui è noto Mladic, è stato condannato all’ergastolo: la Corte con sede all’Aia lo ha ritenuto colpevole di genocidio e crimini contro l’umanità per la guerra di Bosnia del 1992-1995, riconoscendo la sua responsabilità sia nel massacro di Srebrenica in cui furono uccisi circa 8mila musulmani bosniaci, sia nell’assedio di Sarajevo in cui morirono circa 10mila persone. La squadra legale di Mladic, 74enne, ha annunciato che presenterà ricorso contro la condanna. Secondo i giudici, Mladic ha contribuito “in modo significativo” all’eliminazione di musulmani e croati di Bosnia fra maggio del 1992 e novembre del 1995, periodo durante il quale la Corte ha ritenuto dimostrato che l’accusato fosse il comandante in capo delle forze che hanno compiuto i crimini in Bosnia. Per il tribunale, aveva “l’intenzione” e “l’obiettivo criminale” di sterminare i musulmani di Srebrenica nel 1995: “era totalmente consapevole” delle deportazioni, delle detenzioni forzate, degli assassini e della persecuzione dei musulmani. Inoltre i giudici ritengono che Mladic “propose e ordinò personalmente” i bombardamenti e gli spari indiscriminati contro i civili a Sarajevo, che rimase sotto assedio da parte delle forze serbo-bosniache per tre anni e mezzo: l’intenzione, ha spiegato il giudice Alphons Orie, era quella di “distruggere” gli abitanti della città, impedire l’accesso dei civili ad acqua, cibo ed elettricità e fare in modo che i cittadini “vivessero in una situazione di stress e assedio” che provocasse terrore; il tutto al fine ultimo di “ripulire” Sarajevo dalla popolazione musulmana. Il giudice ha citato diversi esempi di crimini commessi dall’ex militare e dai suoi soldati. Fra questi, i fatti del Ponte Brhpolje, risalenti al 1992: i musulmani fermati furono obbligati a saltare nel fiume mentre i soldati serbi sparavano contro di loro; morirono 22 uomini e ci fu solo un sopravvissuto. Ha raccontato anche di una donna che girava per le strade di Sarajevo quando fu colpita da un cecchino: lo stesso proiettile che le perforò lo stomaco raggiunse alla testa il figlio, che morì. E ha menzionato “gli stupri brutali e sistematici” a cui furono sottoposte le donne musulmane, comprese bambine di 12 anni arrestate dai serbi in Bosnia. Poco prima che venisse annunciato l’ergastolo, Mladic era stato allontanato dall’aula, su ordine di Orie, per avere gridato contro i giudici: protestava contro il fatto che avevano respinto la richiesta dei suoi avvocati di rinviare la lettura della sentenza per motivi di salute. Mladic ha sofferto oggi una “crisi di ipertensione” mentre ascoltava il verdetto: ha chiesto dunque una pausa di cinque minuti per andare in bagno, ma l’ex comandante è rimasto nel bagno del tribunale per oltre 40 minuti; quando la seduta in aula è ripresa, gli avvocati hanno chiesto appunto di rinviare la sentenza a un altro giorno per le condizioni di salute dell’accusato, ma al no della Corte è scattata la protesta dell’ex generale.Riuscito a sfuggire alla giustizia per anni dopo la fine della guerra nel 1995, Mladic è stato arrestato nel 2011: si nascondeva a casa del cugino nel nord della Serbia. Il processo al Tribunale penale internazionale per la Ex Jugoslavia è cominciato nel 2012 e in questi cinque anni Mladic ha sempre sostenuto di essere innocente, assicurando che i soldati avevano agito di propria iniziativa e che lui non aveva dato alcun ordine di quelli che gli vengono contestati. Negli ultimi anni l’ex militare ha avuto diversi attacchi di cuore e la difesa ha puntato sulle condizioni di salute per provare a rimandare la sentenza. Per il Tribunale penale internazionale per la Ex Jugoslavia, istituito nel maggio del 1993 con la risoluzione 827 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, si tratta dell’ultimo caso che affronta. A fine dicembre, infatti, la Corte chiuderà i battenti: in 24 anni di attività ha emesso 83 condanne per le guerre dei Balcani, ha presentato accuse contro 161 persone (da soldati di basso rango a personaggi importanti di governo, esercito e polizia), ha ascoltato quasi 5mila testimoni e celebrato circa 11mila sedute di processi per genocidio, crimini contro l’umanità e violazioni delle leggi che regolamentano la guerra. Resterà aperta soltanto una piccola parte del tribunale, incaricata di occuparsi dei ricorsi ancora pendenti, come sarà appunto quello di Mladic.