Uno studio scientifico condotto da Università Statale di Milano, IRCCS Fatebenefratelli di Brescia e Kings College di Londra ha dimostrato il legame tra geni ed eventi traumatici dell’età evolutiva nel successivo sviluppo di disturbi depressivi. La ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista Molecular Psychiatry, dimostra come fattori ambientali, ed in particolare eventi stressanti e traumatici durante i primi anni di vita possano esercitare un effetto sinergico con la vulnerabilità determinata dal proprio background genetico. Questo studio rafforza l’idea che alcune varianti geniche, note anche come polimorfismi, possano interagire con l’ambiente avverso, rendendo alcuni soggetti più vulnerabili rispetto ad altri per lo sviluppo di psicopatologie. Gli autori dello studio hanno utilizzato un nuovo approccio incrociando dati provenienti da diversi tessuti, da modelli preclinici e da studi in corti cliniche. Questo ha permesso di identificare un network di nuovi geni, coinvolti in processi di infiammazione e di risposta allo stress, come possibili geni di vulnerabilità per la depressione. Il risultato più interessante è stato quando gli autori hanno osservato, in due diverse corti cliniche (un corte americana di pazienti con Depressione ed esposti ad eventi traumatici e una corte norvegese di soggetti che durante l’adolescenza erano stati separati dai genitori a causa della Seconda guerra mondiale) che individui con determinate varianti in questi geni, se esposti ad eventi stressanti durante l’adolescenza, avevano una probabilità significativamente maggiore di sviluppare sintomi depressivi in età adulta. “Lo studio – ha commentato Marco Riva, professore di farmacologia alla Statale e autore dello studio – sottolinea l’importanza di comprendere i meccanismi mediante i quali una predisposizione genetica possa interagire con eventi ambientali avversi, ed esercitare un effetto a lungo termine che viene poi smascherato in età adulta, con la comparsa della patologia depressiva”. I risultati di questo studio potranno permettere di individuare soggetti più a rischio per lo sviluppo di patologie psichiatriche ma anche l’identificazione di nuovi bersagli utili per lo sviluppo di farmaci, che se somministrati in via preventiva, potrebbero essere utili per minimizzare il rischio di sviluppare queste patologie.