di Emanuela Ricci
L’Europa si trova davanti a un bivio storico e per certi versi pericoloso: garantire la sicurezza dell’Ucraina attraverso l’Alleanza Atlantica o cedere alle pressioni di una parte dei paesi comunitari per un intervento militare diretto. La recente posizione italiana, espressa chiaramente dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro della Difesa Guido Crosetto, indica un netto rifiuto a soluzioni estemporanee come l’invio di contingenti europei sul campo di battaglia, privilegiando invece una strategia di sicurezza strutturata e coerente con l’ombrello della NATO.
Linea ribadita durante l’ultima call tra i leader europei e che trova appoggio anche in altri governi, come quello svedese di Ulf Kristersson, che sottolinea l’importanza del legame transatlantico per la stabilità geopolitica. La posizione italiana si oppone, pertanto, frontalmente a quella del presidente francese Emmanuel Macron, che nei giorni scorsi aveva ventilato l’ipotesi di un intervento militare diretto, senza un’adeguata concertazione con gli altri partner europei. Una uscita che ha irritato molto Roma, come dimostrano le dichiarazioni dure di Crosetto, che ha accusato alcuni leader di parlare “a nome dell’Europa” senza aver consultato gli altri Stati membri.
Un’operazione militare europea autonoma richiederebbe un coordinamento unico, un comando unificato e soprattutto un consenso politico che, al momento, non esiste.
Il dilemma di Bruxelles: difesa comune o caos strategico?
La reazione europea al conflitto ucraino è tutt’altro che unitaria. Se da un lato si lavora per garantire a Kiev supporto logistico e finanziario, dall’altro manca una visione coesa su come strutturare la sicurezza futura del continente. Mentre la Francia cerca di emergere come guida militare autonoma, altri paesi come l’Italia e la Germania mantengono una posizione più prudente, insistendo sulla centralità della NATO e dell’ONU.
L’ipotesi di un fondo comune per la difesa e lo scorporo delle spese militari dal patto di stabilità, potrebbe rappresentare una soluzione per evitare che ogni Stato si muova in modo isolato e disordinato. Tuttavia, la proposta rischia di scontrarsi con le priorità economiche dei singoli governi, come evidenziato dalle recenti dichiarazioni di Matteo Salvini, che si oppone a qualsiasi aumento delle spese militari, avvicinandosi alla posizione delle opposizioni.
La realtà numerica delle Forze Armate europee
Ma quanto sarebbe effettivamente fattibile un intervento militare europeo in Ucraina? I numeri raccontano una realtà complessa e disomogenea, dove sarebbe difficile mandare 30mila uomini sotto comando UE, ventilati da Macron. Secondo i dati ufficiali della NATO, i principali eserciti europei contano le seguenti forze:
- Francia: circa 205.000 effettivi tra esercito, marina e aeronautica, con un budget militare di oltre 47 miliardi di euro.
- Germania: 183.000 soldati, con un piano di potenziamento fino a 203.000 entro il 2031 e una spesa militare di circa 56 miliardi di euro.
- Italia: 170.000 effettivi, con 32 miliardi di euro destinati alla Difesa e con con un incremento graduale previsto per la spesa miltare fino al 2% del PIL.
- Regno Unito: 195.000 militari, con una capacità operativa avanzata grazie alla sua flotta e alla componente aerea di punta.
- Polonia: il paese dell’UE con la maggiore spinta al riarmo, con un obiettivo di 300.000 soldati entro il 2035 e una spesa militare che ha superato il 4% del PIL nel 2023.
La difficoltà risiede nel fatto che molti di questi paesi come l’Italia hanno già impiegati decine di migliaia di uomini nelle varie missioni nazionali, NATO, UE e derivanti da accordi bilaterali, sparse in tutto il mondo: si riesce a fatica a garantire la turnazione dei vari contingenti in condizioni normali, figuriamoci con un impegno particolarmente gravoso, come quello di garantire la sicurezza in un territorio difficile e ad alta tensione come quello ucraino.
Trump semina discordia
Nel frattempo il presidente americano continua a seminare discordia: “Abbiamo deciso e lo annunceremo a breve, i dazi contro l’Ue saranno al 25% e riguarderanno le auto e altre cose”. Lo ha detto ieri Donald Trump, sottolineando che l’Ue è stata “formata per fregare” gli Stati Uniti.
Il Consiglio dei ministri dell’Ucraina ha approvato un accordo con gli Stati Uniti per l’uso dei minerali strategici, come annunciato dal primo ministro Denys Shmyhal. Questo accordo potrebbe rafforzare il legame economico e politico tra Kiev e Washington, offrendo nuove risorse per l’industria militare e tecnologica.
Donald Trump ha anche dichiarato che “l’Ucraina si può dimenticare l’adesione alla NATO”, sottolineando un cambio di rotta rispetto alle precedenti amministrazioni americane. Tuttavia, ha anche affermato che lavorerà per un “buon accordo” affinché l’Ucraina possa recuperare “più territori possibile”, lasciando aperte le speculazioni sul futuro del conflitto.
Quale futuro per l’Europa della difesa?
L’Europa è pertanto chiamata a una scelta: costruire un sistema di sicurezza che funzioni all’interno della NATO o tentare una strada incerta, frammentata e potenzialmente rischiosa. La risposta a questa domanda definirà il ruolo del Vecchio Continente nel nuovo ordine geopolitico. E nel frattempo, Kiev continua ad attendere garanzie concrete, siglando accordi congli Usa.
Domenica prossima il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sarà comunque a Londra per una riunione sulla difesa comune europea ospitata dal premier britannico Keir Starmer. L’incontro arriva dopo quello della scorsa settimana a Parigi, da cui Zelensky era assente, e rappresenta un nuovo tassello nel complicato mosaico della geopolitica europea.
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