(di Marco Zacchera) Suggerisco prudenza nel commentare l’esito del week end europeo che – secondo buona parte dei commentatori – ha “salvato” l’Italia coprendola di aiuti.
Conte non è stato nè il salvatore nella Patria nè un millantatore: ha cercato di svolgere il suo compito con tenacia, ma i risultati si vedranno concretamente solo tra mesi e, per intanto, il Governo vara l’ennesimo extradeficit di bilancio..
L’Europa, per cominciare, non “regala” nulla a nessuno: non ha un portafoglio aperto per i più bisognosi, ma restituisce ai paesi membri quello che gli stessi paesi (e i loro risparmiatori) versano alla cassa comune quindi bisogna prima di tutto capire cosa paga (e pagherà) l’Italia nel giroconto complessivo per sapere se il saldo sarà effettivamente attivo oppure no.
Va detto che fino ad oggi – anche per la nostra cronica incapacità a gestire bene gli aiuti europei – sono molto di più i soldi italiani pagati a Bruxelles rispetto a quelli che tornano indietro e che per trovare i 750 miliardi di aiuti “Covid” si sono chiuse o ridotte tante altre partite, alcune delle quali erano specificatamente indirizzate verso il nostro paese.
Basta infatti cambiare singole voci di bilancio per allargare la coperta da una parte e implicitamente chiuderla dall’altra.
In attesa dei saldi “veri” dovremmo cominciare a chiederci perchè molti paesi “frugali” (che proprio invece non lo sono) ce l’avessero tanto con l’Italia e qui la risposta è semplice: semplicemente perché noi gli impegni non li rispettiamo mai, pensando sempre di essere i più furbi di tutti.
Come possono credere ai nostri buoni propositi quei furboni degli olandesi se per entrare nella moneta unica gli avevamo dichiarato e garantito che ci saremmo impegnati a ridurre il nostro deficit pubblico al 60% del PIL quando invece già prima del Covid eravamo a ben oltre quota 130% ? Logico che l’Europa voglia vigilare e credo faccia benissimo a chiedere controlli viste le esperienze passate, oltretutto i controlli sarebbero utili anche a noi…
Il problema, infatti, è che anche questa volta in cambio dei fondi l’Italia ha promesso una serie di riforme radicali che nessuno in realtà vuole portare a termine (o è capace di farlo) temendo contraccolpi elettorali. Nello stesso tempo è già iniziata la lotta all’interno del governo per stabilire chi farà parte del ristretto gruppo di ministri che gestirà i fondi europei.
Certo che infatti servono le “riforme” ma non sono senza sacrifici.
Si dice sempre che un politico diventa realmente uno statista se pensa alle future generazioni, ma come può mai farlo un politico italiano se rischia sempre di crollare in pochi mesi tra gli agguati degli amici prima ancora degli avversari?
Credo che Conte si sia blindato la poltrona fino a fine legislatura rischiando però comunque la caduta se non accontenterà i voraci partner di maggioranza ma – dovendo alla fine accontentare tutti – ecco che le riforme “strutturali” rischiano come sempre di arenarsi per strada.
Su questo punto – diciamocelo chiaro – è debole anche l’opposizione che non sembra in grado di preparare punti condivisi, seri, realizzabili e concreti.
È certamente più facile criticare, ma occorre un progetto-Italia eventualmente alternativo da presentare bene agli elettori.
E pensare che invece c’è una novità sul panorama politico italiano ed è la nuova presidenza di Confindustria che sembra molto più vivace nella polemica con il governo e che ogni giorno documenta senza fronzoli scelte necessarie: perché non ascoltare bene questi suggerimenti, una parte dei quali mi sembrano particolarmente centrati e con idee pratiche di soluzione