Venezuela e l’astratta operazione USA di conquista del petrolio di Maduro

Marsiglia, Presidente di FederPetroli Italia ci spiega cosa succede dietro la cronaca venezuelana: “Situazione simile a Usa-Iraq nell’era di Saddam Hussein”, “più petrolio venezuelano in America con percorso obbligato: come se gli Stati Uniti acquistano greggio a prezzo scontato, imponendo le sanzioni su altri………..

I principali Paesi dell’Unione Europea hanno riconosciuto oggi la legittimità di Juan Guaidò, il Presidente dell’Assemblea nazionale del Venezuela che lo scorso 23 gennaio si era autoproclamato Presidente. Guaidò aveva da subito ottenuto il riconoscimento degli Stati Uniti, mentre l’Europa aveva chiesto a Maduro di convocare entro una settimana delle elezioni democratiche. L’ultimatum è scaduto. E la gran parte dei Paesi europei (Francia, Regno Unito, Spagna, Germania -che ha già annunciato 5 milioni di euro in aiuti umanitari-, Austria, Svezia, Danimarca, Olanda, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Paesi Bassi) hanno riconosciuto Guaidò.

L’Italia ufficialmente non ha espresso una posizione. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato che  «quella del Venezuela è una condizione particolarmente rilevante anche per l’Italia perché il legame tra Italia e Venezuela è strettissimo, per i tanti italiani che vivono in Venezuela e per i tanti venezuelani di origine italiana»,  e quindi  «questa condizione ci richiede senso di responsabilità e chiarezza su una linea condivisa con tutti i nostri alleati e tutti i nostri partner dell’Unione europea», parole chiaramente riferite al Governo, nel contesto del quale la Lega punta al riconoscimento di Guaidò, il M5S con esponenti di punta come Alessandro Di Battista punta su Maduro, il vice Presidente del Consiglio pentastellato Luigi Di Maio e il premier Giuseppe Conte ufficialmente non prendono posizone, per tanto il Governo è diviso . D’altronde, prosegue Mattarella,  «nella scelta che si propone non vi può essere né incertezza né esitazione: la scelta tra volontà popolare e richiesta di autentica democrazia da un lato, e dall’altro la violenza della forza e le sofferenze della popolazione civile». Indicazione di Mattarella che più chiara di così non si può.

Maduro, ha annunciato in queste ore che: «Ho inviato una lettera a Papa Francesco, spero che sia in viaggio o che sia arrivata a Roma, al Vaticano, dicendo che io sono al servizio della causa di Cristo. E con questo spirito gli ho chiesto aiuto, in un processo di facilitazione e di rafforzamento del dialogo, come direzione». Si vedrà nelle prossime ore come il Vaticano potrà rispondere.

Stati Uniti, Canada, Australia e alcuni Paesi dell’America Latina avevano già riconosciuto  Guaidò quasi contemporaneamente alla sua autoproclamazione e al via, il 27 gennaio, delle nuove sanzioni USA, le più dure mai messe in atto: sanzioni contro la società petrolifera statale venezuelana Pdvsa, con il blocco di sette miliardi di asset.

E proprio sullaquestione petrolio conviene puntare l’attenzione. La questione è centrale nella vicenda venezuelana, e non solo per il Venezuela, ma per l’intera galassia petrolifera e per gli equilibrii di potere che vi ruotano attorno e di fatto incidono sull’equilibrio internazionale. Di questo abbiamo discusso con Michele Marsiglia, Presidente di Federpetroli Italia, un attento osservatore da sempre delle questioni politiche internazionali legate al petrolio, una voce per nulla ‘mainstream’, uno che di se stesso dice, in questa intervista, “Ormai il vestito sartoriale cucito sul sottoscritto è risaputo. Quello che Marsiglia ha sempre appoggiato i dittatori con Mahmud Ahmadinejad in Iran, Saif al-Islam Gheddafi in Libia e in questi ultimi giorni ho letto di essere un pro Maduro”. Marsiglia ha dalla sua la capacità di spiegare chiaramente e senza ipocrisie, con la lucidità pragmatica del manager quanto sta dietro la cronaca. E anche questa volta non si smentisce.

Presidente, cosa succederà sullo scenario petrolifero internazionale dopo le ultime sanzioni USA contro Pdvsa (Petróleos de Venezuela)?

Succede che gli equilibri energetici internazionali stanno cambiando e, questo è un altro segnale chiaro e preciso. Stiamo assistendo, vedi in primis il caso Qatar  a delle alleanze politiche strategiche che utilizzano il petrolio per affermare la propria supremazia politica. Gli scenari stanno cambiando rapidamente, ed è proprio questa la difficoltà a cui le aziende ed i mercati devono far fronte.

Sul Venezuela queste sanzioni quanto e come peseranno e cosa potrà significare?

Significa: Destabilizzazione, almeno in una fase iniziale. Un Paese che vive per il 92 per cento sulle proprie risorse energetiche, entra in una fase di default automatico. Non c’è solo un discorso sanzione, ma la cosa più importante e, da non sottovalutare, è che il Venezuela possiede la risorsa mineraria, ma gran parte delle strutture strategiche di raffinazione sono collocate in altri Paesi. Produttori ma non raffinatori finali. Questo è un po’ la situazione di 40 anni fa del Medio Oriente, surplus di risorsa mineraria ma poche infrastrutture, segno di elevata difficoltà industriale e dipendenza commerciale esterna.

E’ il colpo che farà affondare il Venezuela?

Immaginare un Paese come il Venezuela o dell’America Latina che affonda, non mi sentirei di dirlo, anche perché più volte abbiamo visto che nelle situazioni di difficile congiuntura, solitamente, è sempre arrivato un altro Stato a tendere la mano. Dove c’è petrolio c’è vita ….ed interesse di tutti, stiamo parlando di uno Stato che vive di esportazione energetica. Sicuramente la situazione interna, se non si arriva ad un accordo politico, subirà dei momenti poco belli, ma non dimentichiamo che è anche un Paese dove da oltre 50 anni vige un sistema economico interno non sempre parallelo alla reale ricchezza delle risorse naturali dello Stato.

Guardiamo agli USA. Ci pare di capire che le sanzioni colpiranno le raffinerie della Costa del Golfo degli Stati Uniti che dipendono dal petrolio venezuelano. Ci faccia capire: cosa succederà e come e quanto saranno colpiti gli USA da queste loro sanzioni?

Come accennavo prima, la manovra degli USA è chiara: puntando alle sanzioni nei confronti di uno Stato, ed avendo le strutture strategiche di lavorazione del prodotto, ovvero le infrastrutture più importanti, puntano a minimizzare il costo della materia prima con le sanzioni e sfruttare e massimizzare i guadagni sulla raffinazione (suolo USA) con tassazione americana. L’America intavola questo gioco al massacro: se vuoi lavorare con me, non puoi acquistare dal Venezuela e viceversa. In questo modo visto l’interesse commerciale per gli Usa, ci sarà chi tenderà a lavorare con gli Stati Uniti e rinunciare al Venezuela. Il greggio dovrà sempre arrivare alla lavorazione nelle raffinerie in America, ma c’è ne sarà molto di più, avendo rinunciato qualcuno per colpa delle sanzioni. Risultato: più petrolio venezuelano in America con percorso obbligato. E’ come se gli Stati Uniti acquistano greggio a prezzo scontato, imponendo le sanzioni su altri. In questo modo il Venezuela, se non con un soccorso esterno di un Paese Big, dovrà giocare le ultime carte e, quindi un accordo politico tra Nicolàs Maduro e Juan Guaidò, dove ancora a livello internazionali non si capisce chi e, con chi sta. Le raffinerie non verranno colpite, verrà colpita la risorsa mineraria interna in uscita ed i Paesi che decideranno di operare anche con un regime di sanzioni. Stiamo assistendo ad una simile situazione Usa-Iraq nell’era di Saddam Hussein, anche se ancora non è scattato l’intervento militare da parte Stati Uniti.

Gli investimenti cinesi programmati come ne risentiranno e quale destino avranno nel caso Maduro cada?

Una dichiarazione di qualche giorno fa del portavoce del Ministero degli Esteri cinese Geng Shuang ha affermato che la Cina continuerà a cooperare con il Venezuela, nonostante le sanzioni statunitensi. Due Paesi che sono partner commerciali da tanto tempo ed hanno affrontato insieme tante situazioni. Gli investimenti delle aziende che operano con il Venezuela stanno già avendo un effetto negativo, in queste situazioni non può essere diversamente. Quello che noi stiamo analizzando è la possibilità di nuovi investimenti, dove sono stati già approvati dei piani di stand-by su nuove operazioni economiche e di investimento infrastrutturale.

Guaidó come gestirà il settore petrolifero, a partire da Citgo e PDVSA?

Si conosce il personaggio Maduro, ma non si conoscono la politica, la strategia industriale e le relazioni internazionali di Guaidò. L’unico punto che si può sottoscrivere è che è un ‘dipendente’ della Casa Bianca, ma gli operatori economici internazionali non stanno valutando positivamente questo fattore, e neanche le aziende petrolifere.

Da queste sanzioni chi ci guadagnerà? nello specifico cosa ci guadagnerà il Canada? e cosa Arabia Saudita e Emirati?

L’abbiamo visto con l’Iran, la politica delle sanzioni in una strategia industriale non è mai positiva. Sanzione corrisponde alla limitazione non solo dello Stato o Paese sottoposto, ma a tutto l’insieme che gravita intorno. Mi riferisco in particolare alle strategie da adottare da parte delle aziende e dei partner commerciali. Quando entriamo in un ‘regime di sanzioni’ la nostra difficoltà è quella di decidere, rapidamente, la politica economica-commerciale da seguire e, considerare il rapporto che si andrà a compromettere non solo con le istituzioni finanziarie (banche internazionali) che ci sostengono, ma anche con i rapporti diplomatici, istituzionali ed altri. La politica delle sanzioni ha sempre portato ad una massiccia diversificazione per l’approvvigionamento di prodotto, almeno nel nostro settore, vedi situazione Iran. Canada, Arabia Saudita ed altri Paesi, ad oggi non possiamo azzardare previsioni se la situazione non diventa più chiara. Certamente assisteremo ad una rivoluzione delle agreement economici-commerciali sul piano internazionale.

Guardiamo all’OPEC: da inizio anno il Venezuela lo presiede. Cosa succederà all’interno dell’OPEC? Come si modificheranno gli equilibri e le politiche OPEC? L’Arabia Saudita si sta sfregando le mani e l’Iran si sta preoccupando?

Dagli ultimi meeting a Vienna, per il Governo venezuelano l’Arabia Saudita si è sottomessa al volere degli Stati Uniti quando ha iniziato ad aumentare lo scorso luglio la produzione di petrolio, dopo che il Presidente Trump ha accusato l’OPEC di mantenere artificialmente alti i prezzi del petrolio. Grazie a questa produzione da record, i prezzi diminuiscono ancora e l’OPEC deve ricominciare a tagliare i prezzi, anche se non tutti i Paesi membri possono permetterselo e il Venezuela è tra questi.OPEC, lo stiamo già dicendo da tempo, oggi non è più quel Cartello a difesa dei Paesi produttori ed esportatori di Petrolio. Questo declino di leadership è iniziato quando l’Organizzazione viennese ha stravolto le proprie politiche e road-map interne, iniziando a dialogare con terzi, pur di assicurarsi piccole quote di mercato. Questa evidenza di paura da parte dell’Opec è stato elemento fondamentale alla scissione interna dove il Qatar si è fatto apripista. Gli equilibri all’interno dell’Opec da anni non esistono più e, in questi tempi tutti i Membri dell’Organizzazione stanno attuando politiche e strategie indipendenti per salvare i propri interessi. Questo all’interno dell’Opec non era mai successo. Infatti da Statuto tutte le decisioni da seguire devono essere perese all’unanimità.   

Chi investirà nella ricostruzione del settore petrolifero in Venezuela se Maduro cade? Si aprirà una battaglia tra Russia e Stati Uniti?

Mi permetta di dire queste poche parole e di fare chiarezza. Ormai il vestito sartoriale cucito sul sottoscritto è risaputo. Quello che Marsiglia ha sempre appoggiato i dittatori con Mahmud Ahmadinejad in Iran, Saif al-Islam Gheddafi in Libia e in questi ultimi giorni ho letto di essere un pro Maduro. Portiamo avanti e porto avanti nonchè rappresentiamo l’interesse energetico industriale ed economico di un settore.  Se personalmente potrei fare delle considerazioni a livello politico, ma non è questo il caso e la sede, a livello imprenditoriale ed industriale la nostra missione è quello di preservare gli interessi economici ed industriali nonché gli investimenti che le nostre aziende hanno in quel Paese, Stato, Regime o altro. Tutti gli altri scenari di carattere e temi diversi, sono fondamentali per noi e per la comunità internazionale, ma il business è ben altro. Saranno parole forti, ma è la realtà. Venezuela per gran parte dell’indotto petrolifero/energetico internazionale si chiama Nicolàs Maduro e prima si è sempre chiamato Hugo Chàvez. Ho i miei dubbi e, non solo i miei, che gli Stati Uniti riusciranno in questa ‘astratta operazione’ di conquista. Quindi mi riservo di poter vedere cosa succederà nei prossimi giorni.

E la Cina che farà?

Le aziende che sono coinvolte con diversi investimenti con il Venezuela hanno già preso dovute precauzioni da tempo. Come dicevo, in questi situazioni una voce di perdita, seppur piccola o per breve periodo e da mettere in budget. Tra tanti, forse la Cina è stata l’unica ad esprimersi apertamente una posizione di vicinanza nei confronti del Venezuela, gli altri hanno un po’ di timore a pronunciarsi. Siamo curiosi di conoscere la voce italiana in merito, visto che anche questa volta Europa ed Italia hanno espresso pareri discordanti e, questo ci ha ben comprendere molteplici altre situazioni da gestire.

 

Venezuela e l’astratta operazione USA di conquista del petrolio di Maduro