Libia, nel Fezzan non temono l’arrivo del generalissimo Haftar

Nati da poco più di tre mesi il movimento di protesta degli abitanti del sud della Libia denominato “Rabbia del Fezzan”, prosegue la sua attività per chiedere  sicurezza, lavoro e sviluppo. Lo riporta l’agenzia di stampa italiana Nova. Anche a seguito dell’avvio a metà gennaio di un’offensiva militare delle forze fedeli al generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, finalizzata a prendere il controllo di Sebha, la più importante città a sud della Libia, e delle aree adiacenti nella zona sud-occidentale del paese. In molti erano convinti che con l’arrivo di Haftar il movimento della “Rabbia del Fezzan” avrebbe perso il controllo dei siti vitali della zona, dai giacimenti petroliferi agli acquedotti, che sono considerati anche gli obiettivi “non dichiarati” delle forze di Haftar.

Nova ha intervistato Bashir Sheik, coordinatore e fondatore del movimento giovanile, responsabile della chiusura del campo petrolifero del deserto libico di Murzuq. Il giovane libico ha spiegato che “ancora adesso” le attività del movimento “incidono nella situazione sul terreno, godendo del supporto delle tribù e delle municipalità del sud”.

Parlando dei cambiamenti e dei risultati ottenuti dal gruppo in questi mesi, Sheik ha affermato: “Il nostro movimento è formato da persone provenienti da diverse zone del sud. Abbiamo avviato questa iniziativa dopo che la situazione nel Fezzan era diventata insostenibile e perché lo Stato non reagisce se non viene provocato. In particolare dopo la nostra ultima manifestazione, che nessun media ha seguito, abbiamo deciso di chiudere l’impianto petrolifero di al Sharara”. Per quanto riguarda il sostegno di cui gode il movimento, il suo leader sostiene di beneficiare “ancora del supporto di tutte le componenti del Fezzan”. A detta di Sheik, il successo del movimento è reso evidente dal fatto che il sostegno al gruppo “si traduce in rifornimento di carburante, di gas e di soldi”. Un sostegno che “era inaspettato per alcuni”, ha sottolineato ancora l’esponente libico.

Sheik ha evidenziato in particolare come il movimento “Rabbia del Fezzan” goda “del sostegno di tutte le tribù e non parteggi per nessuna di esse, riuscendo ad arrivare presso tutti i sindaci e parlamentari eletti nella regione, oltre alle forze politiche e sociali e in tutti i villaggi”. A proposito della mutata situazione nel sud della Libia per l’arrivo delle forze dell’autoproclamato Esercito nazionale libico, Sheik ha spiegato che questa offensiva “non contrasta con i nostri obiettivi anche se la nostra arma più forte, quella di esercitare pressioni su Tripoli tramite i siti petroliferi, sia anche il loro obiettivo non dichiarato nel prossimo futuro. Sin dall’inizio abbiamo chiesto la messa in sicurezza dei cittadini e l’attuazione della legge nel Fezzan. Finora noi non siamo contrari a nessuna forza che venga nella regione per metterla in sicurezza, che sia dell’est o dell’ovest”.

Il coordinamento generale del movimento ci tiene a sottolineare che la necessità di sviluppo della regione è tra i motivi principali che lo hanno spinto a muoversi in questo senso e che è alla base anche del fenomeno dell’immigrazione illegale presente nella regione. “Come tutti sanno – ha affermato Sheik – la mancanza di sviluppo ha spinto alcuni ad unirsi ai gruppi di trafficanti di esseri umani e a compiere altri crimini. Noi stessi soffriamo per la presenza di questo fenomeno e ne siamo preoccupati per le conseguenze che ha per la regione”. Sheik si dice pronto a dare il proprio contributo, e quello del movimento, per combattere le migrazioni illegali e ha chiesto per questo al governo di Tripoli il sostegno necessario per farlo.

Per quanto riguarda la vicenda della chiusura dell’impianto petrolifero di al Sharara a seguito dell’occupazione da parte degli attivisti del movimento, il coordinatore di “Rabbia del Fezzan” incolpa per la prosecuzione della chiusura degli impianti il presidente della compagnia petrolifera nazionale National Oil Corporation (Noc), Mustafa Sanallah, il quale “ha decretato lo stato di forza maggiore nella zona”. Per risolvere questo problema, il movimento intende tenere un’assemblea popolare prossimamente, che riunisca giovani e notabili anziani del sud in un’importante unione intergenerazionale, alla presenza di tutte le forze nazionali provenienti da ogni componente del sud e da tutte le città. Scopo dell’incontro è far sì che il governo affronti quanto emerso dalla consultazione. In caso contrario, il movimento è pronto a tornare al confronto.

Sheik ha espresso un giudizio negativo per quanto riguarda la visita compiuta dal premier del governo di accordo nazionale libico di Tripoli, Fayez al Sarraj, negli impianti di al Sharara lo scorso 19 dicembre, al termine della quale era stato annunciato il raggiungimento di un accordo che avrebbe riportato alla riapertura degli impianti petroliferi: “Le promesse fatte dal premier, tra le quali lo stanziamento di un miliardo di dinari libici per lo sviluppo del sud, non hanno trovato realizzazione se non molto lentamente. Il governo deve ascoltare le esigenze del sud e i progetti proposti per l’uso di questi fondi devono rispondere alle esigenze della popolazione”.

Il coordinatore generale del movimento “Rabbia del Fezzan” ha infine apprezzato gli sforzi del governo italiano a sostegno del sud della Libia, in particolare quando in passato Roma ha sponsorizzato alcuni accordi di riconciliazione tra tribù della regione; questo nonostante si registrino dei ritardi nel rispetto delle promesse fatte riguardo il pagamento dei risarcimenti promessi a chi ha subito dei danni negli scontri tra milizie tribali e nei progetti di sviluppo. Al tal riguardo, Sheikh ha sottolineato l’importanza di lavorare nel sud “attraverso veri partner sul terreno e non scegliendo le persone sbagliate”.

Proprio oggi il presidente della National Oil Corporation, Sanallah, ha chiesto la creazione di una forza “nazionale” incaricata di proteggere le installazioni petrolifere vitali per l’economia del paese nordafricrano. In un’intervista rilasciata al quotidiano britannico “The Guardian”, Sanallah ha affermato che una tale forza dovrebbe essere posta sotto il comando diretto del governo di Sarraj, riconosciuto dalle Nazioni Unite. Per il presidente della Noc, inoltre, la forza a protezione degli impianti petroliferi in Libia dovrebbe disporre di un bilancio annuale di almeno 10 milioni di dollari (8,7 milioni di euro). Soprattutto, per essere veramente efficace, la forza auspicata da Sanallah dovrebbe coinvolgere anche l’Lna del generale Haftar, che controlla la Cirenaica ed è rivale di Sarraj. Soltanto in questo modo, sostiene Sanallah, questa forza sarebbe in grado di contrastare le milizie che a più riprese si sono impadronite delle installazioni petrolifere essenziali per l’economia della Libia al fine di estorcere denaro dalla Noc.

Nell’intervista al “Guardian”, Sanallah ha poi sollecitato una “nuova generazione di giovani politici libici” a farsi avanti e a proporre nuove idee per la pacificazione del paese. Il presidente della Noc ha, quindi, chiesto alle potenze straniere di rinunciare alle loro “affrettate e insostenibili” proposte per la soluzione della crisi in Libia. Infine, Sanallah ha accusato la Francia e l’Italia di litigare sul futuro della Libia solo per ragioni tutte interne alla politica europea, piuttosto che per ricercare il bene del paese nordafricano. Sanallah, ha manifestato però la sua preoccupazione per l’operazione delle forze del generale Haftar nel Fezzan, affermando che la riapertura del giacimento di Sharara “è diventata ora più complicata”.

Parlando alla Chatham House a Londra, Sanallah si è detto preoccupato per ciò che potrebbe verificarsi nella regione e alle strutture petrolifere a causa degli avvenimenti nella Libia meridionale: “La mia preoccupazione è che sia stata avviata una sequenza di eventi con conseguenze imprevedibili per la Libia”. Sanallah ha ribadito che il gruppo armato che controlla l’impianto di al Sharara deve lasciare la zona, altrimenti la Noc non potrà considerare la possibilità di riprendere la produzione. La soluzione migliore per la sicurezza del campo in questione, secondo Sanallah, è quella di schierare una forza delle Guardie petrolifere (Pfg) gestita dalla Noc, anche se che la compagnia adotterebbe questa opzione con una certa riluttanza. “La Noc ha suggerito che, come misura immediata, una forza mista potrebbe fornire una soluzione all’interno di un quadro di sicurezza negoziato dal governo di accordo nazionale a Tripoli e con il sostegno delle Nazioni Unite”, ha aggiunto Sanallah. Il giacimento petrolifero è chiuso per cause di forza maggiore dallo scorso dicembre. “La Libia sta ora producendo poco meno di un milione di barili al giorno”, ha detto Sanallah.

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