(di Massimiliano D’Elia) Una crisi di governo modello “soap opera”, ogni giorno una novità. Un video, una lettera, una nota: tutto via social. Oggi alle 15.00 il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte in Aula al Senato darà le sue comunicazioni alle quali, molto probabilmente, risponderà il vice premier e ministro dell’Interno Matteo Salvini. I voti per la mozione di sfiducia a Giuseppe Conte sono risicati, verosimilmente i senatori renziani sono determinanti. Le strade dovrebbero essere già tracciate, dopo la votazione Giuseppe Conte salirà al Quirinale per rassegnare le dimissioni. Da quel momento il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella inizierà le consultazioni con i partiti. Parola d’ordine del Capo dello Stato: “chiarezza, velocità e proposte di maggioranza di ampio respiro, l’alternativa le urne il 27 ottobre”.
Nel frattempo continuano gli incontri tra i colonnelli di PD e M5S. Il capo politico del M5S, Luigi Di Maio sente puzza di bruciato (i big del Movimento vogliono la sua testa) e non chiude al ritorno con la Lega, lo avrebbe fatto capire ieri alla riunione dei gruppi parlamentati del Movimento: “Non apriamo ne chiudiamo a nessuno“.
Magari un Conte bis chiedendo a Salvini di uscire dal Governo e rinunciare, quindi, al Viminale. Un’ipotesi che, così come riportato dalla stampa oggi, sarebbe stata suggerita a Salvini anche da Giancarlo Giorgetti. Dubito che il leader del Carroccio accetti tale affronto, perché prederebbe credibilità nei confronti dei suoi sostenitori.
Così come scrive il Corriere della Sera, fonti di primissimo livello del M5S hanno riferito che durante l’incontro a casa di Grillo tra i big pentastellati Casaleggio avrebbe detto: “Ah, Luigi, tu sei quello che vuole andare al voto, ho capito bene? Forse non ti è chiaro che se si va al voto oggi, domani, tra sei mesi o tra sei anni, il Movimento è morto. Ed è morto anche perché non sei stato in grado di guidarlo”. Parole come pietre, che facevano pesare un sondaggio riservato che vede il Movimento, in caso di elezioni tra il 7 e l’8 per cento.
L’exit srategy per Di Maio sarebbe: “Ci hanno chiesto di accettare che Di Maio faccia il ministro dell’Interno nel nuovo governo“, avrebbe sussurrato un pezzo da novanta del Pd, scrive sempre il Corriere della Sera.
Per quanto riguarda il discorso di Giuseppe Conte non sarà tanto il discorso di un premier dimissionario, quanto, raccontano più fonti, una vera e propria requisitoria politica che ha come unico bersaglio il “traditore” Salvini.