(di Massimiliano D’ELIA) Mark Zuckerberg oggi è domani sarà dinanzi alle commissioni commercio e giustizia del Senato americano per riferire sui recenti scandali che hanno colpito la sua invenzione, Facebook.
La prospettiva di nuove leggi che limitino Facebook e altre aziende internet, è estremamente improbabile non solo a causa di una mancanza di volontà politica oppure per pressioni delle aziende legate alla tecnologia ma perché la questione in esame e’ cosi complessa che richiederebbe sforzi e risorse ingenti per un problema difatti ritenuto non sconvolgente. Zuckerberg è previsto che testimoni prima di una udienza congiunta delle commissioni del commercio e della giustizia del Senato.
Il CEO di Facebook dovrà cercare di chiarire come la Russia sia riuscita ad avere ingerenze nelle elezioni presidenziali del 2016 con la piattaforma più famosa e diffusa al mondo e se lui stesso era a conoscenza che una società di consulenza come Cambridge Analytica avesse i dati e profili di circa 87 milioni di utenti.
Il senatore democratico Bill Nelson, della commissione sul commercio ha già detto di non aspettarsi nulla di nuovo dal confronto con Zuckerberg perché saranno 44 Senatori a fare domande, ovvero sviluppare concetti in soli 4 minuti a testa. Il confronto, sostiene Nelson sarà solo un eccellente palcoscenico mondiale per Zuckerberg.
La senatrice democratica Dianne Feinstein, della commissione giustizia ha detto ai giornalisti che per il 33enne Zuckerberg sarà una bella opportunità per mettere fine alla vicenda, senza spiegare i tecnicismi che hanno generato la vicenda.
I sostenitori della privacy hanno chiesto al segretario Sarah Sanders di portare al Senato la proposta di far approvare nuovi regolamenti, almeno per il futuro, lasciando indietro il passato.
I repubblicani sono contrari a nuovi regolamenti e sono convinti che imprese del mondo digitale non abbiano bisogno di bavagli. “Non voglio fare del male a Facebook, non voglio regolamentare per ridurre al 50 per cento l’essenza di Facebook”, ha detto il senatore repubblicano John Kennedy della Lousiana.
L’essenza di Facebook infatti, ovvero, la massima pervasività e’ il segreto del successo dove si concentrano milioni di dollari in un indotto inimmaginabile di aziende americane e straniere.
Tarpare le ali a Facebook vuol dire mettersi una benda davanti agli occhi per non vedere la realtà.
Parliamo di realtà immateriale, un terreno di confronto nuovo ed inesplorato per certi versi, dove già si combattono le cosiddette guerre ibride.
Conflitti senza armi convenzionali ma più efficaci. A quanto pare Mosca in questi “ambienti” starebbe avanti rispetto alle altre superpotenze mondiali, vedasi caso annessione Crimea. Limitare con legacci Facebook non è la soluzione al problema, occorre attrezzarsi e studiare nuovi modi “virtuali” di contrasto. La Cina, ad esempio, durante le elezioni del congresso ha oscurato il 90 per cento del web sul territorio asiatico, riuscendo ad escludere anche le VPN. In Italia per la prima volta nella storia le campagne elettorali si sono svolte sui social in maniera preminente. I servizi di intelligence utilizzano i social per scovare terroristi alle prime armi, oppure capire e profilare i sospettati. Insomma Facebook deve essere considerato più come uno strumento che una minaccia: una sorta di patrimonio per l’umanità da non demonizzare.
Sta a chi lo utilizza riuscire ad interpretare i messaggi che desidera cogliere dalla rete. I Governi, invece, si dovranno attrezzare per competere ad “armi” pari nei nuovi ambienti “immateriali”.