La direzione distrettuale antimafia e l’antiterrorismo di Genova hanno predisposto il fermo e la perquisizione della nave “Bana”, attualmente ferma al terminal Messina di Genova. La Digos e la capitaneria di porto stanno portando avanti una perquisizione congiunta, “hanno sequestrato la scatola nera della nave, le mappe, i pc, i libri di bordo e tutta la documentazione che possa essere utile a ricostruire i percorsi del cargo”.
Sebbene infatti la stiva della nave, battente bandiera libanese, è attualmente vuota, un video ampiamente diffuso sui social network mostra vari mezzi militari, tra cui carri armati nella stiva della nave, che sarebbero già stati consegnati alle forze affiliate al Governo di Accordo Nazionale (GNA) e agli estremisti precedentemente. Il filmato è giudicato molto attendibile dagli investigatori nel senso che è stato girato proprio nella pancia della Bana, mentre l’armatore aveva dichiarato sulla carta di trasportare solo auto “radiate”, cioè quei veicoli che vengono cancellati dai registri europei per essere esportati altrove, in questo caso in Nord Africa.
La Turchia dai primi di gennaio ad oggi ha spedito in Libia oltre 4000 combattenti, tra mercenari, ribelli e pericolosi jihadisti attraverso voli di linea. Non è da escludere l’impiego di navi mercantili per trasportare mezzi militari e risorse umane. Tanto che la Francia ha inviato delle proprie fregate nel Mediterraneo per monitorare tali movimenti.
Secondo il “Secolo XIX” , la nave, ufficialmente, sarebbe entrata nel porto di Genova per un’avaria e sarebbe stata trattenuta per controlli tecnici. Ma dopo tre giorni di sosta, da bordo è sceso un giovane marinaio che ha una storia da raccontare. Ha 25 anni, è il terzo ufficiale di coperta. Si presenta alla stazione della polizia marittima, dove chiede protezione e l’asilo politico, in cambio del racconto di ciò che dice di aver visto durante la sua permanenza sulla Bana: un traffico d’armi illegale tra Turchia e Libia.