“La base di Sigonella, per quanto riguarda il Mediterraneo e il Medio Oriente, ha spiegato a Tiscali News l’ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, oggi docente di Geopolitica all’UNI Cusano, ha sempre rappresentato una sede logistica importante (ma non l’unica) per il supporto alle operazioni effettuate in quelle aree. La sua importanza è sia geografica che strategica: nella base la Nato ha ubicato i droni strategici RQ-4 Global Hawk”. Nel 2016, un articolo del Wall Street Journal rivelò che il nostro Governo aveva stretto un accordo con gli Usa per permettere l’uso di UAV (velivoli senza piloti) armati che sarebbero dovuti decollare da Sigonella per coprire missioni in Nord Africa, per primo in Libia.
Bastano quei fatti per capire qual è l’importanza dell’aeroporto militare ‘Cosimo Di Palma’ (sede del 41/o Stormo AntiSom e dell’11/o Reparto Manutenzione Velivoli dell’Aeronautica militare italiana) che ospita anche, e soprattutto, la Naval air station (Nas) della Marina Usa. Nella struttura sono impiegati tra i 4 mila e i 5 mila militari. Tra gli aeromobili di stanza in questa base, droni armati, aerei spia Global Hawk ed U-2, varie tipologie di velivoli da trasporto, da rifornimento in volo, da pattugliamento marittimo e anti-sommergibile. Trump, impegnato in un duello con Putin per mettere le bandierine in Siria, ha chiesto all’Italia l’utilizzo di quella che già Mussolini aveva considerato la portaerei più importante del Mediterraneo.
Gli Usa sul territorio italiano hanno costruito nel corso degli anni un dispositivo articolato che potrebbe essere messo in moto in caso di una escalation della guerra in Siria e di attacco americano. “Il coinvolgimento politico dell’Italia in Siria è sempre stato escluso dai nostri governi, che invece hanno sempre avvallato le operazioni anti Isis in Iraq: anche se in Kuwait l’Italia non ha mai autorizzato l’utilizzo delle armi ha però permesso il rifornimento in volo degli aerei alleati; un assetto chiave, per dare continuità alle operazioni in aree così vaste. Per le operazioni in Siria, dove la Nato non è impegnata, il nostro Paese garantirà l’appoggio politico, ma non il supporto militare. L’appoggio politico è stato già espresso dal presidente del Consiglio Gentiloni, che si è anche detto disponibile a concedere l’impiego delle nostre basi purché sia rispettata l’osservanza delle direttive (ci sono regole da rispettare ogni volta che si impiegano basi per fini che non siano l’addestramento)”, spiega il generale Preziosa.
Che il conflitto siriano non sia più solo una guerra regionale lo dimostrano anche le dichiarazioni di Mike Pompeo, il neo segretario di stato Usa (definito dall’opposizione ‘falco guerrafondaio’) ha riferito nella sua audizione di conferma al Senato che in Siria, qualche settimana fa, sono stati uccisi circa 200 mercenari russi nei raid Usa contro le forze pro Damasco. Si tratta di un bilancio più alto di quello evocato dall’amministrazione americana, che finora aveva parlato di circa 100 combattenti filo regime uccisi nella regione di Dei Ezzor il 7 febbraio scorso. Mosca aveva riconosciuto la morte solo di cinque cittadini russi non membri dell’esercito e di decine di altre vittime. Insomma, l’amministrazione Trump preferisce aizzare i nazionalisti americani, perché più che la Siria, a togliere il sonno al presidente Stelle e Striscie è il Russiagate. Il nostro governo deve valutare anche questi, non secondari, fattori.
Anche perché spezzare le reni all Russia non è mai stata cosa facile. Preziosa getta acqua sul fuoco: “L’uso delle armi è stato annunciato più volte, poi non se n’è fatto nulla, o sono state utilizzate in tempi diversi e con modalità meno rischiose”. La nuova diplomazia ha messo da parte il negoziato, da sempre portato avanti da ambasciatori e i ministri degli Esteri, a favore di una serie poco credibile di twitter, “che vanno analizzati giorno per giorno: un tweet non è mai un’analisi seria”. Ecco perché ai twitter in genere si fa seguire un periodo di riflessione. “Sinora in quelle comunicazioni non ci sono elementi tali da far presumere chissà quali azioni ostili degli Usa nei confronti della Russia o viceversa”. Insomma, Trump e Putin stanno giocando a far vedere chi ce l’ha più grosso. Del resto spiega ancora il Generale, “le armi chimiche sono state già utilizzate in passato e non hanno portato a un conflitto Usa-Russia”.
Qualche problema però c’è, perché è evidente che la Russia sta rispondendo alle provocazioni Usa dello scorso 12 aprile: “Se vi permettete di colpire in Siria target con il potere aereo le difese russe interverranno per evitarlo”, aveva detto il premier russo. Gli statunitensi hanno interpretato quelle parole come una sfida, a un affronto che va comunque ricondotto nella querelle siriana. “Non sarà questo episodio a far scoppiare grandi problemi per l’umanità. Spero”. Anche perché dietro questo momento storico ci sono due grossi schieramenti: “Da una parte c’è la Russia con Iran e Cina, quindi il punto in discussione non è la Siria, ma gli equilibri dei due schieramenti. Non vedo per ora quel grande disequilibrio che possa portare alla guerra”, ha concluso l’ex Capo di Stato Maggiore.