(di Nicola Simonetti) Epilessia, “male sacro”, che genera facile vergogna, crea stigma, induce disuguaglianze di assistenza e di trattamenti.
La parola epilessia deriva dal verbo greco epilambano, che significa “’cogliere di sorpresa”, quello che, appunto, fanno le crisi.
Improvvisa perdita di coscienza con caduta a terra, irrigidimento di tutto il corpo, arresto del respiro, cianosi, bava alla bocca, scosse ritmiche di tutto il corpo hanno fatto considerare la malattia come un “Mal Sacro” o come ‘Possessione demoniaca’ (Ippocrate intitolò il suo trattato del V secolo a.C. sull’Epilessia “La Malattia Sacra”).
In occasione della Giornata Internazionale Epilessia che si celebra il 10 febbraio, la Società Italiana di Neurologia (SIN) fa il punto su questa patologia neurologica che risulta essere tra le più diffuse, tanto da venir annoverata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) tra le malattie sociali.
L’epilessia, infatti, colpisce circa 50 milioni di persone in tutto il mondo e, nei paesi industrializzati, essa interessa 1 persona su 100: si stima, pertanto, che in Europa le persone affette siano 6 milioni e in Italia circa 500.000.
Questa patologia si può manifestare in tutte le età, ma registra, in particolare, due picchi di incidenza: uno nei primi anni di vita, legato in misura maggiore a cause genetico-metaboliche, ma anche a rischi connessi a eventuale sofferenza perinatale, e l’altro in età più avanzata, in virtù della maggiore incidenza, negli anziani, di malattie vascolari e neurodegenerative e anche per l’aumento dell’aspettativa di vita.
L’aspetto più negativo della malattia riguarda il fatto che le crisi possono manifestarsi all’improvviso, in qualsiasi momento e contesto, e possono provocare la perdita di coscienza con conseguenti cadute traumatiche e lesioni anche gravi; inoltre, se le crisi non sono ben controllate, causano forti limitazioni nella vita quotidiana dei pazienti, dalle attività lavorative alla vita affettiva e sociale, e un peso psicologico enorme da sopportare.
“I progressi scientifici degli ultimi anni – ha dichiarato il Prof. Giancarlo Di Gennaro, Direttore UO Centro per la Chirurgia dell’Epilessia IRCCS NEUROMED, Pozzilli (IS) e Coordinatore Gruppo di Studio Epilessia SIN – hanno fatto registrare numerose scoperte nel campo della genetica e delle scienze di base, con significativi passi avanti nella comprensione dei meccanismi molecolari che generano le crisi epilettiche, così come hanno portato a un ricco armamentario di farmaci antiepilettici efficaci, con meccanismi d’azione sempre più innovativi e in genere con migliore tollerabilità”.
In quel terzo dei pazienti che risultano farmacoresistenti, inoltre, è possibile valutare, dopo un accurato studio pre-chirurgico multidisciplinare, la possibilità di un trattamento chirurgico finalizzato a rimuovere la regione di corteccia cerebrale responsabile delle crisi, spesso con ottime possibilità di guarigione. Infine, nei casi farmaco resistenti, che non possono essere operati, vi è la possibilità della cosiddetta “neuromodulazione”, ossia un trattamento palliativo mediante l’impianto chirurgico di dispositivi (stimolazione vagale o stimolazione cerebrale profonda) che erogano stimoli elettrici diretti al cervello, in grado di ridurre il numero e la gravità delle crisi.
La malattia interessa il genere maschile poco più del femminile, differenza di genere che potrebbe essere dovuta al genotipo, ad una differente prevalenza di fattori di rischio nei due sessi o all’occultamento della patologia nelle donne per ragioni socio-culturali.
La comparsa nel primo anno di vita è, in parte, spiegato dal ruolo causale di fattori genetici e da rischi connessi a varie cause di sofferenza perinatale. L’aumento di incidenza nella popolazione più anziana è dovuto ad un incremento dell’aspettativa di vita e al concomitante aumento delle patologie causa di epilessia legate all’età: ictus cerebrale, malattie neurodegenerative, tumori e traumi cranici.
Un aiuto ai malati viene da cani addestrati a riconoscere l’arrivo imminente di una crisi avvertendo così il padrone e tutti coloro che gli sono vicini, in modo da poter intervenire tempestivamente.
In Italia, si stima in oltre 880 milioni di Euro la spesa a carico del SSN per l’epilessia e un impatto sulla spesa farmaceutica di più di 300 milioni di Euro all’anno, pari a un costo medio per paziente di oltre €600 (variazioni individuali a secondo di forma dell’epilessia e di eventuali altre patologie presenti nello stesso soggetto).
“La malattia può presentarsi anche in tenera età e specie bambini e ragazzi – denuncia la Società italiana medici pediatri – ne sono penalizzati da pregiudizi, ancora troppo pesanti, secondo il 57% di mamme e papà. Solo il 12% dei bambini è ben integrato e non subisce discriminazioni, uno su tre non ha amici, il 53% solo una cerchia ristretta con cui è riuscito a integrarsi. Il pediatra di famiglia rimane punto di riferimento insostituibile per 1 genitore su 2, anche se 1 si 5 si affida a internet per le informazioni sulla malattia del proprio figlio”.
Ancora c’è molto da fare per le persone con epilessia: è necessario incrementare sempre di più la ricerca scientifica e rafforzare le politiche socio sanitarie a favore dei pazienti per migliorare così l’accesso alle cure ed elevare sempre di più gli standard diagnostico-terapeutici. Bisogna però soprattutto educare ed informare le persone circa l’epilessia, sostenendo su larga scala azioni informativo/educative, in particolare nelle scuole primarie e secondarie, allo scopo di abbattere i pregiudizi e le discriminazioni sociali che ancora purtroppo caratterizzano questa patologia.
Il ricorso a centri qualificati è importante. Il riconoscimento di centro “ad assetto avanzato”, corrispondente al livello di massima operatività viene conferito ai centri specializzati per l’epilessia dotati di una equipe multidisciplinare, di una piena attività scientifica e diagnostica/terapeutica e di una strumentazione di alto livello tecnologico in grado di effettuare monitoraggi video-EEG prolungati, inclusa la selezione pre-chirurgica dei pazienti con epilessia farmacoresistente.
Si distingue, tra gli altri, il “Centro per lo Studio e la Cura dell’Epilessia” della Struttura Complessa di Neurologia Universitaria degli “Ospedali Riuniti” di Foggia. Si tratta di uno dei pochi “centri avanzati” riconosciuti in Italia ed è l’unico in Puglia. Inserito nella Struttura Complessa di Neurologia Universitaria, direttore il Prof. Carlo Avolio, del Dipartimento di Neuroscienze, Direttore il Dott. Ciro Mundi, il Centro per lo Studio e la Cura dell’Epilessia ha nella sua équipe neurologi, neurologi in formazione, tecnici di neuro fisiopatologia, infermieri e psicologa.
“Il riconoscimento di centro ad assetto avanzato ci inorgoglisce e premia gli sforzi assistenziali e organizzativi svolti in questi anni”- ha dichiarato il responsabile del centro Dr. Giuseppe d’Orsi.
“L’importante riconoscimento non rappresenta un punto di arrivo, ma una ulteriore spinta a rafforzare il centro per lo studio e la cura dell’epilessia per offrire il massimo supporto con umanità e professionalità ai pazienti e alle loro famiglie”- conclude il Direttore Generale del Policlinico di Foggia, Dott. Vitangelo Dattoli.