(di Andrea Pinto) Ieri un piccolo antipasto di quello che potrebbe accadere con un governo giallo-rosso. Luigi Di Maio, dopo l’incontro con il premier incaricato Giuseppe Conte ha rimesso la palla a centrocampo rilanciando con 20 proposte del MoVimento irrinunciabili. Non si tocca il decreto sicurezza bis, si dovrà procedere con l’autonomia progressiva, togliere la gestione delle autostrade ad Atlantia e tagliare i parlamentari. Questi i punti più indigesti per il Pd che hanno mandato su tutte le furie Nicola Zingaretti: “Gli slogan non ci bastano serve concretezza. Noi non guardiamo ai colori delle forze politiche, lavoriamo per il Paese”. Zingaretti, ha spiegato poi ai suoi: “Mi ha detto che deve chiedere agli altri. Non ha neanche il potere di decidere“. Il capogruppo Stefano Patuanelli butta acqua sul fuoco: “Nulla di cui preoccuparsi, si troverà una soluzione“. Eppure era stato proprio lui, in un’intervista al Foglio a spiegare che se il Pd vuole un governo solido, deve sapere che la presenza di Di Maio in un ruolo di prestigio è una garanzia di stabilità. Il problema di fondo è il ruolo di Di Maio all’interno del nuovo Governo: vicepremier? Ministro dell’Interno, della Difesa, del Lavoro? Il Pd, quindi, vuole capire se c’è o meno il veto su Di Maio: “È inaccettabile, noi non lo abbiamo messo su Zingaretti”.
Le accuse di Di Maio: il Pd non vuole la legge sul conflitto di interessi, non vuole fermare le trivelle, non vuole fermare gli inceneritori. Il preludio di un matrimonio con divorzio già scritto.
Anche dal Quirinale si registra un certo nervosismo. Giuseppe Conte avrebbe chiesto più tempo, ricevendo un secco no dal presidente della Repubblica. Nel frattempo Matteo Salvini continua i suoi consueti incontri con la gente della Lega. Ieri a Conselve, in provincia di Padova, ha indossato una polo dell’Aeronautica Militare e ha abbracciato il suo popolo che lo incitava a non mollare.
In molti all’interno del Pd pensano che Di Maio, ormai accerchiato nel Movimento, stia ancora tessendo la tela con Matteo Salvini. La Lega dal canto suo ora sta applicando la tecnica del “pop corn”, rimane a guardare anche perché sa che la fiducia del governo al Senato non è poi tanto scontata. Bastano pochissime defezioni, 6-7 per mandare tutto all’aria. Molti 5Stelle potrebbero essere tentati nel non votare la fiducia sperando una rielezione sicura nelle file della Lega.
Nei prossimi giorni se ne vedranno delle belle, specialmente dopo l’esito delle consultazioni della Piattaforma Rousseau.