“Ma che vuole Luigi Di Maio? Non sono un ministro, ovvero un sottosegretario, non ho giurato sulla Costituzione francese”, così il neo consigliere di Macron, l’italiano Sandro Gozi, ha risposto alle polemiche italiane in un articolo di Repubblica.
Occorre ricordare che Sandro Gozi è stato un politico nelle fila del partito democratico e sottosegretario agli Affari Ue nei governi Renzi e Gentiloni.
L’attacco italiano al politico del PD è giunto in maniera quasi corale dai politici nostrani, che hanno invocato, addirittura, il ritiro della cittadinanza italiana.
Il Gozi transalpino in risposta ha ricordato i riferimenti bui della storia agitando lo spettro del criptofascismo: “A Parigi sono sbalorditi. La mia collaborazione è vista come un segnale di amicizia. A Roma invece mi vogliono apolide”.
Alcuni intellettuali di sinistra definiscono Gozi un politico “transnazionale”, per non accusarlo di qualcosa di più grave.
Carlo Calenda su twitter, invece, è stato laconico: “Non si entra in un governo straniero, non si tratta di un gruppo di lavoro, ma di ricoprire per due mesi nel governo francese la carica che ha ricoperto nel nostro governo, conoscendo posizioni e interessi anche riservati non sempre coincidenti. Semplicemente non esiste”.
Poi sempre Calenda ha risposto a Ivan Scalfarotto che parlava di Europa come casa comune: “Se hai gestito dossier europei per il tuo governo avendo anche accesso a informazioni riservate non puoi andare a fare lo stesso lavoro o similare per un altro governo. Per due mesi poi è una ridicola e dannosa burla”.
Sempre Calenda ha rincarato la dose, sulla legge sul conflitto di interessi: “Se non puoi, dopo aver fatto il ministro, andare a lavorare in Eni per conflitto di interessi, non comprendo come possa essere consentito farlo per altro governo”.
Nel PD, rimarca il giornale di Belpietro “La Verità”, il silenzio è imbarazzante.
Piuttosto, meglio lanciare le seconde linee in quella che sembra una difesa kamikaze. “Storia, tragedia e farsa… Per i fascisti di una volta era “traditore” chi collaborava con le “demoplutocrazie”, mentre svendevano l’Italia all’invasore.
I fascistelli di oggi bastonano chi collabora con la democrazia francese mentre svendono l’Italia a Vladimir Putin”, twitta Andrea Romano, deputato e direttore di Democratica. Alessia Morani del PD: “Stamattina Di Maio ha dichiarato che vuole togliere la cittadinanza a Gozi. Proprio lui che voleva fare l’alleanza con i gilet gialli. La domanda a questo punto è: cosa vorreste togliergli al nostro statista del mandato zero?”.
Giorgia #Meloni, invece, non ha peli sulla lingua ed è stata la prima con una lettera al Giornale ad invocare la revoca della cittadinanza: “È semplicemente surreale che qualcuno che ha rivestito l’incarico di sottosegretario del governo italiano con delega agli Affari europei, appena dismesso quell’incarico assuma un incarico sostanzialmente analogo del governo francese”.
Poi la Meloni sui social: “Noi vogliamo sapere quali sono i meriti per i quali Sandro Gozi viene ripagato dai francesi. Per questo abbiamo presentato un’interrogazione e chiediamo al governo italiano di cautelarsi, di chiedere a Sandro Gozi di non accettare quell’incarico, ovvero di revocargli la cittadinanza come prevede una legge del 1991 evidentemente fatta contro i traditori.”
Matteo #Salvini, su twitter: “Noi stiamo con i carabinieri, qualcun altro va a trovare delinquenti. Noi stiamo con gli italiani, qualcuno evidentemente ha altri interessi. Pd, sempre dalla parte sbagliata”.
Ma quali “dossier” italiani conosce Gozi? Lo svela InsideOver
Quando Calenda era ministro e Gozi, allora nel governo italiano, sottosegretario per gli Affari europei, Roma e Parigi trattavano la fusione tra Fincantieri e Stx. Iniziava l’affaire di Saint Nazaire, uno degli intrighi industriali più importanti tra Italia e Francia e in cui Macron non appena eletto alla guida dell’Eliseo, ha messo subito la sua impronta. E non certo a favore dell’Italia. Tanto è vero che dopo alcuni mesi – con una mossa giudicata da Roma un vero e proprio sgarbo – il governo francese ha infatti scatenato l’Antitrust europeo per fermare l’acquisizione da parte di Fincantieri. Una mossa con cui i francesi si sono schermati dall’accusa di “nazionalismo”, invocando le regole della concorrenza europee, ma che di fatto è servito a Macron per fermare una fusione che non piaceva a Parigi per due ragioni: dare un vantaggio economico a un’azienda italiana e soprattutto avere l’Italia in quel cantiere. Meglio i sudcoreani degli italiani: questo il messaggi non troppo sottile inviato dalle rive della Senna a quelle del Tevere. Una vicenda per la quale l’Ad di Fincantieri Bono ha di recente minacciato le proprie dimissioni.
Se questo dossier bollente basterebbe a far capire il motivo di quanto siano importanti le parole di Calenda, che non a caso parla di “posizioni e interessi”, non va sottovalutato anche un altro dato: la presenza di Gozi nel momento in cui il governo Gentiloni (sotto l’egida di Sergio Mattarella) avviava le procure del “Patto del Quirinale”. Si tratta di un accordo con cui Italia e Francia, sul modello dell’accordo Parigi-Berlino del 1963, avrebbero dovuto coordinarsi su diverse politiche strategiche. Accordo rimasto molto vago e soprattutto senza importanza reale, visto che dopo circa un anno, Macron firmava con Angela Merkel il Trattato di Aquisgrana. E di fatto quello del Quirinale è diventato un patto di serie B. In Europa, la Francia non voleva l’Italia come partner: ma la Germania.
Mentre Parigi continuava a compiere sgarbi nei confronti di Roma, arrivava poi l’esplosione della crisi in Libia, con il generale Khalifa Haftar che avanzava verso Tripoli. Sostenuto proprio dalla Francia, che da sempre ha fatto modo che l’Italia non guidasse la transizione politica del Paese nordafricano, il maresciallo della Cirenaica ha di fatto colpito duramente il governo sostenuto dall’Italia. Ma non solo, con un assedio sostenuto da Egitto e potenze arabe, ha messo a repentaglio tutta la strategia delle Nazioni Unite e del governo italiano ponendo a rischio il nostro gas e dando il via a una potenziale escalation sul tema migranti. Il tutto con il sostegno della Francia che, guarda caso, ha inviato le sue forze speciali proprio dalle parti di Haftar. E che ha tutto l’interesse a far saltare i piani italiani. Ed era sempre Gozi, quello presente nel governo quando la crisi in Libia stava per riacutizzarsi.
Ora, con questi dossier bollenti che ci dividono e con un governo che è all’opposizione rispetto a quello cui partecipava Gozi, l’ex sottosegretario dem decide di passare dall’altra parte: a Parigi. Ed è evidente che questa mossa non può non essere considerata “inquietante”, come sostenuto da tutto l’attuale esecutivo ma anche dalle opposizioni. Quella che ha in mano Macron è un’arma: perché Gozi conosce perfettamente quello che succede a Palazzo Chigi, ha avuto in mano tutti i dossier che hanno direttamente contrapposto Italia e Francia.