(di Massimiliano D’Elia) Ieri il Consiglio dei ministri ha deciso di designare il nuovo ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Maria Buccino Grimaldi mentre Giuseppe Perrone assumerà l’incarico di nuovo ambasciatore a Theran.
L’Ambasciatore era stato richiamato a Roma la scorsa estate a seguito di polemiche con il Generale Haftar per le dichiarazioni sulle elezioni libiche che si sarebbero dovute tenere il 10 dicembre scorso, in seguito agli accordi, mai sottoscritti, a Parigi tra Macron, Haftar e Al Serraj. L’Ambasciatore Perrone dichiarò alla stampa che le elezioni del 10 dicembre non erano opportune poichè non esistevano le condizioni di sicurezza necessarie per votazioni davvero democratiche. Il tutto, per fortuna e bravura della diplomazia italiana è andato in fumo grazie al vertice di Palermo che ha sancito una “road map” condivisa, sotto egida Onu: un’assemblea generale libica a fine gennaio ed elezioni a maggio 2019. Certo è che il nominativo dell’Ambasciatore Buccino non è molto gradito al generale Kalifa Haftar che, in più occasioni, ha chiesto al premier Giuseppe Conte il rientro a Tripoli dell’Ambasciatore Perrone. Haftar ritiene che l’Ambasciatore Buccino sia molto vicino alla Fratellanza Musulmana di Misurata che si contrappone politicamente al sottogoverno di Bengasi.
Al riguardo, per meglio comprendere le criticità italiane in Libia è bene sapere nel gennaio del 2017 l’ambasciata italiana fu la prima a riaprire la sua sede a Tripoli con l’Ambasciatore Giuseppe Perrone. L’alto diplomatico è un’arabista, ottimo conoscitore di tutta la regione e in particolare delle vicende libiche. Ha sempre avuto ottimi rapporti con Fayez Al Serraj e le milizie a lui vicine, andando spesso in controfase con Bengasi (gen. Haftar) e, come evidenzia il Sole 24Ore, con svariate sigle dell’intelligence italiana che sul territorio libico si sono mosse negli ultimi tempi con eccessiva disinvoltura fino quasi a prefigurare una sorta di “politica estera parallela”.
Qui si innesca, quindi, una questione di “dispettucci” di politica interna italiana.
Il vice premier Matteo Salvini vedeva di buon occhio il rientro di Perrone in Libia perchè, ora, chiesto proprio da Haftar. Sempre Salvini, nel contempo, ha fatto di tutto per cambiare i vertici di Aise e Dis, anticipando la loro scadenza prevista ad aprile 2019. Ciò, per avere una linea di continuità con la nuova strategia italiana dell’appoggio incondizionato a tutti gli attori che contano davvero sul campo in Libia.
La nomina dell’Ambascitatore Buccino sa molto di “ripicca” per la recente dichiarazione del ministro dell’Interno italiano a favore di Israele contro gli Hezbollah. Dichiarazione, che a dire del ministro della difesa Elisabetta Trenta, avrebbe messo in pericolo i militari italiani impiegati nella missione Unifil in Libano. Ritornando alla Libia, si spera ora che i buoni rapporti coltivati con fatica e diffidenza con chi comanda davvero sul terreno, Generale Kalifa Haftar, non vengano compromessi, nuovamente, per un mero capriccio all’interno del governo giallo verde. L’analisi appena fatta delle nomina degli ambasciatori in Libia ed Iran potrebbe essere il frutto di una suggestione, tuttavia i dubbi permangono per via delle tempistiche dei provvedimenti, dopo la dichiarazione di Salvini in Israele.
Altra novità assoluta è la rivelazione fatta da Il Sole24Ore: oggi ci potrebbe essere un incontro tra il generale Khalifa Haftar e Fayez al Serraj a Bruxelles. Nessuno tuttavia ha, ancora, confermato l’incontro.
Si registra, anche un nuovo mistero, non molto pubblicizzato: la morte avvenuta ieri in un ospedale romano del generale libico SalahAI Samui, un ex-capo della Sicurezza di Tripoli, ferito a colpi di arma da fuoco il mese scorso nella capitale libica. Il generale era stato vittima di imprecisati “uomini armati” che gli avevano sparato davanti alla sua abitazione nella parte Sud di Tripoli.