Huawei, in Italia si studia il cuore della tecnologia 5G e 6G

Huawei in Italia ha il quartier generale per lo studio delle micro-onde, dello spettro delle frequenze e della velocità di trasmissione, colonna portante del 5G oggi sotto processo in termini di cybersicurezza. Lo riporta in un interessantissimo articolo Affari e Finanza.

Precisamente a Segrate, periferia di Milano. Lì Huawei progetta la voce e le orecchie del “tubo” in cui transiteranno tutte le informazioni. 

A Segrate e Lorenteggio gli ingegneri del colosso cinese lavorano sulle microonde, il cuore del nuovo sistema. Una rete mondiale, da Shenzhen a Bangalore, da Mosca a Parigi progetta il futuro. 

Una parte della piovra del gigante cinese e del suo immenso potere tecnologico è a Shenzhen, tanti altri tentacoli pensanti sono sparsi sul pianeta. Quello di Segrate è il cuore e la voce del 5G, e delle sue applicazioni per quella tecnologia che aiuta e spaventa: l’intelligenza artificiale. 

II centro di Segrate è anonimo: niente insegne trionfali, una porta d’ingresso con serratura a combinazione, e poi ascensori che portano al secondo piano, nel regno delle macchine e dei nuovi materiali che stanno sostituendo l’ormai preistorico silicio. 

Qui sono tutti ingegneri, e giovanissimi. Dieci anni fa solo il 13% aveva meno di 35 anni, oggi la percentuale di baby-cervelli è salita al 67%. E sono tutti specialisti di alte frequenze. “Uno dei punti di forza delle Tic è la velocità – spiega uno dei tecnici che mi accompagnano – e qui la perfezioniamo. Siamo in grado di anticipare già oggi quello che sarà il futuro del settore tra 5 anni, e ci investiamo”. Le frequenze sono come dei grattacieli. Per vedere più lontano bisogna salire sempre più, e avvicinarsi alla velocità della luce affinando la tecnologia. 

E’ qui a Segrate che esiste una delle poche camere anecoiche al mondo, prodotta in Spagna e il cui compito è quello di ridurre la riflessione dei segnali: simula una spazio aperto di dimensioni infinite. 

E’ qui che si sperimenta la velocità del Nitruro di Gallio e dell’Arseniuro di Gallio nei semiconduttori. E’ qui che si fanno i test per permettere alle microantenne della rete 5G di resistere a temperature superiori agli 85 gradi e con una vita industriale di almeno 100 anni. 

Ed è qui che tutto questo si traduce nella ricerca sul 6G. “In un domani molto vicino – spiegano – lei potrà venirci a trovare restando nel suo ufficio. 

Qui comparirà un suo ologramma, un avatar”. C’è da crederci, visto che Huawei ha alle spalle 45mila brevetti registrati e 100 miliardi di dollari spesi in ricerca negli ultimi 10 anni, 15 miliardi nel solo 2018. Ma come si può perforare il sistema? “Non qui da noi – dicono, qui facciamo solo i mattoni della casa”. 

A Segrate quindi si fa la ricerca e si costruisce la struttura della rete di trasmissione, la voce e le orecchie della Rete. Che – giurano – non è permeabile. A Lorenteggio invece la si sperimenta, lì si vede se i mattoni hanno costruito una casa. E se gli ingressi sono protetti. 

Su un aspetto Thomas Miao è catgorico. I dati che passano sulla rete sono estremamente sensibili, e in una società interamente connessa chi la controlla ha un potere enorme. Quando gli Usa decisero di colpire l’Iraq, iniziarono abbattendo con raid aerei le infrastrutture come ponti, autostrade e centrali elettriche. “Abbiamo ridotto l’Iraq allo stato preindustriale”, disse il presidente George Bush nel 1991. Oggi per raggiungere l’obiettivo sarebbe sufficiente entrare nella rete e sabotare il sistema. Entrando attraverso una backdoor di manutenzione, ad esempio “È vero – ammette Miao – oggi non servirebbe lanciare bombe o missili per paralizzare un paese. Basta controllare o sabotare la rete. Che va resa quindi sicura e inaccessibile alle intrusioni. Per questo noi siamo disponibili a collaborare con i gestori per costruire piattaforme sicure e un sistema comune. Saremo fornitori ma senza accesso, aiuteremo a realizzare un sistema che serva la città e le industrie. Siamo abilitatori, non operatori”. Le minacce però, avvertono le agenzie di sicurezza, possono avvenire anche dagli Stati-nazione, e la Cina è nel mirino degli Usa per questo. 

“Huawei non è la Cina – dice Miao – ma un’azienda privata, senza presenza statale, e come tale auspica la cooperazione internazionale”. Se però gli si chiede se la Cina accetterebbe sul suo territorio una rete costruita dall’americana Cisco, Thomas Miao risponde che probabilmente rifiuterebbe, vista l’ostilità degli Usa.

 

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