I droni iraniani in Ucraina fanno la differenza: riescono ad eludere i radar e colpire all’improvviso

L’allarme è stato lanciato dall’intelligence Usa verso le ditte americane che rifornivano l’Iran di componentistica tecnologica poi utilizzata per costruire i temibili droni Shahed impiegati dalla Russia nella guerra contro l’Ucraina. L’Iran però non si rifonisce solo dai paesi occidentali, tramite anonime aziende civili, ma anche dalla Cina, India e Sudafrica. Un commercio di componenti sensibili, difficili da tracciare e bloccare perchè il più delle volte sono pezzi che servono per costruire comuni elettrodomestici.

Il paradosso

Riforniamo l’Ucraina di sistemi di difesa aerea, missilistica e antidrone e poi riforniamo il nemico di componenti esseziali per costruire droni e missili che poi lanciano contro le difese che noi stessi abbiamo consegnato. Un circolo vizioso difficile da digerire e comprendere. Le guerre, nel corso della storia, sono sempre state il risultato di contraddizioni difficili da riportare nell’alveo del raziocinio e della semplice e agevole comprensione.

Ritornando ai droni iraniani, sono gli unici che al momento stanno infliggendo perdite e danni agli ucraini. Vengono riforniti in grande quantità e con un ritmo di produzione incessante. Nell’area del Mar d’Azov gli Shahed iraniani decollano da una base dove ci sono gli istruttori iraniani, incaricati di addestrare i russi all’utilizzo di queste micidiali armi.

C’è, però, chi cerca di intercettare gli Shahed iraniani prima che raggiungano in centri abitati e soprattutto Kiev. Il Comando militare Sud, responsabile dell’area che va dal confine con la Moldavia fino a Zaporizhzhia ha raccontato quello che riescono a fare con risibile successo: “dobbiamo abbatterne il più possibile, prima che riescano a volare oltre“. Domenica scorsa in una sola notte ne sono stati lanciati 35, seguiti da 8 missili di diverso tipo e potenza.

Ne sono stati abbattuti venti, gli altri 15 sono andati a segno nelle 5 ore di attacchi notturni che hanno causato 3 morti, alla periferia di Odessa, e 27 feriti, in un quartiere pieno di gente.

Sono difficili da intercettare perchè seguono il corso dei fiumi volando molto bassi per sfuggire ai radar. Piombano sull’obiettivo dal nulla. 

I militari di Kiev raccontano di aver distrutto il comando operativo dei droni russi in Crimea, compresa la loro base di lancio. La batteria è stata rilocata sulla costa orientale del mare d’Azov.

L’intelligence occidentale cerca di disegnare il percorso delle centinaia di droni iraniani che raggiungono agevolmente le truppe russe. Teheran li spedisce via nave attraverso il mar Caspio, fino al porto di Makhachkala, nel Daghestan. Da qui vengono distribuiti nella base russa di Primorsko-Aktarsk, sul mare d’Azov, ovvero in quella di Seshcha, ai confini con la Bielorussia.

Altre informazioni raccontano che tecnici iraniani starebbero aiutando i russi, nell’area economica speciale di Alabuga, il distretto industriale del Tatarstan, a costruire una fabbrica di droni che potrebbe essere operativa già il prossimo anno.

Nel frattempo la controffensiva ucraina è iniziata. Gli esiti sono però contradditori.

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