(di Marco Zacchera) Otto mesi fa (corre il tempo…) il paese reagì al Covid presidiando i balconi, appiccicando post e lenzuoli per l’immancabile “Andrà tutto bene” ma soprattutto dimostrando una sostanziale unità ed obbedienza.
Oggi si moltiplicano, invece, le proteste di piazza e le critiche a Conte crescono nel suo stesso governo.
Senso di responsabilità è non cadere nella demagogia e nella polemica, ma questo si impone per tutti, anche a chi comanda che – nelle obiettive difficoltà generali – sta dimostrando di avere sempre di più dei limiti oggettivi di autorevolezza e credibilità.
Fermo il diritto di tutti di poter protestare in modo civile ed isolando i violenti, è evidente che in piazza si infiltrano facilmente estremisti e professionisti del disordine (con la novità di immigrati problematici delle periferie urbane), ma non c’è dubbio che milioni di italiani simpatizzano ora – a differenza del passato – con chi protesta.
La crisi Covid da acuta sta diventando cronica e la comunità è molto più preoccupata di prima perché è angosciata da continue notizie di sventure, non vede reazioni e numeri positivi, non riesce più a coniugare i nuovi sacrifici con la speranza di uscire finalmente dal tunnel.
Ci sono evidenti assurdità come chiedere le dimissioni a Napoli di De Luca se lo si è votato solo un mese fa (e che tra l’altro si era coerentemente distinto per promesse al lanciafiamme), così come è demagogico criticare “dal di dentro” il governo di cui si continua a fare parte alla Matteo Renzi che non perde il vizio di cercare di galleggiare a spese altrui facendo regolarmente il furbetto.
Il buon senso della gente, però, percepisce il crollo verticale della credibilità di Conte soprattutto per aver nominato “motu proprio” commissari, comitati tecnici e scientifici che o sono stati dimenticati o si dimostrano ora portatori di contraddizioni e polemiche seminando incertezze con “grida” manzoniane al di fuori della realtà.
Per esempio intere categorie – dalle palestre ai ristoranti – si sono adeguate alle prescrizioni “scientifiche” e ora comunque vengono chiuse: come poter più credere a chi emette decreti a raffica conditi solo da “ristori” che in passato sono stati di ben più lungo rimborso e – specialmente per le medie imprese – sono tuttora in ballo tra istruttorie e documenti?
In generale si percepiscono nella pubblica opinione tutta una serie di contraddizioni che minano la credibilità e l’autorevolezza di Conte e di alcuni suoi ministri.
Non si possono far acquistare centinaia di migliaia di banchi di scuola più o meno a rotelle (costati decine di milioni di euro) che poi non vengono usati perché le scuole – dopo uno sfiancante dibattito durato mesi – alla fine comunque chiudono: chi ne porta la responsabilità?
Così come si sono chiusi gli occhi per mesi al Viminale davanti alla “movida” notturna senza sanzionare utenti fuorilegge e soprattutto esercenti senza scrupoli e poi far chiudere tutti insieme, indiscriminatamente, i locali pubblici alle 18 compresa la moltitudine di quelli che non c’entrano nulla con la clientela della notte e soprattutto hanno fatto il loro dovere ed osservato le normative.
Non si possono insomma far correre inutilmente i mesi preannunciando il diluvio e non predisporre intanto un piano per i trasporti urbani quando c’era la certezza che sarebbe stato proprio quello un aspetto fondamentale per evitare la diffusione del virus. Una programmazione mancata che vale anche – e soprattutto – per l’organizzazione sanitaria, il prelievo dei tamponi, la velocità dei controlli ecc.
Quante volte abbiamo ascoltato il presidente De Luca minacciare sfracelli quando in Campania i posti di terapia intensiva sarebbero rimasti 267 come ad aprile per quasi 6 milioni di abitanti.
Tutte queste problematiche hanno logorato l’immagine di molti governatori regionali ma anche la credibilità di Conte che – diciamocelo chiaro – resiste essenzialmente per mancanze di alternative, ma non ha più né l’appeal né la credibilità e soprattutto l’autorevolezza del debutto.
Ecco dove cresce il seme della protesta mentre mancano alcune decisioni immediate per evitare tracolli economici generali. Una per tutte, bloccare gli interessi e le penali dovute da imprese e famiglie a una miriade di società finanziarie per i crediti d’emergenza contratti in quest’anno terribile.
Mentre i fondi e le garanzie pubbliche hanno privilegiato le grandi imprese si è aperta infatti per milioni di italiani una spirale di nuovi debiti che inesorabilmente apre la strada alla malavita: chi protesta in piazza sa che – chiudendo ora – non sarà più in grado di uscire anche da drammi come questi.