Il regime di Bashar al-Assad in Siria cadrà in pochi giorni. E’ l’analisi di cinque alti funzionari americani alla Cnn. “Probabilmente entro il prossimo fine settimana il regime di Assad avrà perso ogni parvenza di potere“, ha sottolineato una delle fonti precisando che “l‘unica cosa che potrebbe fermare l’avanzata dei ribelli sarebbe un colpo di Stato ben organizzato ma Assad ha fatto un buon lavoro nel soffocare ogni potenziale rivale”
di Andrea Pinto
Oggi i ribelli siriani hanno combattuto contro le forze governative per il controllo della città chiave di Homs, avanzando rapidamente verso la capitale Damasco. Le linee del fronte sono crollate in tutto il Paese, minacciando il dominio di 24 anni del presidente Bashar al-Assad e mettendo in bilico la sua dinastia, che governa la Siria da oltre cinque decenni.
Dopo la rapida avanzata dei ribelli ad Aleppo la settimana scorsa, le difese governative sono crollate a velocità impressionante, con gli insorti che hanno conquistato città strategiche e riacceso la rivolta in aree precedentemente considerate sotto controllo.
Secondo fonti locali e militari, i ribelli hanno sfondato le difese governative a nord ed est di Homs, prendendo il controllo di un campo militare e di alcuni villaggi fuori dalla città. La televisione di Stato ha negato che gli insorti siano penetrati nella città, ma ha confermato la presenza di combattimenti alla periferia, dove le forze governative stanno rispondendo con artiglieria e droni.
Minaccia a Damasco
Nelle ultime 24 ore, i ribelli hanno preso quasi tutto il sud del Paese e si sono avvicinati a circa 30 km da Damasco, costringendo le forze governative a ritirarsi. Fonti locali riferiscono di proteste nei sobborghi della capitale, dove manifestanti hanno strappato poster di Assad e abbattuto statue del padre, Hafez al-Assad, senza incontrare resistenza da parte dell’esercito o della polizia.
Alcuni soldati hanno disertato, cambiando abiti per unirsi ai civili, mentre il governo ha rafforzato le difese intorno alla capitale. Secondo l’agenzia statale siriana, Assad si trova ancora a Damasco, dove si registrano blackout elettrici. Alcune fonti parlano di un ipotetico discorso di Assad per annunciare alla Nazione la fine del suo governo e quindi del regime. Tuttavia la notizia del discorso alla nazione di Bashar al-Assad, previsto per le ore 20, è stata smentita, sostituita da un timido comunicato delle forze armate in cui si affermava che l’esercito avrebbe combattuto fino all’ultimo. Di Assad e della sua famiglia non si hanno più tracce: in molti sostengono che si sia rifugiato a Mosca o Teheran. Oggi pomeriggio giravano immagini video di Assad in riunione con i suoi uomini più stretti per dimostrare la sua presenza a Damasco. Il mistero della sua sorte rimane ancora vivo.
L’importanza strategica di Homs
La caduta di Homs rappresenta un colpo durissimo per Assad: la città è un crocevia fondamentale tra la capitale e la costa mediterranea, cuore della minoranza alawita del presidente e sede delle basi aeree e navali russe. La perdita di Homs isola Damasco dalla costa e dalle principali rotte di rifornimento, compromettendo ulteriormente la tenuta del regime. Fonti ribelli e governative confermano che gli insorti hanno superato una base aerea chiave a nord della città. I combattimenti si stanno ora spostando verso l’interno, con esplosioni udibili nella periferia.
Interventi internazionali e alleanze in bilico
L’escalation del conflitto ha colto di sorpresa molte capitali arabe, aumentando il timore di una nuova ondata di instabilità regionale. Negli anni, Assad ha contato sull’aiuto di Russia e Iran per mantenere il controllo: Mosca ha sostenuto il regime con massicci bombardamenti aerei, mentre l’Iran ha inviato milizie alleate, inclusi Hezbollah dal Libano e forze irachene. Tuttavia, il coinvolgimento della Russia nella guerra in Ucraina dal 2022 ha ridotto la sua capacità di intervento in Siria, mentre Hezbollah sta subendo perdite significative nel conflitto con Israele.
Gli Stati Uniti, sotto la nuova presidenza di Donald Trump, hanno dichiarato di non voler interferire nel conflitto, affermando che “lasceranno che si risolva da solo”.
I ministri degli esteri di Russia, Iran e Turchia si sono incontrati oggi, ribadendo l’importanza dell’integrità territoriale della Siria e la necessità di rilanciare un processo politico, senza però annunciare passi concreti.
Sul fronte orientale, i combattimenti hanno causato la fuga di circa 2.000 soldati siriani verso l’Iraq, mentre le forze curde hanno preso il controllo della provincia di Deir el-Zor, interrompendo i collegamenti terrestri tra il regime e le forze alleate irachene.
Mentre le forze governative si ritirano, cresce la possibilità di un assalto concertato su Damasco, centro del potere di Assad. Tuttavia, l’esercito siriano sta cercando di riorganizzarsi nei pressi di Saasa, a 30 km dalla capitale.
Il conflitto siriano, iniziato nel 2011 come rivolta contro Assad, si è trasformato in una guerra civile che ha attirato potenze internazionali, favorito l’ascesa di gruppi jihadisti e causato la fuga di milioni di profughi nei Paesi vicini. La situazione odierna, con il crollo delle difese governative e l’avanzata dei ribelli, potrebbe segnare un punto di svolta storico nel conflitto siriano.
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