Circa 1,5 tonnellate d’acqua proveniente dai serbatoi della centrale nucleare giapponese di Fukushima domani, gradualmente, verrà scaricata nell’Oceano Pacifico. L’enorme quantità di acqua è servita a raffreddare i tre reattori danneggiati dallo tsunami dei 2011. Il rilascio nell’Oceano avverrà molto lentamente, in circa trent’anni.
Immeditata la protesta della Cina che accusa il Giappone “usare il Pacifico come una propria pattumiera“. In pericolo è il commercio ittico perchè l’effetto psicologico è dirompente. Si registrano, di fatto, proteste ad Hong Kong e Corea del Sud. Pechino ha fatto sapere tramite i propri canali diplomatici che prenderà “le misure necessarie per salvaguardare l’ambiente marino, la sicurezza alimentare e la salute pubblica», perché il Giappone sta mettendo il proprio interesse al di sopra del benessere a lungo termine di tutta l’umanità”.
Tokyo ha rispsoto dicendo che la Cina già versa in mare dalle sue centrali nucleari molto più trizio e carbonio di quello che rilascerà il Giappone, e non può dunque fare prediche a nessuno. Greenpeace ha evidenziato che se è vero che tutte le centrali del mondo scaricano in mare, bisogna tenere conto del fatto che l’acqua di Fukushima viene da un immane disastro, e non da normali operazioni di manutenzione.
Gli esperti del settore hanno detto ai vari media internazionali che “i siti nucleari di tutto il mondo, tra cui Regno Unito, Stati Uniti, Cina e Corea del Sud, scaricano acque reflue diluite in mari, fiumi e laghi. Lo fanno da decenni senza impatti significativi“.
A tutelare l’niziativa giapponese l’approvazione del piano da parte dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica dell’Onu.
Ad effettuare l’intervento sarà la società elettrica Tepco che verserà l’acqua nel Pacifico. La stessa società ha assicurato di avere rimosso 60 sostanze radioattive, ma ha ammesso che verserà nell’Oceano trizio e isotopi di carbonio-14, che sono più difficili e costosi da eliminare. Ma lo farà in quantità minime: il livello finale di trizio corrisponderà a 15.000 becquerel per litro, sette volte meno di quello che c’è nell’acqua che l’Organizzazione Mondiale della Sanità considerata potabile.
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