Gli eventi del 2024 evidenziano come il mare sia ben più di un semplice spazio di transito: è un campo strategico dove interessi economici, ambizioni politiche e rivalità militari si intrecciano. Nel 2025 l’Europa dovrà affrontare una sfida cruciale: essere pronta a difendere i propri interessi e contribuire alla sicurezza internazionale ben oltre le coste continentali
di Andrea Pinto
Il mare rappresenta sempre più un terreno di competizione strategica globale, con dinamiche che nel 2025 continueranno a influenzare profondamente la geopolitica internazionale. Quattro dati salienti del 2024 evidenziano i rischi emergenti legati alle infrastrutture sottomarine, ai traffici illeciti, agli attacchi asimmetrici e alla crescente presenza navale cinese. Le infrastrutture sotto la superficie marina si confermano come un punto critico, essendo bersaglio di tattiche ibride e operazioni clandestine. Nel 2024 sono stati posati quindici nuovi cavi sottomarini, portando il totale mondiale a 574. Tuttavia, due incidenti a novembre hanno evidenziato la vulnerabilità di queste infrastrutture.
In un primo caso, le autorità svedesi hanno accusato una nave cargo cinese, lo Yi-Peng-3, di aver intenzionalmente danneggiato i cavi in Mar Baltico trascinando l’ancora. Nel secondo, la rottura del collegamento elettrico EstLink 2 tra Finlandia ed Estonia è stata attribuita al petroliera Eagle S, proveniente dalla Russia. Questi episodi, pur difficili da attribuire con certezza, segnalano un aumento delle pressioni esercitate tramite azioni non convenzionali, progettate per influenzare senza scatenare un conflitto diretto. Di fronte a queste minacce, la NATO prevede un incremento della sorveglianza su navi e aree critiche, mentre le Nazioni Unite hanno istituito un consiglio di esperti per proteggere le infrastrutture sottomarine che sostengono il 95% delle comunicazioni globali e una quota crescente dei trasferimenti energetici.
Altro fenomeno in crescita è il mercato nero marittimo, in particolare legato alla cosiddetta “flotta fantasma” russa. Questa flotta, stimata in circa 600 navi obsolete sotto bandiere di comodo, permette a Mosca di aggirare le sanzioni economiche occidentali trasportando fino a 1,7 milioni di barili di petrolio al giorno. Tra maggio e agosto 2024, 283 di queste navi hanno attraversato il Mar Baltico, alimentando un traffico che non solo mina l’efficacia delle sanzioni, ma danneggia l’ambiente e riduce gli standard di sicurezza. La fine della guerra in Ucraina prevista probabilmente per il 2025 e l’eventuale revoca delle sanzioni potrebbero attenuare il fenomeno, ma la lotta contro un’economia marittima parallela rimane una sfida di lungo termine che richiede soluzioni innovative e una maggiore coordinazione internazionale. I rischi ecologici, economici e geopolitici sono troppo gravi per essere ignorati.
Nel frattempo, una guerra di alta intensità si sta svolgendo nel sud del Mar Rosso, con significative ripercussioni sul commercio globale. Gli attacchi dei ribelli Houthi vicino allo stretto di Bab Al-Mandab, intensificatisi dopo il 7 ottobre 2023, hanno causato una riduzione del 50% del traffico attraverso il Canale di Suez e un aumento dei costi marittimi dovuto alla deviazione delle rotte e all’aumento delle tariffe assicurative. Nonostante le operazioni navali occidentali, i principali armatori continuano a preferire il Capo di Buona Speranza per evitare la regione. Questo conflitto dimostra la vulnerabilità delle rotte marittime globali di fronte a attori non statali, combinando droni e missili per condurre attacchi asimmetrici. Una stabilizzazione a Gaza nel 2025 potrebbe riportare la situazione ai livelli precedenti, ma la risoluzione del conflitto yemenita rimane l’unica via per ristabilire una fiducia duratura.
Nel Pacifico, le tensioni geopolitiche sono in crescita, con la Cina che continua a espandere le sue capacità navali. Nel settembre 2024, Pechino ha dispiegato contemporaneamente tre portaerei, inclusa la CNS Fujian, segnando un progresso significativo nella sua strategia di operazioni in mare aperto. Questa accelerazione allarma Washington, che ha lanciato un piano per preparare la US Navy a una possibile crisi nel 2027 (anno in cui la Cina ha preannunciato di attuare il suo piano per prendere militarmente Taiwan). A partire dal 2025, l’amministrazione Trump potrebbe concentrare maggiormente le risorse sulla regione asiatica, sollecitando al contempo un maggiore impegno europeo. L’attività del gruppo aeronavale francese nel Pacifico è un primo esempio di questa nuova dinamica.
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