Ieri dalla base aerea di Ramstein in Germania il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas e il capo del Dipartimento di Stato Usa, Antony Blinken hanno tenuto un vertice da remoto allargato a 22 paesi sull’approccio comune da tenere con il neo Emirato islamico dell’Afghanistan. Nello stesso giorno, quasi in risposta, il Pakistan ha organizzato un incontro regionale tra i paesi che confinano il nuovo emirato dei talebani. Se i 22 sono d’accordo nel non riconoscere il governo talebano, in attesa del rispetto degli accordi di Doha, tra l’altro già in parte ampiamente disattesi, il Pakistan sostiene un altro approccio, più inclusivo.
“Il riconoscimento dipenderà unicamente da ciò che farà quel governo , non solo da ciò che dice”, così il segretario di stato Usa Blinken. “Siamo preoccupati per i precedenti dei ministri scelti e per la mancata presenza di donne. Continueremo con l’assistenza umanitaria e cercheremo di riprendere l’evacuazione, ma i talebani al momento non permettono voli charter”.
Deciso anche il ministro tedesco Maas: “Non siamo ottimisti, i talebani devono capire che l’isolamento internazionale non è nel loro interesse, un Paese con l’economia distrutta non sarà mai stabile”.
Così il ministro degli esteri italiano Luigi Di Maio: “I talebani si impegnino a impedire l’attività dei gruppi terroristici. Sul rispetto dei diritti acquisiti dai civili afghani non possiamo transigere”.
Nel meeting ristretto ai paesi confinanti l’Afghanistan un’altra narrativa.
Il ministro degli Esteri pachistano Shah Mahmood Qureshi è stato chiaro durante il meeting: “Dovremmo trasformare questa piattaforma (vertice tra i paesi confinanti ndr) in un meccanismo consultivo permanente e con la partecipazione dei rappresentanti dell’Afghanistan, così in futuro ne aumenteremo l’efficacia per raggiungere i nostri obiettivi comuni che sono una pace durevole e la stabilità”. La notizia dell’apertura di Islamabad ai talebani è stata ripresa per tutta la giornata dai media pakistani animando il dibattito interno. Molti analisti locali sostengono, però, che il riconoscimento del nuovo governo talebano non deve essere unilaterale ma deve coinvolgere più attori. Per fare ciò occorrerà spingere su diverse leve, una fra tutte evitare la crisi umanitaria e il crollo economico del Paese. Di esodo di profughi a temere di più, infatti, è l’Europa. A strizzare l’occhio ai talebani vi è anche la Cina che accoglie con velato entusiasmo la fine dell’anarchia a Kabul durata tre settimane e stanzia 31 milioni di dollari in vaccini e medicinali per gli afghani.
Anche la Russia dimostra una certa accondiscendenza con la nuova leadership insediata a Kabul tant’è che l’ambasciatore di Mosca è stato invitato alla cerimonia di insediamento dai talebani anche se il diplomatico ha fatto sapere di partecipare alla cerimonia ma ha anche affermato che ciò non equivale al riconoscimento del nuovo esecutivo.
Censura a Kabul. Senza internet le zone a maggioranza Pashtun
Nel frattempo internet e’ ‘saltato’ nella maggior parte delle zone di Kabul. Lo riferiscono molteplici fonti dalla capitale afghana. Negli ultimi giorni ci sono state numerose proteste in varie citta’ afghane, a cominciare dalla capitale: sono scese in piazza le donne per rivendicare i propri diritti, giornalisti che seguivano le manifestazioni sono state brutalmente picchiati, ci sono state proteste contro le ingerenze del Pakistan. A seguito delle manifestazioni, il gruppo islamista ha evidentemente deciso di tagliare le connessioni. Secondo alcune fonti, e’ stata l’intelligence afghana a ordinare lo stop nelle aree con una popolazione a maggioranza non pashtun, temendo la circolazione dei messaggi di protesta attraverso i social media. La sospensione dovrebbe rimanere in vigore fino alle ore 14:00 pomeridiane.