(di John Blackeye) Il Papa che ho visto ieri non era il Papa della teologia della liberazione. Il Papa di ieri, quello che saliva lentamente sotto la pioggia per raggiungere il sagrato della Basilica di San Pietro, non era il Papa modernista che molti, per prenderne le distanze, avevano iniziato a chiamare “Bergoglio”. Non era nemmeno il Papa che la sera della sua elezione sul Soglio di Pietro si era presentato come il “Vescovo di Roma”, quasi a mettere in secondo piano l’incarico di Pontefice e non era nemmeno il Papa che, fomentato dallo spirito modernista portato in Vaticano da molti prelati stanchi del Vangelo, si era fatto trascinare di fronte la dea Pachamama alla fine di un Sinodo sull’Amazzonia che avrebbe dovuto sconvolgere il mondo introducendo la fine del celibato per i sacerdoti.
Ieri sera sotto quella pioggia, in totale solitudine e in una piazza San Pietro vuota su cui erano posati gli occhi del mondo intero, ho visto il figliol prodigo.
Ho proprio visto il figliol prodigo che dopo avere seguito le numerose vie che lo hanno portato altrove, strattonato ora da una parte e ora dall’altra, non avendo trovato quello che cercava, è ritornato dal Padre.
E così ieri sera, sotto quelle nuvole piovose che negavano agli ultimi bagliori di un tardo pomeriggio primaverile di illuminare la piazza, quasi penitente, ho visto il Papa che ritornava al Padre.
I passi di Papa Francesco sono lenti e appesantiti. La fatica di un uomo di ottanta anni si nasconde male sotto le vesti da Pontefice. In quella enorme piazza in cui i sampietrini irrorati dalla pioggia riflettono le luci artificiali che illuminano quello strano palcoscenico, osserviamo il Vicario di Cristo che lentamente si avvicina alla Basilica.
Nessuno è accanto a lui, come il figliol prodigo, si sta presentando al Padre da solo. Con sé sta portando però il peso di tutta l’Umanità.
Sul sagrato, il Pontefice ha voluto l’effige della Salus Populi Romani (salvezza del popolo romano), un’icona bizantina raffigurante la Madonna col Bambino che si trova nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Da un altro lato il Papa ha voluto il Crocefisso miracoloso di San Marcello al Corso. È un crocefisso che si salvò da un incendio nel 1519 e poi, nel 1522 fece scomparire la peste dalla Capitale dopo una processione. Il Papa ha pregato prima sotto l’effige della Mamma e poi sotto quella del Figlio Crocefisso. Il suo sguardo è stanco, implorante.
Da quel sagrato il Papa con tanto garbo ha forse ammonito l’umanità intera dicendo: “Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.
Il Papa ha praticamente fatto la fotografia del mondo moderno, un mondo senza Dio, un mondo votato all’egoismo, all’interesse personale, alla sopraffazione: un mondo immerso nel male.
Ma quel Dio che ha promesso di restare sempre in mezzo a noi, fino alla fine dei tempi, anche questa sera ha mantenuto la Sua promessa. Un sacerdote, scortato da un chierico con il baldacchino, sta portando il Santissimo nell’Ostensorio, attraversano una immensa basilica vuota. L’Ostia Santa viene posta sull’Altare sopra il Sagrato. Dio è con noi.
Il Papa è seduto di fronte a Gesù Eucaristico. Prega. Sullo sfondo, sotto la pioggia, fanno da cornice alcune macchine della polizia che si sono schierate fuori dal colonnato richiamate dallo storico evento. Ad un certo punto suonano le Campane della Basilica, le auto dei poliziotti accendono le sirene. Qualcosa di molto importante, di unico nella storia del mondo sta per accadere. Il Papa con grande fatica prende l’Ostensorio tra le mani, muove qualche passo per affacciarsi al mondo e con un gesto lento e con tanta fatica, segna l’Umanità con il segno della Croce, impartendo una speciale benedizione “Urbi et Orbi” che solo in questa occasione cancellerà peccati e pene. È un evento unico. La purificazione dell’Umanità in un solo gesto.
Non si è mai visto nulla di simile, quello che è accaduto stasera non è mai successo nella storia della Chiesa. Dio, che ci lascia liberi di compiere il male, abbia pietà di noi e ascolti le preghiere del Suo Rappresentante in Terra, liberandoci da questo flagello.
Il popolo di Dio, che ha accompagnato il Papa con la preghiera e con il Rosario tra le mani, abbia fede nella Misericordia dell’Altissimo.
La Madre di Dio tocchi i cuori di tutti quelli che, anche di fronte ad eventi come questi, rimangono impassibili e pronti a ricominciare la vita dal punto in cui l’avevano lasciata. Ma facciamo attenzione. Dio che ha i lembi dell’Universo tra le mani non permetterà che il mondo ricominci la sua corsa verso il baratro mettendo il Creatore da parte un’altra volta.