di Paolo Giordani
La guerra in Ucraina sembra essere giunta a un punto di svolta cruciale, con l’emergere di un nuovo piano di pace proposto dal futuro Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
Mentre il conflitto continua a infuriare sul campo di battaglia, le cancellerie europee e internazionali si stanno muovendo per cercare una soluzione diplomatica che possa porre fine alle ostilità, nel frattempo Mosca sta impegnando un terzo del bilancio statale della Federazione Russa nell’industria bellica, mentre KIEV dimostra una seria incapacità di riguadagnare i territori persi e non ha sufficienti uomini da schierare per contrastare la massa d’urto russa, composta anche da più di 10.000 nordcoreani.
Al centro della strategia di pace trumpiana c’è l’idea di un congelamento della linea del fronte, senza un formale riconoscimento delle conquiste territoriali russe. Trump ha scelto il generale a riposo Keith Kellogg, già suo collaboratore durante il primo mandato, come inviato speciale per mediare il conflitto. Insieme a lui, un altro ex collaboratore, Fred Fleitz, farà parte della squadra di negoziatori.
La proposta prevede che le armi vengano depositate dove si trovano attualmente, di fatto congelando i 1200 chilometri di fronte. Questo implicherebbe l’accettazione dell’annessione delle province di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson da parte della Russia, che ora controllano oltre un quinto del territorio ucraino.
L’altra concessione inevevitabile, (dove Stati Uniti e Germania sembrano essere concordi) e come già discusso a porte chiuse al vertice NATO è il secco NO all’ingesso di KIEV nell’Alleanza: un punto dove Putin insiste come condizione necessaria.
Trump cosa può pero offrire a KIEV per fare accettare questo piano? Anche qui si ipotizza un ingresso nell’Unione Europea, uno scudo meno efficace della NATO, e una volta deposte le armi si ipotizzerebbe l’invio in Ucraina di un contingente europeo di 30-40 mila uomini come forza di interposizione e deterrenza, senza però la partecipazione di truppe americane, come dichiarato dallo stesso Trump.
Secondo l’ex editorialista dell’International Herald Tribune, Jonathan Power, il modello di intervento ipotizzato non sarebbe quello fallimentare del Kosovo nel 1999, ma quello del 1974 a Cipro tra greci e turchi. In passato, questa idea era stata scartata dall’Ucraina, che sperava di potersi riprendere i territori conquistati dai separatisti nel 2014, senza dover rinunciare alla propria sovranità.
Questa strategia sembra trovare aperture sia a Mosca che a Kiev. Alexei Arbatov, responsabile del Centro Russo per la sicurezza internazionale infatti, non sarebbe ostile all’idea di coinvolgere i caschi blu, purché sufficientemente robusti da garantire il cessate il fuoco e il ritiro delle armi pesanti. Dall’altra parte, gli ucraini, sempre più favorevoli a una trattativa piuttosto che alla guerra a oltranza, potrebbero essere disposti ad accettare il “deal” proposto.
Rimangono pero numerose incognite e punti critici da affrontare. L’Ucraina dovrà rinunciare a parte del suo territorio, una concessione difficile da accettare per il governo di Kiev. Allo stesso tempo, la Russia potrebbe sfruttare il tempo guadagnato per riorganizzarsi in vista di future conquiste, mettendo a rischio la stabilità a lungo termine.
Sarà cruciale il ruolo dell’Unione Europea nel dispiegare una forza di deterrenza credibile e nel garantire a Kiev una prospettiva di adesione. Solo così si potrà offrire all’Ucraina uno scudo di sicurezza alternativo alla NATO, come richiesto da Putin come condizione necessaria per un accordo.
Nonostante le numerose sfide, l’opportunità di raggiungere un accordo di pace sembra essere più concreta che mai. Tuttavia, il prezzo da pagare per l’Ucraina potrebbe essere alto, con la rinuncia a una parte significativa del suo territorio.
Allo stesso tempo, la Russia dovrà essere tenuta sotto stretto controllo e dissuasa dal tentare ulteriori espansioni. La stabilità dell’intera regione dipenderà dalla capacità di trovare un equilibrio delicato tra le esigenze di Mosca e le aspirazioni di Kiev, senza sacrificare i principi di integrità territoriale e sovranità nazionale.
In questo contesto, il ruolo di Trump come mediatore potrebbe rivelarsi cruciale, data la sua capacità di dialogare con entrambe le parti, il suo piano dovrà essere attentamente vagliato e bilanciato per evitare che si trasformi in una resa dell’Ucraina di fronte all’aggressione russa.
Solo una soluzione negoziata, equa e duratura potrà porre le basi per una pace sostenibile nella regione.
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