Aumentano le occasioni di lavoro a termine, ma la disoccupazione giovanile non diminuisce. La difficoltà nella ricerca di un lavoro stabile rende sempre più precaria anche la quotidianità per tanti lavoratori
“Cosa farai da grande ?” e l’alunno risponde al maestro in un noto recente film: “il posto fisso !”
Nelle famiglie italiane infatti per molti decenni la sicurezza per un giovane e per la sua famiglia era costituita da un lavoro dipendente a tempo indeterminato con tutte le garanzie dei diritti di lavoratori.
Ormai, sono passati tanti anni dall’epoca in cui i giovani, partecipando a concorsi e selezioni potevano trovare lavoro presso una azienda prestigiosa – come lo erano le Banche, o gli Enti pubblici – onde garantirsi un futuro.
Oggi, anche i laureati quarantenni cercano ancora una stabilità.
In questi giorni il Governo ci comunica che sono aumentati i posti di lavoro.
Ma guardando i dati ISTAT emerge che questo aumento è riferito per lo più a contratti a termine riguardanti i lavoratori ultracinquantenni; solo una minima percentuale è riferito a lavori stabili a tempo indeterminato. Per i giovani invece il Governo ha ideato in questi giorni una non meglio comprensibile “pensione anticipata” quasi per giustificare il non lavoro.
Addio, dunque, al posto fisso? Già, ma non è soltanto colpa dei tempi che cambiano !
Basterebbe pensare al precariato “cronico” che regna sovrano nella Pubblica Amministrazione per la costante incoscienza della nostra classe politica, nonostante le tante iniziative di stabilizzazione.
E’ prassi consolidata, infatti, soprattutto dei politicanti che diventano amministratori degli enti pubblici e dei vari direttori generali (che, guarda caso, sono sempre le stesse persone che si alternano nei medesimi posti da compensi milionari !) consentire l’accesso in forma precaria a persone più o meno a loro vicine con contratti di lavoro temporanei, che finiscono in realtà per rendere vano un successivo bando di concorso.
E quando vengono banditi, quei concorsi servono innanzitutto per stabilizzare i precari che ormai si trovano all’interno da troppo tempo; il tutto con buona pace dell’art. 97 della Costituzione.
Nel settore privato, gli istituti bancari ad esempio – ormai privi di quelle garanzie di serietà che li contraddistinguevano fino a qualche decennio fa – hanno subito una vera metamorfosi causata non tanto dalla globalizzazione e dalla crisi economica, quanto dalla disinvolta gestione che caratterizza l’operato di tanti dirigenti apicali.
L’esasperazione della crisi del lavoro quindi non è tanto addebitabile ai noti problemi economici rivenienti dalla globalizzazione, quanto al malcostume imperante soprattutto in una classe dirigente (politicanti in prima fila) che non ha alcun ritegno nel curare spudoratamente ed esclusivamente il proprio tornaconto, non nutrendo alcun rispetto verso le esigenze primarie della collettività.
L’assenza di valori morali tra questi soggetti che si avvicendano in maniera indecorosa, scambiandosi le varie poltrone di note aziende pubbliche e private, non può essere più tollerata; bisogna frenare questo sistema, altrimenti non ci sarà speranza per un mondo migliore.
di Antonio Belsito
Avvocato giuslavorista