Il riarmo nucleare mondiale

di Aniello Fasano

La guerra tra Russia e Ucraina sta mettendo in seria discussione il regime di non proliferazione dell’armamento nucleare mondiale. Una pressione continua, crescente, mai così forte dalla fine della guerra fredda, ha avvertito il capo dell’organismo di controllo dell’ONU.

Con programmi per miliardi di dollari per modernizzare e, in alcuni casi, espandere i propri arsenali i cinque stati firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina) sembrano allontanarsi sempre più dagli impegni assunti”, sottolinea Wilfred Wan, direttore del programma Armi di distruzione di massa del Sipri (Stockholm international peace research institute).

Come dichiara Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, sul Financial Times “le relazioni tese tra Stati Uniti, Russia e Cina, così come il conflitto in Medio Oriente, mettono a dura prova il trattato di non proliferazione nucleare firmato nel 1968” che mirava a limitare lo sviluppo dell’arsenale atomico mondiale. “Non credo che negli anni ’90 qualche paese avrebbe mai detto ‘beh, perché non abbiamo anche noi armi nucleari?’“, ha affermato Grossi. “Questi paesi ne stanno discutendo pubblicamente, cosa che prima non accadeva. Lo stanno dicendo pubblicamente. Lo stanno dichiarando alla stampa. I capi di Stato hanno fatto riferimento alla possibilità di modificare le decisioni prese in passato sul nucleare“. L’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia sta dimostrando il potere di avere armi nucleari, anche se Grossi afferma che ci sono molti altri fattori che contribuiscono al rinnovato interesse verso il nucleare. “Le tensioni geopolitiche attuali, la possibilità che le alleanze tra gli stati si indeboliscano e che i paesi debbano badare a se stessi. È qui che il fattore delle armi nucleari e dell’attrazione, tornano in modo del tutto inaspettato“.

L’Iran rappresenta attualmente il più grande rischio potenziale. Da quando l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha abbandonato unilateralmente l’accordo nucleare del 2015 che Teheran aveva firmato con le potenze mondiali, l’Iran ha ampliato in modo aggressivo il suo programma nucleare e ha arricchito l’uranio al 60 percento di purezza (fonte Aiea dic. 2023), che è vicino al grado previsto per l’arma atomica anche grazie all’aiuto della tecnologia messa a disposizione da Mosca dopo il supporto (munizioni e droni classe Shaed) ricevuto nella guerra in Ucraina. Teheran, dal canto suo, insiste sul fatto che il suo programma nucleare è per scopi civili. Ma negli ultimi mesi, mentre la guerra tra Israele e Hamas ha innescato un’ondata di conflitti regionali, i funzionari iraniani hanno avvertito che la repubblica potrebbe cambiare la sua dottrina qualora minacciata. Il nuovo presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, ha affermato di voler migliorare le relazioni con l’Occidente e negoziare un accordo per porre fine alla situazione di stallo sul nucleare. Ma se Teheran sviluppasse delle armi, potrebbe innescare una corsa agli armamenti in Medio Oriente.

Gli arsenali di Russia e Stati Uniti, che insieme possiedono circa il 90% di questi ordigni, sembrano essere rimasti sostanzialmente stabili nel corso degli ultimi anni, anche se la trasparenza sui dati è diminuita in entrambi i Paesi dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Per quanto riguarda la Cina, il Sipri stima che il numero di testate atomiche sia notevolmente aumentato e il trend potrebbe continuare: entro la fine del decennio il Paese asiatico potrebbe potenzialmente avere almeno lo stesso numero di missili balistici intercontinentali degli Stati Uniti o della Russia. Anche la Nord Corea si sta avvicinando sempre più al nucleare quale sua politica di deterrenza. Questa crescita è sempre più difficile da conciliare con l’obiettivo dichiarato da Pechino di avere solo le forze nucleari minime necessarie per garantire la propria sicurezza nazionale.

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