(di Massimiliano D’Elia) Tutta la giornata di ieri è continuata la saga sulle motivazioni che hanno spinto il leader della Wagner Prigozhin a ribellarsi al potere costituito, avanzando minacciosamente verso Mosca salendo dai territori martoriati dalla guerra. Messinscena, alto tradimento, onta del fallimento nella guerra in Ucraina, desiderio di smascherare gli impostori tra le fila dell’apparato statale russo, tutto e il contrario di tutto, così analisti, politici, giornalisti e comuni cittadini hanno dipinto il quadro che vede protagonisti Prigozhin e il suo tentato golpe.
Un golpe che piaceva tanto, al quale credevano e speravano tutti per cercare di far sgretolare dall’interno il granitico sistema che caratterizza il potere russo. A sfatare ogni dubbio ci ha pensato il capo della Wagner in prima persona che ieri, in un messeggio video di 11 minuti su telegram, ha parlato di una Marcia della Giustizia e non di un golpe contro Putin a cui comunque è legato da amicizia fraterna.
Una marcia per denunciare i tanti fallimenti sui campi di battaglia in Ucraina a causa dell’inadeguatezza dei vertici militari russi. Marcia della Giustizia per aiutare Putin a fare un repulist dei traditori? Per far uscire allo scoperto coloro che tramano con gli occidentali? Chissà, solo il tempo ci aiuterà a capire meglio e solo le prossime morti a mezzo di “polonio” o “suicidio assistito” potrebbero confermare la tesi del repulist.
Sta di fatto che Prigozhin non è sparito nel nulla: lo avrebbero visto in un albergo a Minsk, ma non vi è conferma. Forse è ritornato in Africa per gestire gli affari della compagnia che proprio da lì recupera le ingenti risorse utili per la sua stessa sopravvivenza. Sulle voci dello scioglimento della Wagner una conferma della sua immutata operatività è data dalla sua sede principale a San Pietroburgo dove si continua a lavorare come se nulla fosse successo.
Sulle sorti dei vertici militari, il ministro Shoigu e il capo delle forze armate Gerasimov, al momento rimangono al loro posto anche se il totonomi già impazza sul web con figure molto vicine a Putin e soprattutto, casualmente, alla Wagner.
In conclusione ieri si è registrata una insolita giornata di “caos” dove tutta l’attenzione mondiale era rivolta alla vicenda russa. A proposito del caos nel caos e del disordine informativo nella società come arma di guerra moderna, mi viene in mente la dottrina del generale Gerasimov che proprio del caos ne fa il suo perno centrale. Sarà una coincidenza?
Ieri sera finalemente Putin ha interrotto il silenzio parlando alla Nazione. Di seguito il discorso integrale dove non vi è nessun riferimento diretto a Prigozhin ma alla forza e unione del popolo russo nell’affrontare un pericoloso disordine interno.
Cari amici!
Oggi, ancora una volta, mi rivolgo a tutti i cittadini della Russia. Vi ringrazio per la vostra resistenza, unità e patriottismo. Questa solidarietà civica dimostra che qualsiasi ricatto e tentativo di creare disordini interni è destinato a fallire.
Ripeto, c’è stato il massimo consolidamento della società, dell’esecutivo e del legislativo a tutti i livelli. Una posizione ferma e inequivocabile di sostegno all’ordine costituzionale è stata assunta dalle organizzazioni pubbliche, dalle confessioni religiose, dai principali partiti politici e, di fatto, dall’intera società russa. Tutti erano uniti e accomunati dalla cosa principale: la responsabilità per il destino della Patria.
Sottolineo che fin dall’inizio degli eventi sono state prese prontamente tutte le decisioni necessarie per neutralizzare la minaccia, proteggere l’ordine costituzionale, le vite e la sicurezza dei nostri cittadini.
Un’insurrezione armata sarebbe stata stroncata in ogni caso. Gli organizzatori dell’ammutinamento, nonostante la loro perdita di rilevanza, non potevano non capirlo. Hanno capito tutto, compreso il fatto che hanno intrapreso un’azione criminale per dividere e indebolire il Paese, che ora si trovava ad affrontare un’enorme minaccia esterna, una pressione senza precedenti dall’esterno. Quando al fronte con le parole “Non un passo indietro!” i nostri compagni stanno morendo.
Tuttavia, gli organizzatori dell’ammutinamento, avendo tradito il loro Paese, il loro popolo, hanno tradito anche coloro che hanno trascinato nel crimine. Hanno mentito loro, li hanno spinti a morire, sotto il fuoco, per sparare ai loro stessi compagni.
Questo era l’esito – il fratricidio – che volevano i nemici della Russia: i neonazisti di Kiev, i loro padroni occidentali e tutti i tipi di traditori nazionali. Volevano che i soldati russi si uccidessero a vicenda, volevano che soldati e civili morissero, in modo che alla fine la Russia perdesse e la nostra società si dividesse e soffocasse in una sanguinosa lotta intestina.
Si sono sfregati le mani, sognando di vendicarsi dei loro fallimenti al fronte e durante la cosiddetta controffensiva, ma hanno sbagliato i calcoli.
Ringrazio tutti i nostri militari, le forze dell’ordine e i servizi speciali che hanno ostacolato gli insorti, che sono rimasti fedeli al loro dovere, al loro giuramento e al loro popolo. Il coraggio e l’abnegazione degli eroici aviatori caduti hanno risparmiato la Russia dalla tragica devastazione.
Allo stesso tempo sapevamo e sappiamo che la stragrande maggioranza dei combattenti e dei comandanti del gruppo Wagner sono anche patrioti della Russia, fedeli al loro popolo e al loro Stato. Lo hanno dimostrato con il loro coraggio sul campo di battaglia, liberando il Donbass e la Novorossiya. C’è stato un tentativo di usarli in modo oscuro contro i loro fratelli in armi, con i quali hanno combattuto insieme per il Paese e il suo futuro.
Pertanto, fin dall’inizio degli eventi, sono state prese misure su mia diretta indicazione per evitare un grande spargimento di sangue. C’è voluto tempo, tra l’altro, per dare a coloro che avevano commesso un errore la possibilità di rinsavire, di rendersi conto che le loro azioni erano fermamente respinte dalla società e che l’avventura in cui erano stati coinvolti aveva conseguenze tragiche e distruttive per la Russia e per il nostro Stato.
Ringrazio i soldati e i comandanti del Gruppo Wagner che hanno preso l’unica decisione giusta: non hanno optato per uno spargimento di sangue fratricida, si sono fermati all’ultima linea.
Oggi avete l’opportunità di continuare a servire la Russia firmando un contratto con il ministero della difesa o con altri servizi di sicurezza, oppure di tornare dai vostri cari, dalle vostre famiglie. Chi vuole può anche andare in Bielorussia. La mia promessa sarà mantenuta. Ripeto, la scelta sarà fatta da ognuno di voi, ma sono sicuro che sarà la scelta dei soldati russi che hanno capito il loro tragico errore.
Sono grato al Presidente della Bielorussia Alexander Grigoryevich Lukashenko per i suoi sforzi e il suo contributo alla risoluzione pacifica della situazione.
Ma, ancora una volta, è stato lo spirito patriottico dei cittadini, il consolidamento dell’intera società russa a giocare un ruolo decisivo in quei giorni. Questo sostegno ci ha permesso di superare insieme le prove più dure per la nostra Madrepatria.
Grazie per questo. Grazie a voi
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