I “drivers” della strategia energetica europea sulla decarbonizzazione
(di Gabriella De Maio) Diritto dell’energia Dipartimento di Giurisprudenza Federico II, Socio AIDR e componente dell’Osservatorio AIDR per la Digitalizzazione dell’Ambiente e dell’Energia
Attuare la transizione energetica nel nostro Paese è un fenomeno che richiede un approccio politico, giuridico e comportamentale nuovo sia da parte delle istituzioni sia da parte dei cittadini. In merito rileva la direzione intrapresa dall’Unione Europea che – con le Direttive UE 2018/844, 2018/2001, 2018/2002 e 2019/944 -spinge all’utilizzo della leva fiscale e dell’innovazione tecnologica quali fattori trainanti per il raggiungimento di una compiuta decarbonizzazione.
I Paesi europei, infatti, nei prossimi anni dovranno elaborare una strategia a lungo termine per sostenere la ristrutturazione degli edifici residenziali e non residenziali, sia pubblici che privati.
Basti pensare che, nel contesto mondiale, l’Europa è il continente con il maggiore tasso di urbanizzazione e al relativo parco immobiliare è riconducibile circa il 36% di tutte le emissioni di CO2 prodotte nel territorio dell’Unione.
In particolare, la Direttiva 2018/844 – modificando la Direttiva 2010/31 sulla prestazione energetica nell’edilizia (Energy Performance of Buildings Directive – EPBD) – ha evidenziato la necessità, per i singoli Stati membri, di disporre di un parco immobiliare ad alta efficienza energetica e di garantire che le strategie di ristrutturazione a lungo termine diano luogo ai progressi necessari per la trasformazione degli immobili esistenti in edifici a energia quasi zero.
Inoltre, poiché ogni punto percentuale di aumento del risparmio energetico riduce le importazioni di gas del 2,6%, gli sforzi tesi ad accrescere la prestazione energetica nell’edilizia contribuiscono attivamente all’indipendenza energetica dell’Unione ed hanno, altresì, enormi potenzialità in termini di creazione di occupazione nell’Unione.
Per raggiungere gli obiettivi della riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030, la citata Direttiva, oltre l’obbligo di migliorare la prestazione energetica di edifici nuovi ed esistenti, ha previsto l’introduzione dei cd. indicatori d’intelligenza e di misure di sostegno allo sviluppo di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici.
Ciò in quanto è palese che la digitalizzazione del sistema elettrico stia cambiando rapidamente il panorama energetico. Oggi la possibilità di controllare edifici o città a distanza tramite dispositivi intelligenti ed il collegamento tramite accesso remoto rende monitorabili luoghi distanti e soprattutto praticabili soluzioni di efficientamento prima inimmaginabili.
Seguendo il trend dell’innovazione tecnologica, infatti, la Direttiva introduce il cd. Smart Readiness Indicator (SRI), e cioè un indicatore che misura la capacità degli edifici di adattare il consumo energetico alle reali esigenze degli abitanti, migliorando la propria operatività e interazione con la rete. In questi termini, l’innovazione tecnologica renderà un edificio capace di garantire l’efficienza energetica, adattandone il funzionamento alle esigenze degli utenti finali, con la capacità di informarli adeguatamente sui consumi di energia.
E non vi è dubbio che l’applicazione di tale tecnologia impatti anche sulla flessibilità della domanda complessiva di energia elettrica, inclusa la capacità di partecipare attivamente e passivamente alla domanda e di tenere conto delle condizioni della rete (in modalità demand-response), ad esempio attraverso flessibilità e capacità di spostamento del carico.
Il legislatore europeo non si limita, però, soltanto ad indicare l’innovazione tecnologica quale volano di un processo di compiuta decarbonizzazione, ma delinea anche le policies fiscali per impostare questo percorso, precisando gli Stati membri devono predisporre, nel settore edilizio, “incentivi mirati” allo sviluppo di sistemi predisposti all’intelligenza e di soluzioni digitali nell’ambiente edificato.
Un simile approccio offre nuove opportunità in termini di risparmio energetico, fornendo ai consumatori informazioni più precise sui loro modelli di consumo e consentendo al gestore di sistema di gestire più efficacemente la rete.
Ciò implica che i meccanismi finanziari, gli incentivi e la mobilitazione delle istituzioni finanziarie per ristrutturazioni destinate a migliorare l’efficienza energetica degli edifici debbano avere un ruolo centrale nelle strategie nazionali di ristrutturazione a lungo termine ed essere attivamente promossi dagli Stati membri.
Tali misure dovrebbero tradursi in concessioni di prestiti ipotecari rivolti all’efficienza energetica per ristrutturazioni immobiliari, nella promozione di investimenti pubblici in un parco immobiliare efficiente sotto il profilo dell’energia, ad esempio con partenariati pubblico-privato o contratti facoltativi di rendimento energetico, nel fornire strumenti di consulenza e di assistenza accessibili e trasparenti, come sportelli unici (one-stop-shop) che prestino servizi integrati di ristrutturazione energetica.
Il legislatore europeo considera, pertanto, la dinamica di sviluppo delle politiche fiscali incentivanti in materia di efficienza energetica quale chiave di volta per realizzare il phase-out dal carbone e, sul punto, esorta gli Stati membri a promuovere attivamente tali politiche agevolative, in favore delle ristrutturazioni del patrimonio costruito e della rigenerazione urbana che punta a ridisegnare le città.
Nella direzione della valorizzazione dell’innovazione tecnologica e del suo apporto circa l’incremento del risparmio energetico si pone, ad esempio, la proroga – disposta, nel nostro Paese, con Legge 27 dicembre 2019, n.160 (Legge di bilancio 2020) – delle agevolazioni fiscali per l’installazione e messa in opera di sistemi di domotica, come termostati intelligenti e altri dispositivi per la building automation, che consentono la gestione automatica personalizzata degli impianti di riscaldamento o produzione di acqua calda sanitaria o di climatizzazione estiva, compreso il loro controllo da remoto attraverso canali multimediali.
La detrazione fiscale del 65% dell’intero importo speso, nota anche come “bonus domotica”, è finalizzata ad aumentare la consapevolezza dei consumi energetici da parte degli utenti ed a garantire un funzionamento più efficiente degli impianti.
Le caratteristiche che devono avere questi dispositivi dimostrano il fine che si intende raggiungere con la previsione della detrazione fiscale, in quanto i dispositivi multimediali devono consentire l’accensione, lo spegnimento e la programmazione settimanale degli impianti da remoto ed indicare, attraverso canali multimediali, i consumi energetici, mediante la fornitura periodica dei dati. Inoltre, essi devono mostrare le condizioni di funzionamento correnti e la temperatura di regolazione degli impianti.
L’obiettivo a lungo termine – facilitare la trasformazione degli edifici esistenti in edifici a energia quasi zero – è stato promosso anche nella Direttiva 2018/2002 in cui viene sottolineata la necessità di favorire una maggiore stabilità per gli investitori, al fine di stimolare le ristrutturazioni profonde degli edifici.
Al contempo, il legislatore europeo, con la Direttiva 2018/2001, ha individuato – quali strumenti molto efficaci al fine di ridurre le emissioni a effetto serra – la riduzione del consumo energetico, i maggiori progressi tecnologici, gli incentivi all’uso e alla diffusione dei trasporti pubblici ed il ricorso a tecnologie energeticamente efficienti.
Il ruolo del progresso tecnologico nella gestione delle reti e nella generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, è, altresì, sottolineato nella Direttiva 2019/944, in cui è stato precisato che i consumatori dovrebbero poter beneficiare della piena introduzione dei sistemi di misurazione intelligenti e, quando tale introduzione sia stata valutata negativamente, dovrebbero poter scegliere di avere un sistema di misurazione intelligente e un contratto con prezzi dinamici dell’energia elettrica.
Ciò, infatti, consente ai consumatori di essere informati in tempo reale sui loro consumi, posto che la mancanza di tali dati gli ha impedito di partecipare attivamente al mercato energetico.
Ma il ruolo della disruption digitale non riguarda solo il patrimonio immobiliare urbano, bensì l’intera rete coinvolgendo il processo di transizione dal modello energetico attuale basato su un uso preponderante delle fonti fossili (carbone, petrolio, gas naturale) e sulle infrastrutture capaci di trasportare tali fonti a grandi distanze, al modello di generazione distribuita di energia, basata su diffuse unità produttive (campi eolici, solari, fotovoltaici, a biomasse e cogeneratori) di dimensioni ridotte collegate direttamente alle utenze e a bassa tensione.
La rete elettrica, all’interno di questo nuovo scenario, è destinata gradualmente a trasformarsi da rete “passiva”, in cui il flusso di corrente scorre dal luogo di produzione a quello di consumo, a rete “attiva” e “intelligente” (smart grid), capace di gestire e regolare più flussi elettrici che viaggiano in maniera discontinua e bidirezionale.
Rispetto alle reti elettriche tradizionali, infatti, le smart grid sfruttano al massimo i vantaggi offerti dall’era digitale, se pur non vi è dubbio che la transizione dal modello energetico ad uno basato sulla generazione distribuita e alimentato da fonti rinnovabili non sarà né semplice né breve, in quanto tutte le formulazioni di proposte operative devono prevedere una integrazione, necessaria per i sistemi smart grid, tra: Information and Communications Technology, smart metering, teleriscaldamento e tele-raffreddamento in applicazioni stand-alone o connessi alla rete, accumuli elettrici e termici, micro-cogenerazione, applicazioni power-to-gas.
Secondo questa visuale, le tecnologie attuali ci permettono di immaginare un mondo in cui il backbone energetico abbia funzioni sostanzialmente «di soccorso» rispetto a sistemi locali, evoluti tecnologicamente ed efficienti, che permettano l’indipendenza locale in ottica di economia circolare, con benefici in termini di competitività-attrattività locale, occupazione, abbattimento delle emissioni e benessere in generale (si pensi alle rinnovabili locali, alla mobilità sostenibile, ai servizi connessi per le smart-city e gli smart-territories).
Un passaggio delicato, quello che stiamo vivendo, in cui le agevolazioni fiscali, unitamente all’innovazione tecnologica, possono svolgere un ruolo di non poco conto nel guidare l’attuale fase di transizione energetica che, per fattori ormai divenuti quasi emergenziali, richiede necessariamente un approccio sistematico e coordinato affinchè le politiche ambientali siano del tutto integrate con quelle climatiche.
Si parla spesso di smart cities (cd. città intelligenti), e ancor di più di comunità intelligenti, intese come luoghi o contesti territoriali ove l’utilizzo pianificato delle risorse umane e naturali, gestite e integrate mediante le tecnologie, consente la creazione di un ecosistema capace di utilizzare al meglio le risorse e di fornire servizi integrati e sempre più intelligenti.
In effetti, le smart cities dovrebbero integrare un modello di governance in cui viene valorizzata la partecipazione degli investitori che sono chiamati ad effettuare ed attuare gli investimenti in tecnologie, con inclusione di soggetti pubblici e privati e vengono, poi, a svilupparsi nuovi modelli di finanziamento, anche in questo caso considerando sia le fonti pubbliche (nazionali e sovranazionali), sia le forme di finanziamento privato, sia i modelli di partenariato pubblico-privato.
Se l’Unione Europea, dunque, ha colto nel segno in termini di strategia energetica che conduca ad una compiuta decarbonizzazione, ora è tempo di recepire ed attuare tali indirizzi nel nostro Paese. E indubbiamente si pone in tale direzione il recente D. Lgs. 10 giugno 2020, n. 48, che, in attuazione della Direttiva 2018/844, promuove il miglioramento della prestazione energetica degli edifici, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne e delle prescrizioni relative al clima degli ambienti interni.
Tuttavia il testo del decreto, se pur introduce interessanti spunti, quali, ad esempio, l’istituzione del Portale Nazionale sulla prestazione energetica degli edifici, con lo scopo principale di fornire ai cittadini, alle imprese ed alla pubblica amministrazione informazioni sulla prestazione energetica degli immobili e sugli attestati di prestazione energetica, avrebbe potuto maggiormente valorizzare le molteplici opportunità offerte dall’innovazione tecnologica in termini di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare urbano.
L’auspicio è, pertanto, che nelle successive fasi di aggiornamento della strategia di ristrutturazione a lungo termine, nell’ambito del Piano integrato per l’energia e il clima, gli indirizzi europei sulla decarbonizzazione si traducano in previsioni più concrete circa la promozione – anche mediante politiche incentivanti – di tecnologie intelligenti, ivi comprese quelle che favoriscono l’interconnessione tra edifici.
Non vi è dubbio, infatti, che solo un approccio lungimirante che tenga in debita considerazione la necessità di investire nell’innovazione tecnologica e di promuovere, tramite la fiscalità di vantaggio, nuovi comportamenti da parte degli stakeholders e cittadini, possa condurre allo sviluppo dell’efficienza energetica in ambito domestico ed urbano ed alla realizzazione di soluzioni di trasporto innovative e sostenibili.
Gabriella De Maio – Diritto dell’energia Dipartimento di Giurisprudenza Federico II, Socio AIDR e componente dell’Osservatorio AIDR per la Digitalizzazione dell’Ambiente e dell’Energia