(di Andrea Pinto) L’Arabia Saudita, il Qatar e gli altri paesi del Golfo ( Emirati Arabi Uniti, Egitto e Bahrein) hanno firmato uno storico accordo per porre fine all’embargo che durava tre anni.
Il vertice si è tenuto ad AI Ula, località a nord di Medina. Presente l’emiro qatarino Tamim bin Hamad al Thani, ricevuto da Mohammed bin Salman, il figlio del re e erede al trono. Abbracci e saluti dietro le mascherine con il sigillo per un ritorno alle relazioni diplomatiche.
La svolta grazie Joe Biden che ha mediato insieme al Kuwait, mandando a dicembre scorso il genero Jared Kushner.
I Paesi del Golfo, guidati da Riad, avevano deciso la chiusura dei propri spazi aerei al Qatar, accusato di sostegno al terrorismo (Fratellanza Musulmana) e di rapporti poco graditi con l’Iran.
L’Arabia Saudita riaprirà, quindi, spazio aereo e frontiere. Nel 2017, 13 erano state le richieste rivolte al Qatar per interrompere l’isolamento, una fra tutte quella di chiudere la tv globale Al Jazeera. Richieste mai accolte dai quatarini che sono riusciti invece a sopravvivere grazie agli aiuti (cibo e medicinali) offerti dalla Turchia con un ponte aereo che non si è mai interrotto, ricevendo in cambio denaro ed investimenti nel paese della mezza luna. Il Qatar ha continuato anche ad intessere i rapporti “sottobanco” con l’Iran e più apertamente con gli Stati Uniti visto che a Doha vi è la più grande base Usa nell’area.
Oggi la svolta, tutti i confini vengono riaperti e Qatar Airways potrà riprendere le sue rotte in tutto il Golfo.
Dietrologia sul Qatar
Già a metà degli anni ’90, un divertente enigma circolava tra gli esperti di politica estera: all’indomani del collasso sovietico, quali sono le due grandi potenze del mondo? Risposta: Stati Uniti e Qatar. In altre parole, le ambizioni fuori misura di un paese con una popolazione nativa che contava circa 150.000 persone, sono state a lungo evidenti.
In questi giorni, l’influenza del Qatar non è più un enigma. Si sente da Al Jazeera alla Coppa del Mondo del 2022, dagli sforzi di hacking agli scandali di corruzione. Il governo ha bilanciato in modo vistoso i suoi collegamenti esterni, simboleggiati dalla gigantesca base aerea di Al-Udeid, utilizzata per lo più dalle forze americane e dal Comando congiunto Qatar-Turchia.
In parte, questo straordinario record è reso possibile dalle ricchezze del territorio riversate sulla minuscola popolazione del paese (che ora si trova a poco più di 300.000 abitanti, circa l’1% della popolazione di Shanghai). Il vasto giacimento di gas North Dome arricchisce la popolazione con un reddito pro capite di circa 500mila dollari Usa, circa cinque volte più alto del secondo stato più ricco, il Lussemburgo.
La particolarità del Qatar è data anche dalla sua leadership. Così come in Arabia Saudita, l’ideologia estremista del wahhabismo domina in Qatar, conferendo alla popolazione un senso di scopo e ambizione piuttosto sproporzionato rispetto alle sue dimensioni. La sua recente leadership, Emir Hamad (1995-2013) e ora suo figlio Tamim, così come i loro parenti e aiutanti, professano una evanescente grandiosità ben simboleggiata dal nome Hamad. Un Hamad gigantesco (1 Km per 3 Km) era stato inciso sulla sabbia di un’isola nel 2010, poi cancellato due anni dopo.
La portata del Qatar è forse più evidente nel suo sostegno riferito ai gruppi jihadisti in luoghi così diversi come l’Iraq (Al-Qaeda), la Siria (Ahrar al-Sham, Jabhat al-Nusra), Gaza (Hamas) e la Libia (Brigate di Difesa Benghazi). Inoltre, il Qatar sostiene importanti reti islamiste in tutto il mondo – tra cui i Fratelli Musulmani in Egitto, l’AKP in Turchia e Jamaat-e-Islami in Bangladesh.
A Doha, il governo fornisce ai talebani uno spazioso ufficio. I luminari islamisti come il leader spirituale della Fratellanza Musulmana Yusuf Al-Qaradawi e il capo di Hamas Khaled Meshaal hanno fatto per decenni casa a Doha.
In Occidente, il potere del Qatar è più cauto e prospera incontrastato. Ad esempio finanzia le moschee e altre istituzioni islamiche, che esprimono la loro gratitudine protestando fuori dalle ambasciate dell’Arabia Saudita a Londra e Washington.
Ma Doha non si affida solo alla diaspora islamista in Occidente per far avanzare la sua agenda; lavora anche per influenzare direttamente i politici occidentali e l’opinione pubblica.
L’enorme rete televisiva di Al Jazeera è diventata una delle emittenti più grandi e conosciute al mondo. Le sue stazioni in lingua inglese producono una pungente propaganda contro i nemici del Qatar, mascherati dalla retorica liberale occidentale. L’ultima avventura di Al Jazeera – il suo canale di social media, AJ + – è rivolto a giovani americani progressisti. I suoi documentari sui mali di Israele, dell’Arabia Saudita e dell’amministrazione Trump sono racchiusi tra la radiosa copertura delle campagne sui diritti dei transessuali e gli appelli emotivi alla condizione dei richiedenti asilo sul confine meridionale degli Stati Uniti – argomenti apparentemente incoerenti per un’emittente controllata da un regime wahhabita.
Doha cerca anche di influenzare le istituzioni educative occidentali. La Qatar Foundation controllata dal regime fornisce decine di milioni di dollari a scuole, college e altre istituzioni educative in Europa e nel Nord America. In effetti, il Qatar è ora il più grande donatore straniero delle università americane. I suoi fondi pagano per l’insegnamento dell’arabo e le lezioni sulla cultura mediorientale e la loro inclinazione ideologica è a volte sfacciatamente evidente, come nel piano di lezione nelle scuole americane intitolato. “Esprimi la tua fedeltà al Qatar”.