di Massimiliano D’Elia
Ieri giornata difficile in un Medio Oriente, sempre più in fiamme, dove ogni ora che passa la situazione sembra precipitare inesorabilmente verso un conflitto globale tra Occidente e mondo musulmano.
Gli indicatori della tensione sono diversi e drammatici.
La missione in Giordania del segretario di Stato americano Antony Blinken, dove ha incontrato i suoi omologhi dei principali paesi arabi, ha portato ad un nulla di fatto poiché tutti chiedono, prima di intavolare qualsiasi altra questione, un cessate il fuoco immediato. Gli Stati Uniti si stanno adoperando per promuovere, invece, brevi pause umanitarie, in accordo con la controparte israeliana. Un cessate il fuoco totale, a dire di Blinken, favorirebbe la riorganizzazione di Hamas. Netanyahu, al riguardo, è oltremodo determinato: ”Non ci sarà cessate il fuoco fino al ritorno dei nostri ostaggi. Lo abbiamo detto ai nostri amici e nemici. Andremo avanti finché non li avremo sconfitti (Hamas ndr)”.
Sul post conflict i rappresentanti arabi non hanno mostrato particolare entusiasmo alla proposta americana di affidare ad Abu Mazen un governo di transizione che comprenda la Cisgiordania, Gerusalemme est e la Striscia di Gaza. A tutela del nascente e transitorio governo di Abu Mazen, gli americani prevedono, sotto stretta egida Onu, una coalizione di interposizione composta da militari arabi e forse anche dell’Unione europea.
Blinken ha poi ribadito ad Abu Mazen “l’impegno per la fornitura di assistenza umanitaria salvavita e la ripresa dei servizi essenziali a Gaza“. Ha anche chiarito che “i palestinesi non devono essere sfollati con la forza”. Con il leader palestinese ha discusso anche “gli sforzi per ripristinare la calma e la stabilità in Cisgiordania, compresa la necessità di fermare le violenze estremiste contro i palestinesi e accertare le responsabilità“, un riferimento alle vittime dei colpi sparati da soldati o coloni israeliani dopo il 7 ottobre.
Dopo essere stato in Cisgiordania e Iraq, Blinken vedrà il suo omologo turco, Hakan Fidan. Desta preoccupazione la posizione assunta dalla Turchia: Erdogan ha fatto rientrare il suo ambasciatore da Israele affermando che Netanyahu non è più interlocutore di Ankara
Gaza circondata
Sul fronte della guerra ieri sera l’annuncio da parte del portavoce dell’esercito israeliano, contrammiraglio Daniel Hagari: “Oggi c’è Gaza nord e Gaza sud”. L’esercito israeliano ha, pertanto, completato l’accerchiamento di Gaza City, premessa essenziale per poter dare il via all’annunciata massiccia operazione di terra tendente a sradicare Hamas dalla fittissima rete di tunnel sotterranei. Operazione che, secondo gli esperti, richiederà tempo, denaro e tantissime vittime tra civili e militari.
Le principali agenzie umanitarie delle Nazioni Unite e gli enti di beneficenza internazionali hanno chiesto un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza. È quanto si legge in una dichiarazione congiunta firmata, tra gli altri, dai vertici dell’Ocha, dell’Unicef, del Programma alimentare mondiale, dell’Oms, di Save the Children e di Care International. Nella nota la situazione di Gaza è definita orribile e inaccettabile.
Iran e Hamas
Sempre ieri il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah ha annunciato che parlerà di nuovo alla Nazione sabato prossimo. L’annuncio dopo che la Guida suprema dell’Iran Ali Khamenei ha incontrato a Teheran il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh.
Così ha tuonato su X Khamenei: ”La politica permanente della Repubblica islamica dell’Iran è di sostenere le forze della resistenza palestinese contro i sionisti occupanti.
I crimini del regime sionista a Gaza sono direttamente sostenuto dagli Usa e da alcuni governi occidentali”.
Durante il colloquio, Khamenei ha sottolineato la necessità da parte dei Paesi islamici e delle istituzioni internazionali di prendere misure urgentemente per fermare gli attacchi di Israele contro la Striscia di Gaza, lanciando un appello agli Stati musulmani per dare un sostegno pratico alla popolazione di Gaza.
Militari italiani in Libano
“L’Italia deve preoccuparsi per i suoi soldati in Libano“, così al Tg1 il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir Abdollahian. Ha poi aggiunto che “la guerra si espanderà inevitabilmente, se Israele continuerà con i suoi attacchi contro i civili a Gaza. In Libano e Yemen operano altre forze di resistenza che potrebbero aumentare le loro azioni“.
Così l’alto diplomatico iraniano sui militari italiani, inseriti nella missione Unifil in Libano: “l’Italia dovrebbe preoccuparsi per i suoi soldati, dal momento che l’area di confine del Libano è molto instabile. Ci sono scontri ogni giorno ed Hezbollah ha una propria strategia. Riconosciamo Hamas come legittima forza di resistenza contro l’oppressione del popolo palestinese. Non approviamo l’uccisione dei bambini, ma a Gaza sono già morti migliaia di bambini palestinesi e anche questo è disumano. ll 7 ottobre Israele è crollato: è crollato il suo sistema di sicurezza e politico. Resta soltanto la sua potenza militare che è manovrata dagli americani. L’Italia dovrebbe fare pressione sugli Stati Uniti per ottenere un immediato cessate il fuoco. Altrimenti il conflitto esploderà“, ha concluso Abdollahian.
Gli Usa inviano un sommergibile nucleare
Il termometro di una situazione regionale sempre più sul limite della linea rossa è dato anche dalle manovre militari americane. Il comando centrale Usa ha schierato un sottomarino nucleare classe Ohio nella sua area di responsabilità, che si estende dall’Africa nord-orientale attraverso il Medio Oriente fino all’Asia centrale e meridionale.
Sempre l’esercito americano ha annunciato due giorni fa che due gruppi d’attacco di portaerei – la Gerald Ford e la Dwight Eisenhower – hanno lanciato aerei e hanno praticato la difesa missilistica durante un’esercitazione di tre giorni nel Mediterraneo.
Anche il capo della Cia, Bill Burns visiterà Israele questa settimana per discutere della guerra contro Hamas. Lo ha riferito al Times of Israel un dirigente a conoscenza della questione.
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