Iran, il premio nobel Mohammadi condannata ad altri sei mesi

di Aniello Fasano

Le autorità iraniane hanno prolungato di sei mesi la pena detentiva per l’attivista per i diritti  civili Narges Mohammadi. Il prolungamento della pena è stata formulato dopo che il Premio Nobel per la Pace 2023 ha inscenato una protesta contro l’esecuzione di un altro prigioniero politico nel reparto femminile della prigione di Evin il 6 agosto scorso. La notizia è stata diffusa da un gruppo che si batte per la liberazione dell’attivista, la “Free Narges Coalition” spiegando che Mohammadi è stata condannata ad altri sei mesi di carcere con l’accusa di “disobbedienza e resistenza agli ordini”. La signora Mohammadi, 52 anni, stava già scontando una condanna a trenta mesi, a cui ne sono stati aggiunti altri quindici.

Le autorità iraniane hanno arrestato ripetutamente la Mohammadi già nel 1998 per il suo lavoro di difesa dei diritti umani per la promozione della disobbedienza civile contro l’uso obbligatorio dell’hijab e per la campagna contro la pena di morte. Rilasciata nel 2020, è tornata nuovamente in carcere nel 2021 e da quel momento ha iniziato la campagna contro gli abusi e l’isolamento delle donne in carcere. È sempre stata considerata un faro di speranza per le proteste guidate dalle donne nella repubblica islamica. È stata una figura di spicco per le proteste seguite dopo la morte di Mahsa Amini. Ventiduenne, sotto custodia della polizia, arrestata per non aver indossato il velo nel modo ritenuto appropriato dalla Polizia Morale iraniana. In seguito a quell’episodio le proteste di massa sono durate mesi e hanno rappresentato una delle minacce più significative e pubblicizzate per il regime teocratico iraniano degli ultimi anni.

Nel 2023 ha vinto il premio Nobel per la pace per la sua coraggiosa lotta per la libertà e i diritti umani durata tre decenni e per aver assunto la leadership quando una nuova ondata di proteste ha travolto l’Iran“. Mohammadi è la seconda donna iraniana a vincere il premio Nobel per la pace, dopo Shirin Ebadi, divenuta la prima donna musulmana a vincere il premio per la difesa dei diritti delle donne, dei bambini e dei rifugiati.

Nel 2010 Narges è stata arrestata per la prima volta e condannata a sei anni di prigione. Accusata di “propaganda contro lo Stato” e “collusione contro la sicurezza nazionale” per l’adesione al centro per i Difensori dei Diritti Umani. Narges ha continuato a lottare anche dietro le sbarre. Ha scritto lettere e articoli per raccontare le condizioni disumane delle prigioni iraniane e le continue violazioni dei diritti umani.

Nel 2015 è stata nuovamente arrestata e condannata a sedici anni di prigione con le stesse accuse del 2010. In carcere le condizioni della sua detenzione sono state ancora più dure. E’ stata trasferita nel famigerato carcere duro di Evin. Narges è diventata un simbolo di speranza per molti iraniani e per la comunità internazionale.

La sua determinazione e il suo coraggio hanno attirato l’attenzione di organizzazioni internazionali per i diritti umani che ne chiedono la liberazione immediata e incondizionata. Amnesty International ha denunciato la negazione delle cure mediche nonostante soffra di una malattia polmonare. La storia di Narges Mohammadi testimonia la difficoltà di difendere le cause come quelle dei diritti umani in un regime teocratico come quello della Repubblica islamica dell’ Iran. La sua lotta continua a ispirare milioni di persone in tutto il mondo, ricordando a tutti noi l’importanza di difendere la giustizia e la dignità umana, anche di fronte alle avversità più estreme.

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